Malattie sistemiche: un aiuto dall’Intelligenza artificiale


Il progresso dell’intelligenza artificiale e del deep learning, hanno aperto nuove strade per identificare i segnali del futuro sviluppo delle malattie sistemiche

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Lo sviluppo di modalità di imaging ad alta risoluzione e il progresso dell’intelligenza artificiale e del deep learning, hanno aperto nuove strade per identificare i segnali del futuro sviluppo delle malattie sistemiche, in particolare cardiovascolari e neurodegenerative, attraverso l’analisi della retina.

Il concetto che l’occhio è una finestra sulla salute sistemica è stato proposto sin dal 1850, quando l’invenzione dell’oftalmoscopio ha permesso di osservare le correlazioni tra danni alla retina e malattie renali, ipertensione e problemi cardiaci. Una seconda fase è iniziata alla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000 con l’avvento della fotografia digitale del fondo oculare, segnando il passaggio dalla valutazione qualitativa soggettiva alla valutazione quantitativa oggettiva della retina.

«Con l’utilizzo a partire dal 2015 dell’intelligenza artificiale e dei metodi di deep learning per l’analisi dell’imaging retinico, è iniziata una terza fase nella quale in pochi millisecondi possiamo analizzare la retina e, in teoria, prevedere il rischio di malattie sistemiche specifiche a partire da immagini digitali della retina» ha detto Tien Yin Wong del Singapore National Eye Centre.

«Da oltre un secolo sappiamo che i segni delle malattie sistemiche sono visibili nella retina e oggi possiamo combinare l’imaging retinico avanzato, i big data e intelligenza artificiale per identificare i biomarcatori di varie malattie sistemiche. La rivoluzione determinata dall’intelligenza artificiale ci offre l’opportunità di migliorare la nostra comprensione delle relazioni occhio-corpo e di sviluppare nuovi approcci predittivi per i disturbi legati all’età» ha affermato Pearse Keane del Moorfields Eye Hospital e dell’University College di Londra.

Un algoritmo di deep learning per le malattie cardiovascolari
Le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di morte a livello globale. L’identificazione delle persone a rischio di eventi cardiovascolari aiuterebbe la prevenzione attraverso interventi legati allo stile di vita e alla somministrazione proattiva di terapie per la riduzione del rischio.

La fotografia del fondo retinico e l’angiografia OCT (OCTA) sono tecnologie non invasive e accessibili che potrebbero essere potenzialmente utilizzate per lo screening di pazienti ad alto rischio per futuri eventi clinici cardiovascolari e cerebrovascolari.

«Le attuali modalità di imaging delle malattie cardiovascolari, come la TC (tomografia computerizzata) cardiaca e l’angiografia RM (risonanza magnetica) del cervello, sono costose, più invasive e non facilmente disponibili. In uno dei nostri studi abbiamo dimostrato che le fotografie della retina forniscono le stesse informazioni di un test cardiaco del calcio tramite TC, disponibile solo nei principali ospedali. Potremmo sostituire modalità di livello terziario molto costose con una modalità di imaging retinico più economica e più accessibile, potenzialmente disponibile nelle strutture di assistenza primaria» ha fatto presente Wong.

Con il suo gruppo di ricerca ha sviluppato e convalidato un punteggio CAC (calcio nell’arteria coronarica) basato sul deep learning a partire da fotografie retiniche (RetiCAC) e lo ha utilizzato per la stratificazione del rischio cardiovascolare. Per addestrare e convalidare gli algoritmi sono state utilizzate un totale di 216.152 fotografie della retina da cinque set di dati indipendenti provenienti da Corea del Sud, Singapore e Regno Unito.

«RetiCAC ha superato tutti i modelli a parametro clinico singolo nel predire la presenza di CAC e ha mostrato prestazioni paragonabili all’attuale scansione TC nella previsione di eventi cardiovascolari e prestazioni prognostiche incrementali rispetto al modello di previsione del rischio cardiovascolare comunemente utilizzato nei casi a rischio borderline e a rischio intermedio» ha aggiunto. «Anche se nella maggior parte dei paesi sviluppati le popolazioni anziane non sono malate come in passato e i sottili cambiamenti nei vasi retinici ora non sono facilmente identificabili dall’osservazione diretta dei singoli oftalmologi, l’intelligenza artificiale riesce a cogliere le sottili differenze tra la retina di una persona sana rispetto a quella di una persona a rischio di malattie cardiovascolari».

