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Tumore alla vescica: conferme per nivolumab adiuvante

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Tumore alla vescica: i dati dello studio di fase 3 CheckMate-274 dimostrano che nivolumab adiuvante aumenta la sopravvivenza

I pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio dopo chirurgia radicale sottoposti a un trattamento adiuvante con l’’anti-PD-1 nivolumab confermano di ottenere un miglioramento clinicamente significativo della sopravvivenza libera da malattia (DFS). Lo dimostrano i dati dell’ultimo follow-up dello studio di fase 3 CheckMate-274, presentati di recente al meeting annuale dell’American Urological Association.

Nivolumab adiuvante nuovo standard di cura
A un follow-up di ulteriori 5 mesi rispetto al precedente (che era di 5,9 mesi), nella popolazione Intent-To-Treat (ITT) i pazienti trattati con nivolumab hanno mostrato una DFS mediana raddoppiata rispetto ai pazienti del braccio di controllo, trattato con un placebo: 22,0 mesi contro 10,9 mesi (HR 0,70; IC al 95% 0,57-0,85). Inoltre, i tassi di DFS a 12 mesi sono risultati rispettivamente del 63,5% contro 46,9%.

«Questi risultati forniscono le evidenze per considerare il trattamento adiuvante con nivolumab come standard di cura per i pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio dopo la chirurgia radicale», scrivono gli altri autori dell’analisi, coordinati da Matthew Galsky, direttore dell’Oncologia medica e condirettore del Center of Excellence for Bladder Cancer presso il Tisch Cancer Institute del Mount Sinai Hospital di New York.

Proprio sulla base dei risultati dello studio CheckMate-274 nivolumab ha ottenuto lo scorso aprile l’approvazione della European medicines agency (Ema) per il trattamento adiuvante di pazienti adulti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo radicalmente resecato, ad alto rischio di recidiva e con espressione tumorale di PD-L1 ≥1%. Attualmente, il farmaco rappresenta la prima e unica opzione di trattamento immunoterapico adiuvante approvata in questo setting nell’Unione europea.

Lo studio CheckMate-274
CheckMate-274 (NCT02632409) è uno studio multicentrico internazionale, randomizzato e controllato, in doppio cieco, che ha coinvolto oltre 700 pazienti. I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento adiuvante con nivolumab 240 mg due volte a settimana oppure placebo per un massimo di un anno oppure fino alla comparsa di una recidiva o all’interruzione del trattamento. I pazienti eleggibili erano stati sottoposti a chirurgia radicale entro 120 giorni prima della randomizzazione, preceduta o meno da una terapia neoadiuvante con cisplatino, e sono stati stratificati in base all’espressione di PD-L1, allo stato linfonodale e all’aver effettuato o meno una precedente chemioterapia.

Gli endpoint primari dello studio includevano la DFS nella popolazione ITT e nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥ 1%. Gli endpoint secondari comprendevano, invece, la sopravvivenza libera da recidive fuori dal tratto uroteliale (non-urothelial tract recurrence-free survival, NUTRFS), la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza malattia-specifica, mentre la sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS) era un endpoint esplorativo.

Le caratteristiche di base dei pazienti erano ben bilanciate nei due bracci. L’età mediana era di 65,3 anni nel bracco nivolumab (range: 30-92) e 65,9 anni (range: 42-88) nel braccio placebo. Inoltre, la maggior parte dei pazienti di entrambe le coorti era di sesso maschile (rispettivamente, 75,1% e 77,2%), di razza bianca (74,8% e 76,4%) e con un performance status ECOG pari a 0 (63,5% e 62,1%).

Beneficio di DFS maggiore con PD-L1 ≥ 1%
Il beneficio di DFS è risultato ancora più marcato nei pazienti che presentavano un’espressione tumorale di PD-L1 ≥ 1%. Infatti, la DFS mediana non è stata raggiunta (NR) (IC al 95% 22,1-non valutabile [NE]) nel braccio trattato con nivolumab (140 pazienti), mentre è risultata di 8,4 mesi nel braccio di controllo (142 pazienti; HR 0,53; IC al 95% 0,38-0,75). Inoltre, i tassi di DFS a 12 mesi sono risultati rispettivamente del 67,6% contro 46,3%.

Il trattamento adiuvante con nivolumab ha mostrato di fornire un beneficio di DFS anche in altri sottogruppi. Infatti, il prolungamento della DFS nei pazienti trattati con l’immunoterapia adiuvante è stato riscontrato indipendentemente da età, sesso, performance status ECOG, stato linfonodale e trattamento precedente o meno con una chemioterapia a base di cisplatino.

Altri benefici di sopravvivenza con nivolumab adiuvante
Il trattamento adiuvante con l’anti-PD-1 ha dimostrato di offrire un beneficio significativo anche su altri endpoint di sopravvivenza.

Nei pazienti trattati con nivolumab, per esempio, è stata osservata una NUTRFS doppia rispetto ai pazienti trattati col placebo: la mediana, infatti, è risultata di 26,0 mesi contro 13,7 mesi (HR 0,71; IC al 95% 0,58-0,88). Inoltre, nei pazienti con espressione tumorale di PD-L1 ≥ 1% la NUTRFS mediana non è stata raggiunta nel braccio assegnato a nivolumab, a fronte di 10,8 mesi nel braccio di controllo (HR 0,54; IC al 95% 0,38-0,77).

I dati hanno evidenziato anche un beneficio di DMFS nei pazienti trattati con nivolumab, sia nella popolazione ITT sia nel sottogruppo con PD-L ≥ 1%. Precisamente, nella popolazione complessiva la DMFS mediana è risultata rispettivamente di 41,1 mesi contro 29,2 mesi (HR 0,73; IC al 95% 0,58-0,92), mentre nel gruppo di pazienti con PD-L ≥ 1% la DMFS mediana non è stata raggiunta nel braccio trattato con nivolumab, mentre è risultata di 20,7 mesi (HR 0,60; IC al 95% 0,41-0,88) nel braccio placebo.

La sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, i dati sono risultati valutabili in 351 pazienti nel braccio sperimentale e 348 nel braccio placebo.

Gli eventi avversi di qualsiasi causa e grado hanno mostrato un’incidenza rispettivamente del 98,9% e 95,4%. Gli eventi indesiderati comuni di qualsiasi grado sono stati prurito (23,1%), affaticamento (17,4%) e diarrea (16,8%) nel braccio nivolumab e affaticamento (12,1%), prurito (11,5%) e diarrea (10,9%) nel braccio placebo.

Gli eventi avversi correlati al trattamento più comuni nel gruppo trattato con l’immunoterapia sono stati polmonite (1,7%), rash (1,1%) e colite (0,9%). Inoltre, nel gruppo assegnato a nivolumab sono deceduti due pazienti, entrambi per polmonite

Infine, gli eventi avversi correlati al trattamento di qualsiasi grado che hanno richiesto l’interruzione del trattamento hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 12,8% contro 2,0%.

Bibliografia
M. Galsky M, et al. Disease-free survival with longer follow-up from the CheckMate 274 trial of adjuvant nivolumab in patients after surgery for high-risk muscle-invasive urothelial carcinoma. J Urol. 2022;207(suppl 5):e183. Link

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