Diabete di tipo 2: la cura con inibitori SGLT2 comporta un rischio inferiore di esiti renali avversi rispetto ai DPP-4 inibitori
Nel diabete di tipo 2 l’uso degli SGLT2 inibitori è associato a un rischio inferiore di malattia renale allo stadio terminale e insufficienza renale acuta rispetto agli inibitori DPP-4, secondo i risultati di uno studio retrospettivo pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism.
«Queste due classi di farmaci, gli inibitori SGLT2 e DPP-4, sono antidiabetici di seconda linea di uso comune» ha detto l’autore senior Ching-Lung Cheung, professore associato nel dipartimento di farmacologia e farmacia presso la facoltà di medicina Li Ka Shing dell’Università di Hong Kong. «Dato che il diabete è associato a complicanze renali, il nostro studio suggerisce che l’utilizzo dei primi potrebbe proteggere i pazienti diabetici da esiti renali avversi rispetto agli inibitori della DPP-4».
La malattia renale diabetica è un onere importante tra i pazienti diabetici. È stato dimostrato che gli SGLT2 inibitori riducono gli esiti renali negli studi clinici negli studi nel mondo reale. Tuttavia il confronto testa a testa tra le varie classi di agenti ipoglicemizzanti hanno giustificato ulteriori indagini, hanno premesso gli autori.
Uno studio retrospettivo cinese
I ricercatori hanno condotto uno studio di coorte retrospettivo su persone con diabete di tipo 2 a cui sono stati prescritti inibitori SGLT2 o inibitori della DPP-4 tra il 2015 e il 2018 a Hong Kong. I dati sono stati ottenuti dall’Hospital Authority of Hong Kong’s Clinical Data Analysis and Reporting System.
I partecipanti che facevano uso di SGLT2 inibitori sono stati confrontati in rapporto 1:4 con quanti assumevano inibitori della DPP-4 utilizzando la corrispondenza del punteggio di propensione in base alla durata della precedente esposizione agli inibitori della DPP-4. L’incidenza di malattia renale allo stadio terminale (ESRD), albuminuria e insufficienza renale acuta sono state raccolte fino alla fine del periodo di follow-up, il 31 dicembre 2020. Il tasso di variazione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) è stato calcolato utilizzando misurazioni effettuate ogni 3 mesi dopo l’inizio del periodo di follow-up fino a 2 anni.
La coorte di studio comprendeva 6.333 utilizzatori di inibitori SGLT2 abbinati a 25.332 persone in trattamento con inibitori della DPP-4. Tra i primi il 71,3% assumeva dapagliflozin e il 27,4% empagliflozin. La coorte è stata seguita per una mediana di 3,8 anni.
Meno rischi renali con inibitori SGLT2
I partecipanti che utilizzavano gli inibitori SGLT2 avevano un rischio inferiore di ESRD (HR = 0,51, P<0,001) e insufficienza renale acuta (HR = 0,59, P<0,001) rispetto a quanti facevano uso di inibitori della DPP-4. Non è emersa nessuna differenza significativa nel rischio di albuminuria tra i due gruppi nell’analisi principale, ma nell’analisi di sensibilità che tiene conto del potenziale bias dovuto all’interruzione del farmaco, l’uso di un inibitore SGLT2 era associato a un rischio di albuminuria significativamente inferiore (HR = 0,5, P<0,001).
C’erano 617 coppie abbinate al punteggio di propensione incluse nell’analisi della variazione dell’eGFR. I partecipanti che utilizzavano inibitori SGLT2 avevano un tasso più basso di variazione dell’eGFR all’anno rispetto agli utilizzatori di inibitori DPP-4 (cambiamento medio -0,06 vs. -0,625 ml/min/1,73 m2, P<0,001).
Nell’analisi dei sottogruppi, l’uso dell’inibitore SGLT2 era associato a un rischio inferiore di ESRD sia per i partecipanti con un rapido declino dell’eGFR superiore al 4% all’anno che per quelli senza (P per l’interazione = 0,008). In un’altra analisi di sottogruppo che includeva solo i soggetti che usavano inibitori DPP-4 durante lo studio o prima del suo inizio, l’uso di SGLT2inibitori era significativamente associato a un rischio inferiore di ESRD (HR = 0,54, P<0,001) e insufficienza renale acuta (HR = 0,51, P<0,001) rispetto all’uso continuato di inibitori della DPP-4.
«Rispetto agli inibitori della DPP4, l’uso di SGLT2 inibitori è risultato associato a rischi ridotti di ESRD e insufficienza renale acuta e a un declino più lento dell’eGFR in un contesto reale. Le associazioni sono rimaste statisticamente significative nei pazienti con o senza un rapido declino dell’eGFR preindice» hanno concluso gli autori.
«Gli SGLT2inibitori sono considerati non solo farmaci antidiabetici, ma anche agenti di protezione cardiaca e renale» ha commentato Cheung. «Quindi lo studio del loro effetto pleiotropico è interessante e clinicamente significativo. Una recente meta-analisi di studi clinici randomizzati ha mostrato che il loro impiego potrebbe proteggere i pazienti diabetici dalla polmonite. Uno studio sul mondo reale pubblicato di recente, condotto dal mio dottorando, Philip Au, ha ulteriormente supportato questa scoperta. Pertanto ulteriori ricerche sull’effetto pleiotropico degli SGLT2inibitori utilizzando sia studi clinici che studi nel mondo reale dovrebbero avere un’importanza clinica».
Bibliografia
Au PCM et al. Association Between SGLT2 Inhibitors vs DPP4 Inhibitors and Renal Outcomes Among Patients With Type 2 Diabetes Get access Arrow. The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, dgac164.