Il progetto AlzEye sulla demenza
Lo studio britannico AlzEye ha associato i modelli di cambiamento della retina allo sviluppo della demenza. Tutte le immagini retiniche acquisite negli ultimi 10 anni al Moorfields Eye Hospital, oltre 2 milioni di foto e scansioni di oltre 250mila persone, sono state collegate a quanti hanno sviluppato malattie cardiovascolari, Alzheimer e altre forme di demenza.

«È risultato che circa 10mila di questi pazienti hanno avuto un ictus, circa 12mila un infarto e circa 13mila hanno sviluppato la demenza» ha riferito Keane. «Il nostro ampio set di dati ci consentirà di utilizzare il deep learning dell’intelligenza artificiale per identificare le persone a rischio di sviluppare la demenza»

Diagnosi precoce della neurodegerazione
«OCTA ci consente di visualizzare i vasi sanguigni con un dettaglio molto granulare, a livello capillare e non invasivo, mentre per eseguire un’angiografia cerebrale è necessario sottoporre il paziente a una procedura invasiva con colorante per via endovenosa, con rischi e morbidità molto più elevati» ha spiegato ha spiegato Dilraj Grewal della Duke University. «Per questo motivo c’è molta enfasi sull’utilizzo di OCTA come strumento di screening inizialmente, e potenzialmente come strumento diagnostico in futuro, per rilevare condizioni vascolari e neurodegenerative».

Il team di ricerca iMIND della Duke University è coinvolto in numerosi studi in cui OCT, OCTA e l’imaging retinico widefield vengono utilizzati per addestrare i sistemi di intelligenza artificiale per identificare nuovi biomarcatori per la diagnosi precoce di una serie di condizioni neurodegenerative, tra cui Alzheimer, Parkinson e altre forme di deterioramento cognitivo.

In particolare per il Parkinson, in 69 pazienti rispetto a 137 controlli, è stato notato un assottigliamento della retina e della coroide, nonché una significativa riduzione della densità dei vasi. «Questo è il più grande set di dati sul Parkinson che ha evidenziato questi cambiamenti e ha chiaramente dimostrato differenze significative rispetto ai controlli abbinati per età e sesso» ha aggiunto. «Il prossimo passo sarà rilevare la velocità con cui questi cambiamenti progrediscono nel tempo e come questi tassi di cambiamento si confrontano con il normale invecchiamento. Man mano che invecchiamo, il cervello si restringe e la retina si assottiglia e stiamo cercando di determinare se i pazienti che hanno il Parkinson o l’Alzheimer perdono quel tessuto più velocemente».

Un interesse crescente
L’interesse nell’identificazione dei biomarcatori di imaging retinico della malattia sistemica è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni. Considerato l’elevato numeri di decessi per cause cardiovascolari e l’elevata prevalenza della demenza a livello mondiale, lo sviluppo e la convalida di uno strumento affidabile, semplice ed economico per identificare le persone a rischio aiuterebbe a ridurre il carico di queste malattie, consentendo la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento proattivo.

Tuttavia, il neuroimaging PET e il test del liquido cerebrospinale hanno una disponibilità limitata, hanno costi elevati, possono essere invasivi e richiedono molto tempo, limitandone l’uso diffuso a livello di popolazione. «Ecco perché ora c’è molta enfasi sull’utilizzo dell’imaging retinico come strumento di screening e in futuro come strumento diagnostico per rilevare condizioni vascolari e neurodegenerative», ha affermato Grewal.

Le sfide future saranno ottenere immagini di qualità senza artefatti, definire dei protocolli di acquisizione delle immagini standardizzati tra più piattaforme e rendere coerenti le metriche di reporting tra i dispositivi. «La comunità scientifica deve raggiungere un consenso su formati, valori e parametri per la memorizzazione e l’analisi dei dati di imaging, in modo da consentirne la condivisione tra i diversi gruppi di ricerca. Questo è fondamentale per creare i grandi set di dati di cui abbiamo bisogno per far progredire questa tecnologia» ha concluso.