Melanoma: buoni risultati con il farmaco sperimentale BO-112


L’aggiunta del farmaco sperimentale BO-112 all’anti-PD-1 pembrolizumab si è dimostrata efficace e sicura in pazienti con melanoma avanzato resistenti agli anti-PD-1

L'aggiunta del farmaco sperimentale BO-112 all'anti-PD-1 pembrolizumab si è dimostrata efficace e sicura in pazienti con melanoma avanzato resistenti agli anti-PD-1

L’immunoterapia con gli inibitori dei checkpoint immunitari ha rivoluzionato il trattamento del melanoma e migliorato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti; non tutti, però, rispondono a questo trattamento. Una delle strade che si stanno percorrendo per aumentare le percentuali di risposta e, più in generale, migliorare l’efficacia, è quella di combinare un inibitore dei checkpoint immunitari con un altro agente, con un meccanismo d’azione diverso. È la strategia perseguita nello studio di fase 2 SPOTLIGHT203, presentato di recente al congresso annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR) e nel quale l’aggiunta del farmaco sperimentale BO-112 all’anti-PD-1 pembrolizumab si è dimostrata efficace e sicura in pazienti con melanoma avanzato resistenti agli anti-PD-1.

Con un follow-up mediano di 4,1 mesi (IC 95%, 3,9-6,3), nei 40 pazienti in cui la risposta era valutabile il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato del 25%, quello di risposta completa del 10% e quello di risposta parziale del 15%. Inoltre, il 40% dei pazienti ha mostrato una stabilizzazione della malattia, per cui il tasso di controllo della malattia (DCR) è risultato globalmente del 65%.

«Si sono osservate risposte nei pazienti con melanoma BRAF-mutato e con BRAF wild-type, in quelli con istologia mucosale e in quelli con una resistenza secondaria agli anti-PD-1. Tuttavia, i pazienti con melanoma acrale o livelli molto alti di lattico deidrogenasi non hanno ottenuto benefici clinici», ha affermato durante la presentazione dei dati Iván Márquez-Rodas, dell’Hospital General Universitario Gregorio Marañón di Madrid.

BO-112
Nei pazienti con melanoma avanzato, ha ricordato Márquez-Rodas, fino al 70% di coloro che vengono trattati con un anti-PD-1 finisce per andare incontro a una progressione della malattia e attualmente per questi pazienti non esiste uno standard di cura per la terapia di seconda linea.

BO-112 è un RNA a doppio filamento (dsRNA) sintetico formulato con il carrier cationico polietileneimina, al fine di migliorarne la permeabilità intracellulare. Studi preclinici hanno dimostrato che agisce attivando TLR3, RIG-1 and MDA-5, portando alla morte cellulare immunogenica e aumentando l’effetto di inibizione dei checkpoint immunitari.

Una volta somministrato all’interno del tumore, BO-112, che mima un RNA virale, può stimolare il rilascio di  citochine citotossiche e induce la produzione di interferone gamma, il che può aumentare l’attività tumoricida di varie cellule immunoematopoietiche.

BO-112 è stato testato da solo e in combinazione con un inibitore di PD-1 in un primo studio di fase 1 nell’uomo (NCT02828098), condotto su pazienti adulti con tumori solidi aggressivi, fra cui il melanoma, nel quale ha dimostrato la sua sicurezza e la capacità di invertire la resistenza agli anti-PD-1. Anche i primi dati dello studio SPOTLIGHT203, che sono stati presentati al congresso SITC 2021, hanno mostrato che la combinazione di BO-112 e pembrolizumab può produrre benefici clinici.

Lo studio SPOTLIGHT203
SPOTLIGHT203 (NCT04570332) è un trial multicentrico franco-spagnolo a braccio singolo, in aperto, che ha arruolato 42 pazienti di almeno 18 anni con melanoma cutaneo, acrale o della mucosa in stadio III non resecabile o IV, progredito dopo una terapia con un anti-PD-1. I partecipanti dovevano anche avere una malattia misurabile e iniettabile, avere effettuato una linea precedente di terapia sistemica e avere un performance status ECOG pari a 0 o 1.

Ai pazienti sono state somministrate iniezioni di BO-112 con un dosaggio fino a 2 mg e in un massimo di otto lesioni per ciclo, una volta alla settimana per le prime 7 settimane, poi una volta ogni 3 settimane, per un massimo di 2 anni. Inoltre, sono stati somministrati 200 mg di pembrolizumab per via endovenosa ogni 3 settimane. Il trattamento è continuato fino a progressione della malattia, al manifestarsi di tossicità non accettabili, al decesso, alla revoca del consenso o alla conclusione dello studio. In particolare, BO-112 è stato interrotto anche nel caso in cui le lesioni non fossero più iniettabili.

L’endpoint primario dello studio era l’ORR secondo i criteri RECIST v1.1 valutato centralmente da revisori indipendenti in cieco, mentre gli endpoint secondari comprendevano il DCR, la durata della risposta (DOR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS), la sicurezza, i biomarcatori e la radiomica.

