Tumore al polmone: nuovi modi per capire l’efficacia dell’immunoterapia


Tumore al polmone: una signature basata su cinque microRNA (miRNA) si è dimostrata in grado di prevedere l’efficacia dell’immunoterapia

Tumore al polmone: una signature basata su cinque microRNA (miRNA) si è dimostrata in grado di prevedere l'efficacia dell'immunoterapia

In uno studio pubblicato di recente sulla rivista npj Precision Oncology, una signature basata su cinque microRNA (miRNA) misurati nel sangue periferico si è dimostrata in grado di prevedere la sopravvivenza globale (OS) di pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule trattati con l’immunoterapia e identificare il migliore trattamento.

Secondo i ricercatori, questa ‘firma molecolare’ basata su cinque miRNA permette di ottenere una fotografia di come evolverà la malattia prima del trattamento immunoterapico e non richiede confronti sequenziali, come avviene invece con la biopsia liquida basata sull’analisi del DNA tumorale circolante, nella quale il risultato del prelievo ematico al basale deve essere confrontato in modo dinamico con campioni ottenuti ai follow-up successivi.

«È importante osservare che la signature non richiede alcuna analisi precedente sul tessuto tumorale e potrebbe essere utilizzata con una modalità off the shelf», ha spiegato in un’intervista uno degli autori della ricerca, Bruno Steinkraus, direttore scientifico di Hummingbird Diagnostics, la biotech che sta sviluppando il test. «Crediamo che il nostro test potrà guidare il processo decisionale in modo pratico e aiutare a identificare la giusta popolazione di pazienti da trattare con l’immunoterapia».

Le risposte all’immunoterapia sono variabili
Sebbene l’immunoterapia si sia dimostrata efficace in alcuni tipi di tumore in stadio avanzato, i ricercatori sottolineano nel loro articolo che molti pazienti non ottengono benefici significativi dal trattamento, mentre altri non rispondono oppure manifestano eventi avversi legati al sistema immunitario. «C’è un urgente bisogno di biomarcatori in grado di prevedere la risposta all’immunoterapia in modo più accurato» scrivono gli autori.

Per le terapie con gli inibitori di PD-1/PD-L1, la stratificazione dei pazienti viene attualmente eseguita misurando l’espressione di PD-L1 nel tessuto tumorale. Infatti, le attuali linee guida ASCO e ESMO raccomandano una terapia di prima linea con gli inibitori di PD-1/PD-L1 per il tumore del polmone non a piccole cellule avanzato solo con un’espressione di PD-L1 di almeno il 50% (misurata mediante il Tumor Proportion Scores, TPS). Tuttavia, osservano Steinkraus e i colleghi, una recente metanalisi ha mostrato che questo parametro è un predittore di risposta all’immunoterapia solo in circa il 30% dei pazienti che presentano diversi tipi di tumore.

«Crediamo che le caratteristiche intrinseche del tumore attualmente utilizzate (come l’espressione di PD-L1 o il carico mutazionale del tumore) siano solo un fattore dell’equazione che può predire la risposta all’immunoterapia», ha detto Steinkraus. «Poiché un’efficace inibizione dei checkpoint immunitari necessita anche dell’immunità sistemica e il sistema immunitario rappresenta il vero meccanismo effettore che queste terapie cercano di scatenare, abbiamo deciso di analizzare questo asse immunitario periferico».

I ricercatori hanno deciso quindi di analizzare i miRNA presenti nel sangue, che sono i coordinatori molecolari dell’espressione genica e rappresentano, quindi, eccellenti marker surrogati per l’attività del sistema immunitario.

«Poiché i miRNA sono a costituiti da un acido nucleico, possono essere amplificati mediante tecniche sensibili come il sequenziamento di ultima generazione (l’NGS, ndr) o la PCR quantitativa e poi analizzati in parallelo su vasta scala», ha spiegato Steinkraus.

La ricerca
L’analisi ha incluso 334 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio IV, suddivisi in tre coorti in base al tempo di reclutamento e al tipo di trattamento.

La prima ha rappresentato la coorte oggetto di indagine e ha incluso 96 pazienti (età mediana pari a 68,2 anni, range: 38,9-86,7; 62,5% uomini), mentre la seconda, che è servita da validazione indipendente, ha incluso 99 pazienti (età mediana pari a 66,4 anni, range: 33,5-87; 64,6% uomini). Entrambe consistevano di pazienti trattati con pembrolizumab o nivolumab. La terza, formata da 139 pazienti (età mediana pari a 64,9 anni, range: 37,6-84,8; 66,9% uomini) ha rappresentato la coorte di controllo, trattata con una doppietta chemioterapica a base di platino e pembrolizumab.

Il modello di rischio a cinque miRNA
I ricercatori hanno definito un valore di rischio basato su cinque miRNA che potesse essere predittivo dell’OS dopo il trattamento con un immunoterapico sia nella coorte oggetto di indagine sia in quella di validazione indipendente (HR 2,4; IC al 95% 1,37-4,19).

La signature dei microRNA proveniva in gran parte dalle cellule mieloidi circolanti.

«L’oncologia ha indagato principalmente le cellule linfoidi, in particolare le cellule T. Tuttavia, c’è una quantità crescente di prove che le cellule mieloidi sono i primi responder importanti e possono caratterizzare attivamente il microambiente nel quale si sviluppa il tumore, per cui possono potenzialmente influenzare l’efficacia della risposta delle cellule T antitumorali», scrivono i ricercatori.

Attraverso la predizione del target dei miRNA, i ricercatori hanno stabilito una connessione automatica diretta con la via di segnalazione di PD-L1 e PD-L1 e hanno concluso che il punteggio di rischio basato sui miRNA «è un potenziale test diagnostico da utilizzare per l’immunoterapia, basato su un prelievo ematico, che funziona meglio dell’esame immunostochimico di PD-L1 eseguito sul tessuto».

Implicazioni future
Per il futuro, Steinkraus e colleghi hanno intenzione di indagare se questo modello basato sulla signature è applicabile ad altri tumori per i quali si utilizza l’immunoterapia, fra cui quello della vescica.

«Hummingbird è impegnata attivamente portare questo risultato proof-of-concept al letto del paziente. Con la nostra prima ricerca applicata a un contesto clinico abbiamo visto come si può decidere fra il trattamento con la sola immunoterapia o con la chemioimmunoterapia nei pazienti con alti livelli di espressione di PD-L1 e stiamo preparando ulteriori studi», ha concluso l’autore.

Bibliografia
T. Rajakumar, et al. A blood-based miRNA signature with prognostic value for overall survival in advanced stage non-small cell lung cancer treated with immunotherapy. npj Precis. Onc. 2022; 6:19. Link