Astegolimab efficace nei pazienti con Bpco a rischio recidive


BPCO: secondo i dati di un nuovo studio di fase II, astegolimab migliora qualità della vita in pazienti con recidive frequenti

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I pazienti con BPCO di grado da moderato a molto severo, appartenenti al fenotipo dei “frequenti riacutizzatori” e sottoposti a trattamento con astegolimab, sperimentano un miglioramento della qualità della vita migliore rispetto ai pazienti del gruppo placebo. Queste le conclusioni di uno studio di fase 2 di recente pubblicazione su Lancet Respiratory Medicine che, se confermati in fase 3, prefigurano un possibile ampliamento futuro delle opzioni di trattamento di questa condizione clinica.

Informazioni su astegolimab
Astegolimab (appartenente alla pipeline di molecole in corso di sviluppo Genentech) è un anticorpo totalmente umano disegnato al fine di impedire il legame di IL-33 al recettore ST2, una proteina che si colloca sulla superficie esterna di alcune tipologie cellulari.

“La IL-33 derivata dall’epitelio e il suo recettore ST-2 sono stati da tempo implicati nei processi di infiammazione e di infezione a carico delle vie aeree respiratorie – scrivono i ricercatori nell’introduzione allo studio -. Pertanto, la prevenzione del legame citochina-recettore potrebbe attenuare la sintomatologia legata alla BPCO riducendo sia l’infiammazione che l’infezione delle vie aeree respiratorie che sono presenti nei pazienti affetti da questa condizione clinica”.

L’obiettivo di questo studio di fase 2°, noto con la sigla COPD-ST2OP, è stato quelle di valutare l’efficacia e la sicurezza di questo trattamento vs. placebo nel ridurre gli episodi di ingravescenza della sintomatologia (le riacutizzazioni, nelle specifico) in pazienti con BPCO di grado da moderato a molto severo.

Disegno dello studio 
Il trial COPD-ST2OP ha incluso 81 pazienti di età pari o superiore ai 40 anni, con diagnosi di BPCO di grado da moderato a molto severo e una storia pregressa di almeno due episodi di riacutizzazione di malattia occorsi nell’anno precedente al reclutamento dei pazienti nello studio. I pazienti in questione erano tutti fumatori attivi o ex-fumatori di lungo corso (almeno 10 anni).

Questi sono stati randomizzati a trattamento con iniettivo sottocute mensile con 490 mg di astegolimab per 44 settimane (42 pazienti) o a trattamento con placebo (33 pazienti).

Le iniezioni sono state praticate mediante pompa di infusione. Inoltre, il protocollo dello studio prevedeva che tutti i pazienti inclusi nella sperimentazione clinica potessero continuare il trattamento con i farmaci di uso corrente per l’intera durata del trial.

L’endpoint primario dello studio consisteva nel valutare la frequenza degli episodi di riacutizzazione di grado moderato-severo fino a 48 settimane.

Tra gli endpoint secondari valutati vi erano, invece, la frequenza degli eventi avversi (AE) fino a 60 settimane, la qualità di vita legata allo stato di salute dei pazienti (valutata mediante il questionario Saint George’s Respiratory Questionnaire for COPD (SGRQ-C), e la funzione polmonare in base alla FEV1.

Da ultimo, i ricercatori hanno anche calcolato il numero di cellule infiammatorie presenti a livello ematico e catarrale, nonché il muco espulso dai polmoni negli attacchi tussivi.

Risultati principali
Considerando l’endpoint primario, è stato osservato che la frequenza delle riacutizzazioni di BPCO era del 22% inferiore nel gruppo astegolimab rispetto al placebo (2,18 vs. 2,81).
Pur non raggiungendo la significatività statistica, i ricercatori hanno sottolineato come la riduzione osservata fosse di entità maggiore rispetto a quanto osservato precedentemente nei pazienti con BPCO sottoposti a trattamenti aventi come target i pathway infiammatori.

I ricercatori hanno anche guardato ai dati relativi alla qualità della vita (SGRQ-C), osservando che la differenza media tra i due gruppi in studio (astegolimab vs. placebo) era pari a -3,3, un valore indicativo di un incremento della qualità della vita legato allo stato di salute tra i pazienti trattati con astegolimab.

Per quanto riguarda i valori di FEV1, la differenza media tra i due gruppi è risultata pari a 40 ml, ad indicare anche in questo caso un miglioramento della funzione polmonare nel gruppo di pazienti trattati con astegolimab.
Inoltre, i ricercatori hanno osservato che questi benefici erano di entità maggiore nei pazienti portatori di alcuni marker genetici e di infiammazione a livello ematico.

Da ultimo, per quanto riguarda la safety, non sono emerse differenze tra i due gruppi in studio.

Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come da alcuni anni non emergessero nuove possibili opzioni di trattamento per la BPCO.

I risultati di questo trial suggeriscono la possibilità di poter ridurre il numero di riacutizzazioni di BPCO, migliorando al contempo la qualità della vita di questi pazienti.

A questo punto sarà necessario attendere le dovute conferme di efficacia e di sicurezza di astegolimab nei prossimi studi di fase 3, condotti su un numero congruo di pazienti, stratificando meglio i pazienti da trattare in base alla tipologia e alla severità della sintomatologia associata alla BPCO, al fine di ottimizzare la terapia nell’ottica di una medicina sempre più personalizzata, concludono i ricercatori.

Bibliografia
Yousuf AJ et al. Astegolimab, an anti-ST2, in chronic obstructive pulmonary disease (COPD-ST2OP): a phase 2a, placebo-controlled trial. Lancet Respiratory Medicine 2022
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