Le caratteristiche dei pazienti
L’età mediana dei pazienti arruolati era di 65 anni (range: 27-88) e il 57% era di sesso maschile. La maggior parte, il 71%, presentava un melanoma cutaneo, mentre il 21% aveva un melanoma acrale e il 7% un melanoma mucosale. Nel 48% dei casi la malattia era in stadio M1a-b, nel 45% in stadio M1c-d e nel 7% in stadio III non resecabile.

Inoltre, la maggior parte dei pazienti (83%) aveva un tumore con il gene BRAF wild type, mentre il restante 17% era BRAF-mutato e il 41% dei pazienti presentava livelli elevati di LDH (sopra il limite superiore della norma [ULN]).

Riguardo ai trattamenti immunoterapici effettuati in precedenza dai pazienti, il 14% era stato trattato con ipilimumab più nivolumab, il 33% con il solo nivolumab, il 43% con il solo pembrolizumab e il 10% con altre combinazioni anti-PD-1. La durata mediana del trattamento precedente era di 30 settimane (range: 6-128) e l’indicazione al trattamento precedente era la terapia adiuvante (24% dei casi) o quella per la malattia avanzata (76%). In particolare, il 62% dei pazienti aveva manifestato una resistenza primaria e il 38% una resistenza secondaria.

Tassi di risposta più alti nei pazienti con melanoma delle mucose o BRAF-mutato
Un’analisi più approfondita dei tassi di risposta in base alle caratteristiche dei pazienti ha evidenziato che l’ORR è stato superiore nei pazienti con melanoma mucosale rispetto a quelli con melanoma cutaneo (67%contro 28%), mentre nessun paziente con melanoma acrale ha risposto al trattamento, così come i quattro pazienti con un valore di LDH tre volte superiore all’ULN.

Inoltre, gli ORR sono risultati rispettivamente del 43% nei pazienti con malattia BRAF-mutata e 21% in quelli con BRAF wild type.

Nei pazienti con resistenza secondaria alla terapia precedente l’ORR è risultato del 38%, mentre in quelli con resistenza primaria del 17%. Infine, l’ORR è risultato del 13% nel sottogruppo trattato precedentemente con l’immunoterapia nel setting adiuvante e del 28% in quello trattato nel setting della malattia avanzata.

Nelle lesioni in cui è stato iniettato BO-122 (38), il 53% ha ottenuto una riduzione e il 26% ha mostrato una riduzione maggiore del 30%. Nelle lesioni non iniettate (28), invece, il 25% ha mostrato una riduzione e l’11% ha avuto una riduzione superiore al 30%.

Mediana della durata della risposta non raggiunta
La DOR mediana non è stata raggiunta e la percentuale di pazienti che erano ancora in risposta dopo 6 mesi è risultata del 66,7% (IC 95%, 16%-91,4%).

La PFS mediana nella popolazione intention-to-treat (42 pazienti) è risultata di 3,8 mesi (IC al 95% 3,6-NR). Tuttavia, nei 29 pazienti con malattia non acrale e LDH oltre tre volte l’ULN, la PFS mediana non è stata raggiunta (IC al 95% 3,8-NR), mentre è risultata di 2,2 mesi (IC al 95% 0,8-3,6) nei 13 pazienti con melanoma acrale e/o LDH tre volte superiore all’ULN.

La mediana dell’esposizione al trattamento è stata di 3,93 mesi per BO-112 (IC al 95% 3,5-5,8) rispetto a 3,85 mesi (IC al 95% 3,9-6,3) per pembrolizumab. Inoltre, al momento del cut-off dei dati era ancora in trattamento il 31% dei pazienti.

Profilo di sicurezza gestibile
Il profilo di sicurezza della combinazione è risultato gestibile, ha detto Márquez-Rodas, e nessun paziente ha dovuto interrompere definitivamente il trattamento a causa di eventi avversi correlati al trattamento stesso.
Tutti i 42 pazienti hanno manifestato almeno un effetto avverso di qualsiasi grado e il 36% un effetto avverso di grado 3 o superiore. In particolare, l’83% dei pazienti ha manifestato almeno un effetto avverso correlato al trattamento di qualsiasi grado e il 5% ha sperimentato un effetto avverso correlato al trattamento di grado 3 o 4. Eventi avversi gravi si sono verificati nel 29% dei pazienti e nel 7% di essi si è trattato di eventi avversi gravi correlati al trattamento. Inoltre, il 19% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi.
Gli avversi gravi correlati al trattamento di grado 1 o 2 più comuni sono stati astenia (50%), piressia (38%), diarrea (33%), vomito (24%), brividi (21%), nausea (21%), calo dell’appetito (14%), mal di testa (14%), dolore, fastidio, ematoma o ipersensibilità nella sede dell’iniezione (14%), artralgia (12%), prurito (12%), malattia simil-influenzale (10%) e mal di schiena (10%).
Márquez-Rodas ha concluso dicendo che, sulla base dei risultati promettenti dello studio SPOTLIGHT203, è auspicabile che si prosegua la sperimentazione di BO-112 in studi clinici randomizzati.

Bibliografia
I. Márquez-Rodas, et al. Efficacy of intratumoral BO-112 with systemic pembrolizumab in patients with advanced melanoma refractory to anti-PD-1-based therapy: final results of SPOTLIGHT-203 phase 2 study. AACR 2022; abstract CT014. Link