Il Museo dell’Arte Salvata avrà sede a Roma, all’interno del Museo Nazionale Romano, nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano
Il Museo dell’Arte Salvata avrà sede a Roma, all’interno del Museo Nazionale Romano, nell’Aula Ottagona – più comunemente nota come Planetario – delle Terme di Diocleziano.
Il Museo – la cui costituzione è stata annunciata dal Ministro della cultura Dario Franceschini poche settimane fa, dopo l’ennesimo successo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) – sarà un luogo dove raccontare stabilmente il salvataggio dell’arte nelle sue diverse forme.
Fatto salvo il principio che ogni opera debba tornare al suo territorio di provenienza, il Museo dell’Arte Salvata vuole essere un luogo dove questi beni potranno transitare ed essere esposti al pubblico per un periodo di tempo delimitato: opere d’arte trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente e poi, finalmente, riportate a casa, per ricucire quel tassello rubato alla storia e al patrimonio nazionale.
Le restituzioni dovute alla diplomazia culturale o a seguito delle indagini del Comando Carabinieri TPC e del lavoro dei Caschi blu della cultura, il ritrovamento tra le macerie dei terremoti e in seguito agli interventi in caso di calamità naturali e conflitti, i salvataggi grazie ai grandi restauri, senza contare i recuperi fortuiti di antichità o dovuti agli scavi di emergenza per lavori pubblici e privati, i capolavori restaurati dall’Istituto Centrale per il Restauro (ICR): tutte queste opere d’arte troveranno nel Museo dell’Arte Salvata un approdo per un periodo durante il quale saranno esposte al pubblico prima di essere ricollocate nei musei di appartenenza.
“Opere d’arte trafugate, reperti archeologici dispersi, venduti o esportati illegalmente: si tratta di una perdita significativa per il patrimonio culturale di un paese, espressione della sua memoria storica e dei valori collettivi, nonché dell’identità di un popolo” – dichiara Dario Franceschini, Ministro della Cultura. “Tutelare e valorizzare queste ricchezze – prosegue – è un dovere istituzionale, ma anche un impegno morale: è necessario assumersi questa responsabilità nei confronti delle generazioni future, affinché possano conservare, con queste testimonianze, quel valore identitario che permette di riconoscersi in una storia culturale comune”.
“Tra le centinaia di opere che il Reparto Operativo TPC ha riportato dagli Stati Uniti nel 2021, spicca una serie di ceramiche e di terrecotte votive e architettoniche provenienti da diverse culture dell’Italia centrale e meridionale preromana. La prima mostra presentata al Museo dell’Arte Salvata, nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, è dedicata a una selezione di questi materiali di grande rilievo e costituisce la prima tappa di un percorso di ricerca e valorizzazione – chiosa Massimo Osanna, Direttore generale Musei – che riporterà, dopo la mostra, le opere nei territori di provenienza”.
“Siamo lieti di accogliere, in seno al Museo Nazionale Romano, il Museo dell’Arte Salvata che nasce per volontà del ministro Dario Franceschini e con l’impegno congiunto della Direzione generale Musei. Siamo entusiasti pure di questa prima esposizione che si è potuta realizzare grazie al Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e del loro operato fondamentale per il Paese e soprattutto per le opere d’arte. Auspico che il nuovo Museo accolga grandi progetti di mostre, fungendo da una parte da “porto sicuro”, per quelle opere che da qui ripartiranno per una collocazione definitiva, lontano da tutto ciò che può arrecar loro danno; dall’altra da “setaccio”, a separare per poi ricollocare al giusto posto, le stesse che saranno sottoposte a indagini per verificarne il grado di autenticità e provenienza: tutto questo per coglierne appieno l’importanza archeologica, storica e artistica dei tesori ritrovati ed esposti per la prima volta al pubblico al Museo Nazionale Romano, nel Museo dell’Arte Salvata” – aggiunge Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano.
“Proteggere il patrimonio culturale è la missione che ci è stata affidata, e ad essa per nulla al mondo vorremmo sottrarci. È una difesa necessaria oggi, come lo è stata in ogni tempo.
