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Parola a Laura Calderoni, curatrice del festival Genius loci

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L’intervista a Laura Calderoni, curatrice del festival Genius loci — Dove abita il genio, in programma a Roma fino al 29 maggio

Giunto alla sua quinta edizione, torna il festival Genius loci — Dove abita il genio, a Roma fino al 29 maggio, una rassegna di eventi diffusi che indagano i rapporti fra architettura e scienza attraverso visite, tour guidati, mostre e workshop, per far conoscere a un pubblico ampio i posti e i protagonisti di una Roma meno nota, non la città che custodisce un patrimonio storico e artistico senza pari ma quella, proiettata verso il futuro, che con i suoi numerosi centri di ricerca all’avanguardia è un polo di innovazione di rilevanza mondiale. Posti che normalmente sono inaccessibili e che costituiscono un grande patrimonio anche dal punto di vista architettonico.

La kermesse, promossa da Roma Culture, vede la partecipazione attiva di alcune fra le maggiori istituzioni pubbliche e private della Capitale che permettono di aprire le porte gratuitamente di luoghi dedicati alla scienza e di creare contaminazioni fertili fra il mondo della ricerca, il design, la fotografia, la performance e le scuole, celebrando l’unione fra eccellenza scientifica e architettura.

L’edizione di quest’anno si concentra sull’influenza che gli spazi architettonici hanno sul nostro benessere mentale e psicologico a partire dalle neuroscienze e dai più recenti studi su campo per approdare, divertendosi, a una visione personale ed emotiva di questo processo.

Ne parliamo con l’architetto Laura Calderoni, curatrice del festival.

Perché per l’edizione di quest’anno del festival avete scelto il tema delle neuroscienze?

Le neuroscienze sono forse la branca scientifica che accoglie più discipline: dalla fisiologia alla biologia molecolare, dalla biochimica all’anatomia, passando per la chimica, la fisica, la matematica e la statistica, interagiscono con la psicologia e la linguistica. Da oltre 50 anni, sempre con più interesse, questa scienza è entrata anche nel campo della progettazione degli edifici e degli spazi urbani. Libri come “L’empatia degli spazi” di Harry F. Mallgrave o il recentissimo “La mente in architettura” di Sarah Robinson stanno rendendo chiaro processo che i nostri avi conoscevano bene e cioè che l’ambiente costruito in cui viviamo influenza i nostri sensi, la nostra mente e determina il nostro benessere. Per approfondire questo tema abbiamo chiamato il collettivo artistico Numero Cromatico che ha realizzato uno studio su Piazza Vittorio, una delle piazze più iconiche di Roma, per capire come i nostri sensi condizionano la nostra percezione dello spazio e le nostre scelte.

Questa edizione vede nuovi partner affiancare realtà che collaborano con voi dall’inizio, di chi si tratta?

Ogni anno cerchiamo nuove collaborazioni sia di enti di ricerca, come il CNR o l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che di player creativi. Quest’anno stiamo collaborando con Floralism, una realtà che raccoglie diversi floral designer che lavorano su concetti come empatia, ascolto, scambio. Nello specifico Jessica Curelli, designer e founder di Twice, ha realizzato per noi all’interno della mostra “Roma scientifica” che abbiamo allestito nella serra dell’Ex Fabbrica SNIA-Viscosa, un habitat organico/inorganico, attingendo alle piante e agli arbusti presenti nel parco adiacente.

Come reagisce il pubblico a questo binomio inedito di architettura e scienza? È diffidente, è curioso?

Curioso sicuramente, ma anche diffidente. Il nostro modo di legare l’architettura alla scienza potrebbe essere deludente per chi si aspetta un percorso canonico, per chi pensa che le esperienze debbano rientrare necessariamente in un ambito specifico e non prevedano la contaminazione con altri temi dal momento che il Festival non utilizza un linguaggio prettamente scientifico o non propone esperienze esclusivamente legate al patrimonio architettonico e artistico. Il nostro intento è proprio quello di stimolare la conoscenza, è un invito all’esercizio di un pensiero organico sul mondo, in cui le diverse discipline non siano distanti tra loro e i punti di contatto fra loro possano generare nuove riflessioni e modi di interpretare la realtà, dove la scienza fa parte del nostro vissuto quotidiano e l’architettura è lo scenario per esprimerlo.

Fare divulgazione nelle scuole, coinvolgere i giovani è da sempre uno degli obiettivi del festival e della vostra associazione, che risposta incontrate negli studenti che partecipano ai vostri laboratori e agli eventi?

Grazie alla collaborazione con Tavola Rotonda e La scienza coatta, portiamo avanti un progetto formativo per le scuole di Istruzione Secondaria a cui ogni anno partecipano un centinaio di studenti e il cui obiettivo è quello di insegnare ai ragazzi come organizzare una giusta comunicazione scientifica sui social, distinguere una fake news da una notizia vera e produrre contenuti scientifici su Tik Tok. L’obiettivo è quello di immaginare una divulgazione scientifica pop ma non per questo meno rigorosa e credibile. Perché come diceva Galileo Galilei: «Parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi.»

www.geniuslocifestival.it/

Fonte: ufficio stampa Sign Press

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