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Nuovi dati sull’ipertensione cronica lieve in gravidanza

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Il trattamento dell’ipertensione cronica di grado lieve con un obiettivo pressorio inferiore a 140/90 mm Hg riduce gli esiti avversi della gravidanza

Il trattamento dell’ipertensione cronica di grado lieve durante la gravidanza con un obiettivo pressorio inferiore a 140/90 mm Hg riduce gli esiti avversi della gravidanza e non compromette la crescita fetale, secondo un nuovo studio pubblicato sul “New England Journal of Medicine”.

Nello studio, condotto da ricercatori del CHAP (Chronic Hypertension and Pregnancy) Trial Consortium, le donne in gravidanza con ipertensione cronica lieve che hanno ricevuto farmaci antipertensivi hanno avuto tassi significativamente ridotti di preeclampsia grave, parto pretermine prima della gestazione di 35 settimane, distacco della placenta e morte fetale o neonatale rispetto a una strategia di trattamento riservato soltanto alle donne che hanno sviluppato ipertensione grave durante la gravidanza.

Inoltre – specificano gli autori, guidati da Alan T. Tita, direttore del Center for Women’s Reproductive Health e professore di Ostetricia e Ginecologia dell’Università dell’Alabama presso la Heersink School of Medicine di Birmingham – non vi è stato alcun aumento del rischio di peso alla nascita ridotto per l’età gestazionale quando è stata seguita la strategia di trattamento attivo.

Il quesito clinico da risolvere
«Attualmente, le terapie antipertensive sono raccomandate per la popolazione generale non in gravidanza; peraltro, i benefici e la sicurezza in gravidanza sono incerti. Si è quindi di fronte a una situazione in cui c’è un conflitto nelle raccomandazioni per questa popolazione e anche, soprattutto, a una controversia internazionale sull’opportunità di trattare le donne incinte con ipertensione non grave» spiegano Tita e colleghi.

In particolare, aggiungono, «sono necessari dati sul fatto che una strategia mirata a una pressione arteriosa (PA) < 140/90 mm Hg riduca l’incidenza di esiti avversi della gravidanza senza compromettere la crescita fetale». Da notare, inoltre, che i tassi di ipertensione cronica nei paesi occidentali sono in aumento a causa dell’età avanzata al momento del parto e dell’obesità.

La definizione dei due gruppi di studio
Il CHAP Trial Consortium mirava a valutare se fosse utile e sicuro prescrivere farmaci per il controllo pressorio a donne in gravidanza con ipertensione cronica lieve, definita come PA < 160/100 mm Hg.

Lo studio, in aperto, ha arruolato – in 61 siti dal 2015 al 2021 – 2.408 donne incinte di gravidanze non gemellari in età gestazionale a 23 settimane di gravidanza. Le donne sono state assegnate in modo randomizzato a ricevere farmaci antipertensivi di prima linea raccomandati per l’uso in gravidanza con un target PA < 140/90 mm Hg (gruppo in trattamento attivo) o a non ricevere alcun trattamento a meno che non si sviluppasse ipertensione grave, definita come PA sistolica =/> 160/105 mm Hg o PA diastolica =/> 105 mm Hg (gruppo controllo).

Più della metà (56%) delle donne stava già ricevendo farmaci antipertensivi al basale. Alle donne nel gruppo di trattamento attivo sono stati prescritti labetalolo o nifedipina o altri farmaci come amlodipina o metildopa in base alle preferenze della paziente. Labetalolo (61,7%) e nifedipina (35,6%) sono stati quelli più frequentemente utilizzati.

Favorevoli gli esiti sia materni che fetali
Le donne che hanno ricevuto farmaci antipertensivi durante la gravidanza hanno avuto una ridotta incidenza dell’esito primario – un composito di preeclampsia grave, parto pretermine prima della 35a settimana, distacco della placenta e morte fetale o neonatale – che si è verificato nel 30,2% dei casi nel gruppo in trattamento attivo rispetto al 37% nel gruppo di controllo (rapporto di rischio aggiustato = 0,82; IC 95%, 0,74-0,92; P < 0,001).

Il numero necessario di pazienti da trattare (NNT, number-needed-to-tret) per prevenire uno di questi outcome era di 14,7, riportano gli autori. Per l’esito primario di sicurezza – peso alla nascita piccolo per l’età gestazionale, inferiore cioè al 10° percentile rispetto all’età gestazionale – l’incidenza è stata dell’11,2% nel gruppo in trattamento attivo rispetto al 10,4% nel gruppo di controllo (rapporto di rischio [RR] aggiustato = 1,04; IC 95%, 0,82-1,31; P = 0,76).

In riferimento ad altri risultati, l’incidenza di:

La morte materna è stata simile nei due gruppi e, nel complesso, rara. In generale, gli esiti cardiovascolari materni sono apparsi più favorevoli, anche se non significativamente migliori, tra le donne la cui ipertensione è stata trattata, specialmente per la morte materna, l’edema polmonare, l’insufficienza renale e i ricoveri in terapia intensiva. Lo stesso esito più favorevole è stato rilevato per le gravi complicanze neonatali.

Importanti implicazioni per la pratica clinica
«Concludiamo che questo studio supporta il trattamento dell’ipertensione cronica lieve in gravidanza a un target pressorio < 140/90 mm Hg, e in particolare la continuazione della terapia antipertensiva già stabilita. Studi a lungo termine chiariranno ulteriormente l’effetto del trattamento, compresi gli esiti materni e infantili» scrivono Tita e colleghi.

Bibliografia:
Tita AT, Szychowski JM, Boggess K, et al. Treatment for Mild Chronic Hypertension during Pregnancy. N Engl J Med. 2022;386:1781-92. doi: 10.1056/NEJMoa2201295. Link

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