La tutela del patrimonio, rimessa all’articolo 9 della Costituzione, nella storia d’Italia ha avuto i più vari paladini. Ha coinvolto sovrani, pontefici e intellettuali. Dal 1969 il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale è fra i tenaci custodi delle nostre opere. Ammontano a più di tre milioni i beni riguadagnati e ciò che appare in questa esposizione è solo una parte del “bottino” rientrato con uno degli ultimi recuperi” – afferma Roberto Riccardi, Generale di Brigata, Comandante Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
LA PRIMA ESPOSIZIONE
In occasione dell’apertura al pubblico del Museo, saranno esposti i recenti ritrovamenti frutto delle attività di contrasto al traffico illecito di beni culturali svolta dal Reparto Operativo TPC, sempre sulle tracce dell’arte.
L’esposizione si fonda sugli oggetti che il Reparto Operativo TPC ha fatto rientrare dagli Stati Uniti d’America in un arco temporale compreso fra il dicembre 2021 e la scorsa settimana: un corpus imponente di opere con numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà.
Sono reperti che risalgono a diverse attività investigative condotte dai “Carabinieri dell’Arte” in collaborazione con le Autorità statunitensi, sequestrati presso direzioni museali, case d’asta e collezioni private in varie località d’oltreoceano. Avevano sopportato la consueta trafila dei traffici illeciti di settore: scavi clandestini, ricettazione, esportazione illecita. La restituzione all’Italia è avvenuta il 15 dicembre 2021 presso il Consolato generale di New York, ove alcuni pezzi sono rimasti in mostra per qualche mese.
Le opere, al termine dell’esposizione temporanea, grazie al coordinamento con la Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e al direttore generale dei musei dello Stato Massimo Osanna, saranno collocate tra il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, il Museo Nazionale Archeologico Cerite all’interno del Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia e lo stesso Museo Nazionale Romano.
Tra le opere esposte spiccano i reperti più antichi che risalgono all’epoca orientalizzante (VII sec. a.C.): provengono per lo più dall’Etruria meridionale ma anche dal Lazio, come la Giara (pithos) in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco (“white on red”) di produzione etrusca (Cerveteri) con scena mitologica dell’accecamento di Polifemo e animali (cavalli, felini) del terzo quarto del VII sec. a.C. (il coperchio è di pertinenza dubbia, vetrina 1) e il Cratere cerimoniale con quattro anse sormontate da coppette in ceramica d’impasto rosso sovra-dipinto in bianco (“white on red”) di produzione nord laziale (Crustumerium) con uccelli acquatici (VII sec. a.C., vetrina 10B).
Alla seconda metà dal VI sec. a.C. risalgono le anfore con scene figurate: alcune sono attiche e illustrano l’evoluzione stilistica di questo periodo, altre sono etrusche e coprono lo stesso arco cronologico come l’Anforetta etrusca a figure nere con guerrieri affrontati sulla pancia e occhioni sulla spalla (fine del VI sec. a.C., vetrina 4)
Le necropoli etrusche hanno restituito un’enorme quantità di ceramiche del VI e del V sec. a.C. Forse provengono proprio dall’Etruria gli esemplari recuperati dal Comando TPC negli Stati Uniti, anche se le origini precise sono sconosciute, come per l’opera esposta Coppa (kylix) attica a figure rosse con Dioniso (all’interno) e satiri con menadi (all’esterno) di inizio V sec. a.C. (vetrina 5)
Tra la seconda metà del V e la prima metà del IV sec. a.C. si sviluppano in Magna Grecia delle produzioni a vernice nera e figure rosse: in mostra il Cratere a forma di calderone (lebes) con scena di banchetto (symposion) con il gioco del kottabos (verso la metà del IV sec. a.C., vetrina 6) e il Piatto con due anse a figure rosse sovra-dipinte con maschera centrale sovra-dipinta e scena di guerra tra Greci e Amazzone (amazzonomachia) della seconda metà del IV sec. a.C. (vetrina 7), entrambi di produzione apula.
Da una grande stipe votiva, in un santuario non identificato dell’Etruria meridionale o del Lazio, proviene la Testa votiva in terracotta di produzione etrusco-laziale del IV sec. a.C., sulla quale si osservano alcune tracce di policromia che fanno rivivere i volti antichi (vetrina 10A).
Gli oggetti saranno in mostra fino al 15 ottobre 2022 e per l’occasione il Museo sarà aperto al pubblico dal martedì alla domenica, dalle ore 11 alle 18.