Osteoporosi: nuovi dati sull’uso di FANS e bisfosfonati


Osteoporosi: l’impiego di FANS potrebbe comportare un’attenuazione dei benefici d’impiego di clodronato secondo nuovi studi

Gli adulti con diabete di tipo 1 da almeno 25 anni hanno una densità minerale ossea (BMD) areale inferiore rispetto a quelli senza diabete

Un’analisi dei dati di una coorte di 5.000 pazienti suggerisce che l’impiego di FANS potrebbe comportare un’attenuazione dei benefici d’impiego di clodronato nel ridurre il rischio di frattura in pazienti anziane osteoporotiche.

Lo studio pubblicato su Journal of Bone and Mineral Research riguarda un solo bisfosfonato ed è un’analisi post-hoc di un trial clinico relativo all’impiego del farmaco in questione nell’osteoporosi (OP) ma pone interrogativi sull’esistenza di un possibile effetto interferente negativo dei FANS esteso a tutta la classe dei bisfosfonati (BSF), da approfondire in studi ulteriori specificamente disegnati allo scopo e meglio dimensionati.

Razionale e obettivi dello studio
I FANS, come è noto, rappresentano una delle classi di farmaci più frequentemente prescritte per diverse patologie infiammatorie o muscoloscheletriche acute e croniche, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio.
Al di là, però, dei noti effetti analgesici e anti-infiammatori, è stato postulato che i FANS, possano essere associati anche ad un modesto effetto benefico diretto sulla salute ossea, compreso il rischio di frattura, in ragione del fatto che le prostaglandine da loro inibite, in particolare PGE2 e PGI2, sarebbero coinvolte anche nei processi di rimodellamento osseo.

Fino ad ora, però, gli studi epidemiologici pubblicati hanno dato risultati molto contrastanti tra di loro, suggerendo, in alcuni casi, che l’impiego di FANS sarebbe un fattore protettivo dalle fratture, in altri che sarebbe un fattore di rischio e in altri ancora che l’utilizzo di questi farmaci non avrebbe alcun effetto sulle fratture.

I BSF rimangono la calsse terapeutica più ampiamente utilizzata nel trattamenti di diverse malattie metaboliche dell’osso associate ad un eccesso dei processi di riassorbimento osseo (come nel caso, soprattutto, dell’OP).
Clodronato è un BSF di prima generazione, non azotato, che si è ampiamente dimostrato efficace nel ridurre il rischio di frattura in pazienti con OP, quello di eventi scheletrici in pazienti con carcinoma mammario metastatico e nel prevenire lo sviluppo di metastasi ossee in pazienti con carcinoma mammario all’esordio.

La stessa equipe di ricerca che ha pubblicato il nuovo studio aveva condotto, dopo uno studio pilota, un trial clinico monocentrico, prospettico, randomizzato e controllato vs. placebo sull’impiego di clodronato 800 mg in donne di età uguale o superiore a 75 anni, ricoverate in strutture protette, con l’obiettivo di identificare i fattori di rischio di frattura e di determinare l’efficacia di un intervento per ridurre il rischio di frattura in donne non selezionate per l’OP definita in base ai valori di BMD.

I risultati di questo trial avevano dimostrato come il trattamento con clodronato fosse associato ad una riduzione del rischio di frattura osteoporotica pari al 23% dopo 3 anni.

Grazie alla raccolta di dati sul rischio di frattura e su altre informazioni registrate sistematicamente come parte del trial – quali l’impiego di farmaci concomitanti – i ricercatori hanno voluto implementare un’analisi post-hoc per verificare l’ipotesi di una possibile influenza negativa dei FANS sul rischio successivo di frattura.

Risultati principali
I ricercatori hanno attinto, per l’analisi post-hoc, ai dati di 5.212 donne provenienti dal trial originario, disponendo dei dati relativi all’impiego al basale di FANS relativi a 1.082 pazienti.

