Nuovi farmaci ipolipemizzanti prevengono infarti e ictus


I nuovi farmaci ipolipemizzanti, se somministrati già alla dimissione ospedaliera dopo un infarto, riducono il rischio di un secondo evento

Sospetto infarto miocardico acuto: selatogrel, un antiaggregante piastrinico autoiniettivo ad azione rapida, entra in fase 3

L’emergenza sanitaria da Covid19 potrebbe paradossalmente cambiare in meglio l’approccio terapeutico dei pazienti cardiopatici gravi: i nuovi farmaci ipolipemizzanti, che riducono l’LDL cioè il colesterolo cattivo, se somministrati già alla dimissione ospedaliera dopo l’evento acuto (infarto miocardico), portano rapidamente i valori del colesterolo sotto il limite indicato dalle recenti Linee guida internazionali per prevenire un secondo evento (55 mg/dl), e riducono quindi il rischio di morte cardiovascolare, ictus e/o di un nuovo infarto del 20%.

Il nuovo approccio è stato utilizzato a Torino da aprile 2020, nella cardiologia dell’Ospedale di Rivoli e nella cardiologia dell’Ospedale Mauriziano, sulla base del documento di posizione della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE). I risultati sono stati evidenziati da uno studio osservazionale condotto dai cardiologi dell’Ospedale Mauriziano.

Ogni anno in Italia circa 120 mila persone sono colpite da infarto. Di queste, 95.000 circa sopravvivono e devono seguire attento follow up per evitare un secondo evento.

Il principale fattore di rischio per questi pazienti è il livello del colesterolo LDL, che normalmente si tiene sotto controllo tramite somministrazione di statine per via orale. Da circa 5 anni esistono nuovi farmaci, anticorpi monoclonali (PCSK9i) che abbattono il colesterolo del 60-70% e che fino a dicembre 2019 potevano essere rimborsati dopo un percorso clinico complesso.

Con la pandemia, la mortalità per malattie cardiovascolari è esponenzialmente cresciuta: si è registrato un aumento di oltre 3 volte della mortalità per infarto miocardico STEMI, passata dal 4,1 al 13,7%, e per il futuro sarà sempre più importante la prevenzione, in particolare la prevenzione secondaria. Durante questa fase è risultato sempre più difficile garantire un follow-up adeguato ai pazienti e da qui l’idea di iniziare a usare i farmaci innovativi (i-PCSK9) idealmente già alla dimissione ospedaliera (come previsto dalla normativa AIFA del 2020) per ottimizzare da subito il profilo lipidico del paziente ed abbattere il rischio.

I numeri di attività
Nella ASLTO3 – che comprende gli Ospedali con Cardiologia di Rivoli, San Luigi e Pinerolo – sono oltre 400 i pazienti trattati con questo approccio, su una popolazione di circa 3.000 cardiopatici gravi; la Cardiologia del Mauriziano ne segue circa 250.

Lo studio e i dati
Lo studio viene presentato a Torino, in occasione del congresso Re-Change in Cardiology, 7, 8 e 9 aprile 2022, organizzato da Giuseppe Musumeci, direttore della Cardiologia dell’Ospedale Mauriziano e Ferdinando Varbella, direttore della Cardiologia dell’Ospedale di Rivoli.
Al congresso, venerdì 8 aprile, parteciperà anche Robert Giugliano, principale sperimentatore dello Studio Fourier, punto di riferimento della comunità scientifica internazionale sugli inibitori PCK9 e massimo esperto mondiale sul tema.

L’analisi dello studio torinese si basa sull’osservazione di 621 pazienti con sindrome coronarica acuta, di età media di 70 anni, sottoposti a rivascolarizzazione coronarica percutanea e ricoverati presso la Struttura Complessa di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino tra gennaio 2020 e giugno 2021.

Il farmaco scelto, anticorpo monoclonale inibitore della proteina PCSK9, consente un dosaggio unico ogni 14 giorni, auto gestito dal paziente monitorato in telemedicina: questo aspetto è risultato determinante per offrire ai pazienti una terapia medica ottimizzata per il periodo pandemico, che determinava una gestione dei follow-up a breve termine molto complessa e spesso logisticamente impossibile.
Dopo 6 mesi, in tutti i pazienti trattati è stato raggiunto il target del valore del colesterolo LDL inferiore a 55 mg/dl, previsto dalle linee guida internazionali per la prevenzione secondaria di infarto o ictus cerebrale.

“Abbiamo optato per la somministrazione precoce dei nuovi farmaci ipolipemizzanti – spiega Giuseppe Musumeci – iniziando il trattamento alla dimissione nei pazienti a rischio più alto (circa il 20% dei nostri pazienti con infarto). Dopo 6 mesi, il 92%di tutti i pazienti dimessi dopo un infarto registrava valori del colesterolo inferiori a 55 mg/dl, limite internazionale che riduce del 20% il rischio di nuovi eventi cardiovascolari maggiori come morte, re-infarto o ictus”.

“L’ipercolesterolemia rappresenta, ad oggi, il principale target di prevenzione secondaria nelle malattie coronariche” commenta Ferdinando Varbella. “L’introduzione dei nuovi farmaci PCSK9i, unitamente a statine ed ezetimibe, e la possibilità di prescrizione degli stessi in fase acuta, hanno ampliato le possibilità terapeutiche e con esse la probabilità di raggiungere i valori target del colesterolo LDL. Compito del cardiologo rimane riconoscere e trattare aggressivamente e precocemente i pazienti a più alto rischio, fornendo loro un adeguato counseling che favorisca il buon esito della terapia”.