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Sclerosi multipla: sì al vaccino Covid per i pazienti in cura con rituximab

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I pazienti affetti da sclerosi multipla e trattati con rituximab possono ricevere precocemente il vaccino anti-COVID-19

Le persone con sclerosi multipla (SM) trattate con rituximab possono essere vaccinate per il COVID-19 il prima possibile. È quanto riporta uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su “ JAMA Network Open”.

Un gruppo di ricercatori guidati da Andreas Tolf, del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Uppsala (Svezia), ha condotto uno studio prospettico di coorte dal 21 gennaio al 1 ° dicembre 2021 analizzando i dati di 67 partecipanti con trattamento pianificato o in corso con rituximab.

Quantificazione degli anticorpi anti-spike e anti-RBD
Tolf e colleghi hanno valutato le risposte sierologiche al vaccino misurando la quantificazione degli anticorpi IgG anti-spike e degli anticorpi IgG diretti al dominio legante i recettori (RBD, receptor-binding-domain), nonché le loro capacità neutralizzanti.

Nei 60 pazienti con trattamento con rituximab in corso (49 donne; età media, 43 anni), la durata mediana della malattia neurodegenerativa era di 9 anni (range, 1-29 anni) e la dose mediana del farmaco era di 2.750 mg (range, 500-10.000 mg). Il follow-up mediano dalla prima dose di vaccinazione è stato di 7,3 mesi (range, 4,3-10,0 mesi). Le risposte al vaccino sono state determinate prima della vaccinazione con tozinameran (vaccino anti COVID-19 Pfizer-BioNTech) e 6 settimane dopo.

Risposta positiva indicata dall’aumento delle cellule B
I ricercatori hanno stabilito valori di cutoff per le IgG anti-spike (264 unità anticorpali leganti/mL) e IgG anti-RBD (506 unità anticorpali leganti/mL) per determinare la percentuale di pazienti che hanno avuto una risposta positiva, indicata da un aumento del numero di cellule B. Un cutoff per la conta delle cellule B di almeno 40/μL è stato associato a una risposta sierologica ottimale.

Sei mesi dopo l’ultima infusione di rituximab, erano disponibili i dati relativi alla conta delle cellule B per 48 pazienti, di cui 29 (60%) avevano una conta delle cellule B di almeno 10/μL. Di questi 29 pazienti, 26 (90%) hanno avuto risultati positivi per gli anticorpi IgG anti-spike IgG, 21 (72%) per gli anticorpi IgG anti-RBD e 27 (93%) hanno sviluppato anticorpi con un’inibizione superiore al 90% dell’enzima di conversione dell’angiotensina 2.

Approccio da studiare con l’uso di altri anticorpi monoclonali anti-CD20
«Questi risultati sono favorevoli alla vaccinazione precoce con tozinameram nelle persone con SM trattate con rituximab, senza considerare il tempo dall’ultima infusione o dalla conta delle cellule B perché alcuni pazienti hanno comunque generato una risposta sierologica funzionale e le risposte delle cellule T sono sembrate svilupparsi indipendentemente dalla conta delle cellule B» scrivono gli autori.

«Inoltre» aggiungono «i risultati suggeriscono che può essere presa in considerazione una dose aggiuntiva di vaccino quando la conta delle cellule B raggiunge i 40/μL per garantire che il maggior numero possibile di pazienti generi una risposta adeguata al vaccino».

«Questo approccio è effettuabile ritardando il trattamento con rituximab, metodo che nel presente studio è sembrato essere sicuro» specificano Tolf e colleghi.

«È possibile che l’approccio utilizzato in questo studio possa essere impiegato anche per valutare la fattibilità di vaccinazione ricorrendo ad altri vaccini a mRNA contro SARS-CoV-2 così come in pazienti trattati con altri anticorpi monoclonali anti-CD20» concludono i ricercatori.

Bibliografia:
Tolf A, Wiberg A, Müller M, et al. Factors Associated With Serological Response to SARS-CoV-2 Vaccination in Patients With Multiple Sclerosis Treated With Rituximab. JAMA Netw Open. 2022;5:e2211497. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2022.11497. Link

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