Rispetto alle pazienti non utilizzatrici di FANS, quelle che riferivano l’impiego di FANS erano significativamente più giovani (79 vs. 80 anni; p=0,004), con un peso maggiore (media= 66,7 vs. 64,7 kg; p<0,001) e con una densità minerale ossea a livello del collo femorale più elevata (FN-BMD, 0.66 vs. 0.64 g/cm2; P <.001).

Nei modelli statistici aggiustati per la presenza di fattori confondenti, è emerso che l’impiego di FANS era associato ad un incremento significativo del rischio di fratture osteoporotiche nel corso dei tre anni di durata dello studio (HR= 1,27; IC95%=1,01-1,62; P=0,039), considerando la popolazione complessiva del trial; questo innalzamento del rischio, tuttavia, non raggiungeva la significatività statistica tra le pazienti randomizzate a terapia placebo (HR=1,11; IC95%=0,81-1,51).

Quando è stato valutato l’impatto dell’impiego dei FANS tra le pazienti in trattamento con clodronato, non è stato più osservato il beneficio apparente del BSF tra quelle che utilizzavano anche FANS  (HR= 0,95; IC95%=0,65-1,41]; p=0,081) rispetto a quanto osservato nelle pazienti randomizzate a clodronato che non utilizzavano FANS, nelle quali si è ancora verificata una riduzione significativa del rischio di frattura da OP (HR, 0.71 [95% CI, 0.58-0.89]; P=.002).

Nelle analisi che hanno valutato le variazioni di BMD a livello dell’anca a 3 anni rispetto al basale, è emerso che la perdita di BMD durante la terapia con clodronato era maggiore nelle donne sottoposte a trattamento con FANS (anca in toto: 2,75% vs. 1,27%, p=0,078; collo femorale: 3,06% vs 1.12%, p=0,028) e i ricercatori hanno sottolineato che questo effetto non era significativamente differente da quello osservato nelle donne sottoposte a trattamento con placebo.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici nella loro analisi. Innanzitutto, i i pazienti di questo studio sono stati valutati per l’impiego di FANS solo all’inizio del trial. Non vi sono informazioni per capire se i pazienti hanno iniziato e interrotto il trattamento con FANS prima dell’inizio del trial o durante i 3 anni di osservazione previsti dal protocollo del trial. Mancano anche dati per capire se ci siano delle differenze tra le classi di FANS utilizzate sul rischio di frattura o se l’impiego di BSF diversi da clodronato possa portare a risultati diversi da quelli osservati nell’analisi post-hoc.

Da ultimo, vi erano dati insufficienti per verificare se l’impiego di diversi dosaggi o regimi di somministrazione differenti potessero fare la differenza sull’efficacia osservata per clodronato.

Quanto alle spiegazioni alla base dell’impatto negativo dei FANS sull’effetto netto dei BSF, ad oggi ci sono ancora poche ipotesi al riguardo ed è difficile dire quale di queste sia più vicina alla realtà. Una di queste invoca la ridotta compliance al trattamento con clodronato nelle pazienti che assumono FANS; un’altra invoca la ridotta biodisponibilità o il ridotto assorbimento del BSF.

Ciò premesso, “…per quanto lo studio abbia fornito deboli evidenze sull’impiego di FANS come fattore di rischio per l’incidenza di fratture osteoporotiche in pazienti anziane ricoverate in strutture assistenziali protette, l’osservazione secondo la quale i FANS riducono la capacità di clodronato nel prevenire la perdita di massa ossea e le fratture è la prima nel suo genere e di rilevante importanza clinica – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro – Questa marcata riduzione di efficacia osservata per clodronato, comunque da approfondire in studi ulteriori e anche con altri BSF, non sembra essere mediata da alterazioni delle caratteristiche iniziali dei pazienti o da una ridotta compliance al BSF”.

Bibliografia
Zheng Z et al. Potential Adverse Effect of Nonsteroidal Anti-Inflammatory Drugs (NSAIDs) on Bisphosphonate Efficacy: An Exploratory Post Hoc Analysis From a Randomized Controlled Trial of Clodronate. J Bone Miner Res. 2022 Apr 20. doi: 10.1002/jbmr.4548. Epub ahead of print. PMID: 35441396.
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