Rilevate anomalie biochimiche nei celiaci che suggeriscono la prevalenza di carenze di micronutrienti e confermano il malassorbimento come un segno della celiachia
Nelle persone positive agli anticorpi per la malattia celiaca sono state rilevate anomalie biochimiche che suggeriscono la prevalenza di carenze di micronutrienti e confermano il malassorbimento come un segno della celiachia. Sono i risultati di un ampio studio di coorte osservazionale danese pubblicato sulla rivista Scientific Reports.
«Questo studio ha identificato diverse anomalie biochimiche associate alla positività agli anticorpi per la celiachia in un contesto di cure primarie tra le persone sottoposte al test degli anticorpi per la malattia» hanno scritto il primo autore Line Lund Kårhus e colleghi del dipartimento di epidemiologia al Frederiksberg Hospital di Copenhagen, in Danimarca. «Il modello di anomalie ha suggerito che le carenze di micronutrienti erano prevalenti tra i soggetti positivi agli anticorpi».
La celiachia è una malattia cronica che si manifesta in tutte le fasce d’età e colpisce circa l’1% della popolazione, anche se molti casi rimangono non diagnosticati. Questa condizione è causata da una risposta immunitaria anormale in individui geneticamente suscettibili, innescata dall’ingestione di proteine del glutine presenti in grano, segale e orzo. La sua gestione consiste pertanto in una dieta priva di glutine per tutta la vita.
La celiachia colpisce principalmente l’intestino tenue, portando spesso a malassorbimento e carenze di micronutrienti. Una biopsia dell’intestino tenue con riconoscimento dell’atrofia e dell’infiammazione dei villi rappresenta il gold standard per la diagnosi, tuttavia sono sempre più utilizzati i test sierologici per rilevare la presenza di anticorpi specifici per la malattia.
Lo screening per la celiachia tra individui senza sintomi tipici, o anche nella popolazione generale, rimane controverso perché molti casi rilevati dallo screening presentano pochi o nessun sintomo e non si conosce molto sulla prognosi della celiachia non diagnosticata, hanno premesso gli autori. Gli studi suggeriscono che anche i pazienti asintomatici con biomarcatori sierologici indicativi di celiachia possono avere benefici da una dieta priva di glutine e di recente hanno riportato che la malattia non diagnosticata può comportare un rischio maggiore di conseguenze avverse a lungo termine, come cancro e patologie cardiovascolari.
Un ampio studio di coorte osservazionale danese
I ricercatori hanno utilizzato i dati del Danish National Patient Register (NPR) dal 1978 al 2018 e quelli del Danish Civil Registration System fino al 2018, includendo nello studio un totale di oltre 57mila persone (età media 30 anni).
Nella coorte di studio, 706 soggetti sono risultati positivi agli anticorpi per la celiachia, dove la positività è stata definita come la presenza di anticorpi IgA o IgG diretti contro la transglutaminasi tissutale ≥7 kU/l e/o anticorpi IgA o IgG contro il peptide deamidato della gliadina ≥10 kU/l. Il 72,7% erano donne e l’età media era di 26 anni.
Differenze in diversi parametri biochimici
Il confronto dei risultati dei test biochimici, eseguiti sei mesi prima e un mese dopo la data del test anticorpale tra i soggetti positivi e negativi agli anticorpi, ha evidenziato che la differenza più importante tra i gruppi riguardava la ferritina, marcatamente più bassa tra i positivi (donne: 13,8 µg/l contro 35,9 µg/l; uomini: 34,3 µg/l contro 80,4 µg/l).
Inoltre gli individui positivi agli anticorpi tendevano ad avere un’emoglobina più bassa (donne: 7,8 mmol/l contro 8,1 mmol/l; uomini: 8,5 mmol/l contro 8,8 mmol/l). In questi soggetti sono stati rilevati anche livelli più bassi di cobalamina e acido folico e livelli più elevati di transferrina, alanina transaminasi e fosfato alcalino.
Rispetto alle persone negative agli anticorpi, i ricercatori hanno riferito che una percentuale maggiore di test tra i positivi mostrava livelli al di sotto dell’intervallo livello di riferimento per emoglobina (10,2% contro 2,7%), volume corpuscolare medio (7,1% contro 2,9%), concentrazione media di emoglobina corpuscolare (6,8% contro 1,2%) e ferritina (37,6% contro 7,6%), mentre la transferrina era al di sopra del riferimento (20,7% contro 9,5%).
«Questi risultati illustrano la possibilità di uno sviluppo prospettico di algoritmi biochimici per migliorare le linee guida per lo screening della malattia celiaca, per ridurne il ritardo diagnostico e la sottodiagnosi e per portare a un trattamento precoce e alla prevenzione delle comorbidità in questi pazienti» hanno concluso gli autori.
Bibliografia
Kårhus LL et al. Biochemical abnormalities among patients referred for celiac disease antibody blood testing in a primary health care setting. Sci Rep. 2022 Apr 18;12(1):6407. Leggi