Tumore alla vescica: avelumab in prima linea allunga la vita


Tumore della vescica: la terapia di mantenimento con avelumab in prima linea migliora la sopravvivenza anche a lungo termine

Tumore della vescica: la terapia di mantenimento con avelumab in prima linea migliora la sopravvivenza anche a lungo termine

Nei pazienti con carcinoma uroteliale avanzato che non è progredito dopo la chemioterapia di prima linea, l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-PD-L1 avelumab alla migliore terapia di supporto permette di prolungare in modo significativo la sopravvivenza globale (OS) rispetto alla migliore terapia di supporto da sola. Lo evidenziano i risultati di follow-up a lungo termine dello studio di fase 3 JAVELIN Bladder 100, presentati al meeting annuale dell’American Urological Association.

I nuovi dati hanno evidenziato nel braccio trattato un con avelumab un prolungamento della sopravvivenza globale (OS) di 8,8 mesi rispetto al braccio di controllo.

Questi risultati, secondo gli autori, forniscono un ulteriore prova a favore del ruolo di avelumab come standard di cura nella terapia di mantenimento di prima linea in questo setting.

Lo studio JAVELIN Bladder 100
Lo studio JAVELIN Bladder 100 (NCT0260342) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, a bracci paralleli, nel quale la terapia di mantenimento con avelumab in aggiunta alla migliore terapia di supporto è stata confrontata con la migliore terapia di supporto da sola.

Il trial ha coinvolto 700 pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato non resecabile o metastatico che non mostravano segni di progressione della malattia dopo 4-6 cicli di chemioterapia standard di prima linea (gemcitabina più cisplatino o carboplatino). I partecipanti sono stati assegnati in rapporto 1:1 al trattamento di mantenimento con avelumab in aggiunta alla migliore terapia di supporto o alla migliore terapia di supporto da sola.

I pazienti del braccio sperimentale, sono stati trattati con avelumab somministrato per infusione endovenosa della durata di un’ora ogni 2 settimane a cicli di 4 settimane e la migliore terapia di supporto è stata somministrata secondo le modalità ritenute appropriate dal medico curante.

L’endpoint primario dello studio era l’OS, misurata come l’intervallo intercorrente dalla randomizzazione all’interruzione dello studio, al decesso o alla data in cui il paziente è stato censurato, a seconda di quale evento si è verificato prima, in tutti i pazienti. Gli endpoint secondari includevano, tra gli altri, la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sicurezza, il tasso di risposta obiettiva (ORR), il tempo di risposta, la durata della risposta e la percentuale di partecipanti che ottenevano un controllo della malattia.

Il 50% circa dei partecipanti presentava un tumore PD-L1-positivo.

OS significativamente più lunga con avelumab
A un followup mediano di 38 mesi, l’analisi ha dimostrato che, quando combinato con la migliore terapia di supporto, il mantenimento con avelumab si è associato a un’OS mediana di 23,8 mesi, rispetto ai 15,0 mesi registrati con la sola terapia di supporto (HR 0,76; IC al 95% 0,63-0,92; two-sided P=0,0036).

Questi risultati sono in linea con le conclusioni precedenti dello studio e si è anche confermato il beneficio in termini di OS in tutti i sottogruppi prespecificati. Infatti, il mantenimento con avelumab ha prolungato significativamente l’OS anche nel sottogruppo di pazienti PD-L1-positivi, con un’OS mediana di 30,9 mesi nel braccio sperimentale, a fronte di 18,5 mesi nel braccio di controllo (HR 0,69; two-sided P=0,0064).

Anche la PFS mediana, valutata dagli sperimentatori, è risultata superiore quando alla migliore terapia di supporto è stato associato l’immunoterapico, sia in tutti i pazienti trattati (5,5 mesi contro 2,1 mesi; HR 0,54 two-sided P=0,0001) sia in quelli con tumore PD-L1-positivo (7,5 mesi contro 2,8 mesi; HR 0,46; two-sided P=0,0001).

Inoltre, i pazienti che hanno dovuto effettuare una terapia antitumorale in una linea successiva sono stati 185 pazienti nel braccio avelumab contro 252 pazienti nel braccio di controllo. Tale terapia comprendeva un inibitore di PD-L1 rispettivamente nell’11,4% contro il 53,1% dei pazienti.

Sicurezza confermata
Per quanto riguarda la sicurezza, i dati a lungo termine sono risultati sovrapponibili a quelli ottenuti nei precedenti studi con avelumab somministrato in monoterapia.

Inoltre, non sono emersi segnali nuovi relativi alla sicurezza del trattamento.

Bibliografia
P. Grivas, et al. Avelumab first-line maintenance for advanced urothelial carcinoma: Long-term follow-up results from the JAVELIN bladder 100 trial. American Urological Association Annual Meeting 2022; abstract PD10-02, The Journal of Urology 207, (5S) Supplement, e183-e184. Link