Uno studio pluriennale pubblicato sulla rivista JCI Insight indaga il ruolo dei batteri intestinali Escherichia coli nella malattia di Crohn
Uno studio pluriennale pubblicato sulla rivista JCI Insight sul ruolo dei batteri intestinali Escherichia coli nella malattia di Crohn ha rilevato che l’infiammazione intestinale libera sostanze chimiche che favoriscono la crescita dei batteri e promuovono la loro capacità di alimentare l’infiammazione. I risultati identificano nuove strade per trattamenti in grado di bloccare selettivamente i composti che alimentano questi microrganismi.
Lo studio si è concentrato sulla malattia di Crohn ileale, una patrologia infiammatoria intestinale che colpisce l’ultima parte dell’intestino tenue. Un particolare tipo di E. coli, chiamato AIEC (adherent and invasive E.coli), che si attacca e invade le cellule epiteliali coltivate dall’intestino e si replica nei macrofagi, è stato isolato dal 21 al 63% dei pazienti con malattia di Crohn ileale, portando i ricercatori a sospettare che il batterio svolga un ruolo chiave nel processo della malattia.
I ricercatori guidati da Shiying Zhang, ricercatore associato presso il College of Veterinary Medicine, hanno adottato un approccio multidisciplinare basato sul paziente per identificare i fattori riscontrati nei pazienti associati all’AIEC ileale e il loro impatto sulla crescita e sulla virulenza del batterio.
«Questo studio ci offre una nuova tabella di marcia basata sui pazienti su cosa prendere di mira per impedire all’E. coli associato al Crohn di crescere e favorire l’infiammazione» ha affermato l’autore senior Kenneth Simpson, professore presso il Dipartimento di Clinical Sciences presso il College of Veterinary Medicine e la Weill Cornell Medicine a New York City.
L’infiammazione favorisce lo sviluppo di batteri ostili
Si sospetta che difetti genetici, dieta e batteri intestinali svolgano un ruolo nella malattia di Crohn. Gli studi hanno dimostrato che l’infiammazione e la composizione del microbioma intestinale sono interconnesse, in modo tale che quando l’intestino è infiammato il microbioma si modifica e si popola di batteri ostili come E. coli.
Il team di ricerca ha caratterizzato il microbioma ileale, l’ambiente chimico e i batteri coltivabili, insieme alla predisposizione genetica dei pazienti con e senza malattia di Crohn. L’obiettivo era comprendere il motivo per cui l’infiammazione intestinale favorisce la transizione dell’E.coli da simbionte a microrganismo patogeno.
«La nostra ipotesi era che questo tipo di batterio potesse utilizzare sostanze generate dall’infiammazione intestinale per crescere e predominare su altre popolazioni batteriche» ha detto Simpson. «Essenzialmente abbiamo scoperto che la mucosa ileale fornisce un ampio menu di sostanze chimiche che l’AIEC può mescolare e abbinare per crescere e sviluppare la sua virulenza».
Il batterio si è adattato per sfruttare l’infiammazione
I ricercatori hanno determinato che l’infiammazione crea un ambiente chimico arricchito in una serie di metaboliti, in particolare fosfolipidi e aminoacidi, che l’E.coli associato al Crohn può utilizzare selettivamente per crescere, produrre energia, resistere allo stress ossidativo e spostarsi verso la mucosa intestinale.
Hanno poi collegato il metabolismo alla virulenza e stabilito che l’etanolamina e la glutammina miglioravano la motilità, l’infettività e le risposte proinfiammatorie in vitro dell’AIEC, accentuandone il comportamento aggressivo nelle cellule in coltura, e hanno collegato l’uso di etanolamina all’infiammazione intestinale in un modello di malattia infiammatoria intestinale.
Ricerche precedenti hanno identificato che le persone con malattia di Crohn ileale hanno difetti nei geni che compromettono la capacità dei macrofagi di eliminare l’AIEC. Lo studio attuale ha collegato la sopravvivenza del batterio nell’intestino alla sua capacità di replicarsi all’interno dei macrofagi. «L’AIEC è davvero resistente e la sua capacità di sopravvivere nell’intestino infiammato, dove altri batteri muoiono, può anche consentirgli di prosperare all’interno dei macrofagi di un individuo suscettibile al Crohn» ha spiegato Simpson.
I ricercatori hanno anche scoperto che l’E. coli in molte persone con Crohn è resistente a più classi di antibiotici e ritengono che l’uso indiscriminato di antimicrobici possa promuovere lo sviluppo dell’E. coli intestinale e dei batteri correlati.
«Nel complesso abbiamo stabilito che l’AIEC si è adattato per utilizzare i metaboliti della mucosa associati alla salute e all’infiammazione per la crescita e la virulenza, consentendo il passaggio da simbionte a patogeno in un ospite suscettibile» hanno concluso gli autori.
Bibliografia
Zhang S et al. Mucosal metabolites fuel the growth and virulence of E. coli linked to Crohn’s disease. JCI Insight. 2022 May 23;7(10):e157013.