Analizzate le atmosfere di alcuni esopianeti gassosi di tipo gioviano estremamente caldi in orbita molto vicini alla loro stella, come quella di Wasp-178b e le sue piogge di roccia
“Feeling hot, hot hot” cantavano i Merrymen a fine anni ’80 sulle spiagge di Barbados, così come “caldi, caldi, caldi” sono i pianeti extrasolari che un team di ricercatori sta studiando utilizzando i dati del telescopio spaziale Hubble. Una classe di esopianeti ultra caldi unica; questi mondi gassosi delle dimensioni di Giove sono talmente vicini alla loro stella madre da venir riscaldati a temperature infuocate, superiori a milleseicento gradi Celsius. I pianeti sono caldi al punto che la maggior parte dei metalli presenti nella loro composizione evapora, persino il titanio, e hanno l’atmosfera più calda mai rilevata.
I risultati sono stati diffusi in due articoli, il più recente dei quali è stato pubblicato su Nature il 7 aprile scorso, in cui vengono analizzate le bizzarre condizioni meteo del pianeta Wasp-178b.
Wasp-178b è stato scoperto nel 2019 ed è situato a circa milletrecento anni luce di distanza da noi, nella costellazione del Lupo. Sul lato diurno la sua atmosfera è priva di nuvole ed è arricchita di monossido di silicio gassoso. Poiché un lato del pianeta è costantemente rivolto verso la sua stella, l’atmosfera torrida turbina verso il lato notturno a velocità da super uragano, superando i tremila km/h. Sul lato opposto alla luce della stella, il monossido di silicio può raffreddarsi al punto da condensarsi in roccia e piovere dalle nuvole. Ma anche all’alba e al tramonto il pianeta è abbastanza caldo da portare all’evaporazione della roccia. «Sapevamo di aver visto qualcosa di veramente interessante con questa caratteristica del monossido di silicio», dice Josh Lothringer della Utah Valley University di Orem (Usa), primo autore dello studio.
Lo studio di queste atmosfere insolite offre agli astronomi una visione più completa della diversità, della complessità e della chimica che si genera in mondi molto lontani da noi e che orbitano attorno alle stelle della nostra galassia. «Non siamo ancora in grado di comprendere al meglio come funzioni il meteo nei diversi ambienti planetari», dice David Sing della Johns Hopkins University di Baltimora, co-autore dello studio, «Quando guardi la Terra, tutte le nostre previsioni meteorologiche sono ancora perfettamente sintonizzate su ciò che possiamo misurare. Ma quando vai su un esopianeta molto distante hai poteri predittivi limitati perché non hai costruito una teoria generale su come un’atmosfera risponde a condizioni estreme. Anche se conosci la chimica e la fisica di base, non sai mai i modi complessi in cui si manifesterà il cambiamento».
Alcuni precedenti studi riferiscono di altre bizzarre condizioni meteorologiche che imperversano su questi mondi roventi, come l’articolo pubblicato il 24 gennaio scorso su The Astrophysical Journal Letters, che illustra il pianeta gioviano caldo Kelt-20b, situato a circa quattrocento anni luce di distanza nella costellazione del Cigno. Su questo pianeta, l’esplosione di luce ultravioletta proveniente dalla stella madre sta creando uno strato termico nell’atmosfera, simile alla stratosfera terrestre. «Fino ad ora non abbiamo mai saputo in che modo la stella ospite abbia influenzato direttamente l’atmosfera di un pianeta», spiega Guangwei Fu dell’Università del Maryland, primo autore dell’articolo. «Ci sono state molte teorie al riguardo, ma ora abbiamo i primi dati osservativi».
Sulla Terra, l’ozono presente nell’atmosfera assorbe la luce ultravioletta e aumenta le temperature nello strato spesso tra gli 12 e i 50 km sopra la superficie terrestre, la stratosfera. Su Kelt-20b, invece, la radiazione ultravioletta della stella riscalda i metalli nell’atmosfera, creando uno strato di inversione termica molto forte: in pratica, la sua atmosfera superiore invece che più fredda diventa più calda perché viene “scottata dal sole”. Le prove consistono nel rilevamento di acqua da parte di Hubble, attraverso osservazioni nel vicino infrarosso, e dal rilevamento del monossido di carbonio prodotte con Spitzer. Rispetto a ciò che gli astronomi erano finora riusciti a rilevare nelle atmosfere di pianeti gioviani caldi in orbita attorno a stelle simili al Sole, questa firma chimica è unica. «Lo spettro di emissione di Kelt-20b è abbastanza diverso da quello di altri gioviani caldi», spiega Fu. «Questa è una prova convincente del fatto che i pianeti non si evolvono isolati, ma sono influenzati dalla loro stella ospite».
Sebbene i gioviani super caldi siano inabitabili, questo tipo di ricerca potrebbe migliorare la comprensione delle atmosfere di pianeti di tipo terrestre, invece potenzialmente abitabili. «Se non riusciamo a capire cosa sta succedendo sui gioviani super caldi, dove abbiamo dati di osservazione solidi e affidabili, non avremo la possibilità di capire cosa sta succedendo negli spettri più deboli prodotti dalle osservazioni di esopianeti rocciosi», conclude Lothringer, «Questo è un test delle nostre tecniche che ci consente di costruire una comprensione generale delle proprietà fisiche che governano la formazione di nubi e la struttura atmosferica».
Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “UV absorption by silicate cloud precursors in ultra-hot Jupiter WASP-178b”, di Joshua D. Lothringer, David K. Sing et al.