Dalle pizzerie alle rosticcerie passando per i locali di asporto e i ristoranti, la Campania perde il primato di locali superata dalla Lombardia
Presentato al Pizza Village di Napoli, in corso sul lungomare Caracciolo sino al 26 giugno, lo studio di mercato di Cna, la Confederazione Nazionale dell’Artigianato della piccola e media impresa, che ha evidenziato l’andamento delle attività legate al mondo della pizza in Italia. I dati presentati dal responsabile del settore agroalimentare del Cna, Gabriele Rotini, indicano che la Campania non è più la regione capitale della pizza e che lo scettro passa alla Lombardia.
L’analisi ha rilevato che le attività che producono e distribuiscono la pizza (dalle pizzerie alle rosticcerie passando per i locali di asporto e i ristoranti) indica che la Campania ha perso il 41,1% delle sue attività, passando così da 17.436 esercizi ai soli 10.263 perdendo ben 7.173 punti vendita e precipitando così dal gradino più alto della classifica delle regioni d’Italia.
LEADERSHIP CONQUISTATA DALLA LOMBARDIA
Leadership invece conquistata dalla Lombardia che oggi primeggia la graduatoria con 17.660 punti vendita con un incremento del +24,6% e 3.489 nuovi esercizi. “I dati analizzati nello studio, che abbraccia il periodo dal 2019 al 2021, indicano che crescono le regioni del Nord rispetto a quelle del Sud – ha spiegato Rotini -, dimostrando che lo studio presentato nel 2017, che indicava il prodotto nazionale e non esclusivo del meridione, era un dato già nell’aria. Il lockdown ha caratterizzato la rottura di abitudini comuni: non si è più potuti uscire per andare in pizzeria ma si è utilizzato l’asporto. Le amministrazioni che hanno reagito per prime, autorizzando le consegne a domicilio con le regole legate alla sicurezza alimentare, hanno ottenuto i risultati riscontrati: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna. Mentre al Centro-Sud, dove solitamente la burocrazia amministrativa è più lenta, le amministrazioni non hanno sostenuto con prontezza le imprese come in Campania, Lazio (-34,8%), l’Abruzzo (-28,4%), la Sicilia (-14,8%), l’Umbria (-13%)”.
Altro motivo indicato sarebbe quello legato alla forbice di utile per gli esercizi commerciali. La pizza al Centrosud oscilla in un range tra i 5 e 7 euro, mentre al Nord si vende tra i 12 e 15 euro. L’aumento delle materie prime avrebbe così ridotto la marginalità degli esercizi che vendono la pizza al Sud mentre al Nord del Paese il maggior margine ha funzionato da scudo difensivo per gli imprenditori. A dimostrazione di ciò i dati indicano che il maggior calo di attività ha coinvolto le regioni centro-meridionali rispetto a quelle del Nord: la Campania, perde il 41,1% delle attività, 7.173, precipitando a 10.263 pizzerie. A seguire, il Lazio (-34,8%), l’Abruzzo (-28,4%), la Sicilia (-14,8%), l’Umbria (-13%). Crescono la Basilicata (+102,6%), la Val d’Aosta (+75%), il Friuli Venezia Giulia (+59,8%), Trentino Alto Adige (+39,5%). La Lombardia incrementa il numero delle attività legate al mondo della pizza di 3.489 unità (+24,6 per cento) raggiungendo ben 17.660 attività. Aumentano anche l’Emilia Romagna (+ 1.496 attività), Veneto (+ 1.268 attività) e Piemonte (+ 1.148).