Tumore al polmone: aggiungere l’anti-CD73 oleclumab o l’anti-NKG2A monalizumab al consolidamento con durvalumab migliora gli outcome clinici
In pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile aggiungere l’anti-CD73 oleclumab o l’anti-NKG2A monalizumab al consolidamento con durvalumab migliora gli outcome clinici rispetto al solo durvalumab. A suggerirlo sono i risultati di un’analisi ad interim dello studio di fase 2 COAST, pubblicata di recente sul Journal of Clinical Oncology.
In particolare, combinare durvalumab con oleclumab oppure monalizumab ha prodotto un aumento sia del tasso di risposta obiettivo (ORR) sia della sopravvivenza libera da progressione (PFS), che sono risultati il doppio rispetto alla monoterapia con durvalumab.
I presupposti dello studio
Il trattamento di consolidamento con l’inibitore di PD-L1 durvalumab dopo la chemioradioterapia rappresenta attualmente uno standard di cura per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III, non resecabile.
Tuttavia, spiegano gli autori dello studio, un’ulteriore modulazione del sistema immunitario con una terapia di combinazione potrebbe estendere il beneficio a più pazienti.
A tal fine, sulla base di risultati positivi di studi precedenti, nello studio COAST i ricercatori hanno provato a combinare durvalumab con due anticorpi monoclonali sperimentali: oleclumab, che inibisce la funzione del cluster di differenziazione 73 (CD73).un enzima presente sulla superficie delle cellule cancerose e immunitarie coinvolto nella conversione dell’adenosina monofosfato in adenosina extracellulare, che ha un effetto immunosoppressivo sul microambiente tumorale, e monalizumab, che si lega in modo specifico e con alta affinità al recettore inibitorio NKG2A, con un effetto finale di soppressione dei segnali inibitori e di potenziamento dell’immunità antitumorale.
Lo studio COAST
Lo studio COAST (NCT03822351) ha arruolato e trattato 186 pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio III non resecabile che non presentavano progressione della malattia dopo una chemioradioterapia concomitante (cCRT).
Entro 42 giorni dalla cCRT, i pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1:1 al trattamento con uno dei seguenti regimi: solo durvalumab (66), durvalumab più oleclumab (59) o durvalumab più monalizumab (61) per un massimo di 12 mesi.
L’endpoint primario dello studio era l’ORR confermato dallo sperimentatore secondo i criteri RECIST v1.1, mentre rientravano fra gli endpoint secondari la sicurezza, la durata della risposta, il tasso di controllo della malattia, la PFS valutata dallo sperimentatore secondo i criteri RECIST v1.1, il tasso di PFS a 12 mesi e la sopravvivenza globale (OS).
Le caratteristiche della popolazione
La popolazione dello studio aveva un’età mediana di 65 anni (range: 37-87) e per la maggior parte (84,1%) era composta da pazienti di razza bianca, di sesso maschile (68,3%) e fumatori o ex fumatori (93,1%). Il 42,9% dei pazienti presentava inoltre istologia squamosa e il 45,5% malattia non resecabile in stadio IIIA. La maggior parte dei pazienti (89,9%) è stata assegnata alla terapia di consolidamento in modo casuale a partire dal quattordicesimo giorno dopo la radioterapia, mentre il 34,9% aveva ricevuto cisplatino in precedenza.
PFS migliorate con le combinazioni
A un follow-up mediano di 11,5 mesi (range: 0.4-23.4), i pazienti nei bracci trattati con le combinazioni hanno fatto registrare un miglioramento significativo della PFS, sia nel caso dell’aggiunta di oleclumab (HR 0,44; IC al 95% 0,26-0,75) sia in quello dell’aggiunta di monalizumab (HR 0,42; IC al 95% 0,24-0,72), rispetto a durvalumab in monoterapia.
La PFS mediana non è stata raggiunta nel braccio trattato con durvalumab più oleclumab, mentre è risultata di 15,1 mesi nel braccio assegnato a durvalumab più monalizumab, a fronte di 6,3 mesi nel braccio del solo durvalumab. Inoltre, i tassi di PFS a un anno sono risultati rispettivamente del 62,6% e 72,7% con le combinazioni contro 33,9% con la monoterapia.
Anche l’ORR è aumentato nei bracci trattati con durvalumab più oleclumab oppure monalizumab (più che raddoppiato in quest’ultimo caso) rispetto al solo durvalumab: 30,0% e 35,5% contro 17,9%.
La durata mediana della risposta, invece, non è stata raggiunta in nessun braccio.
Profilo di sicurezza
La sicurezza è risultata simile in tutti e tre i bracci e non sono stati identificati segnali di sicurezza nuovi o significativi con nessuna delle due combinazioni.
Eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati nel 40,7% dei pazienti nel braccio oleclumab, nel 27,9% di quelli del braccio monalizumab e nel 39,4% di quelli del braccio trattato con la monoterapia.
Nei bracci trattati con le combinazioni, gli eventi avversi emergenti durante la terapia più frequenti sono stati tosse, dispnea, polmonite, astenia e prurito
Nel corso dello studio sono stati segnalati quatto decessi correlati al trattamento: due dovuti a polmonite e polmonite da radiazioni nel braccio trattato con il solo durvalumab, uno dovuto a polmonite nel braccio oleclumab e uno per infarto miocardico nel braccio monalizumab.
Le conclusioni
«Per quanto ne sappiamo, COAST è il primo studio randomizzato di fase 2 a dimostrare un miglioramento dei risultati clinici con le nuove combinazioni di immunoterapici in questo setting», concludono i ricercatori.
Queste combinazioni sono attualmente in corso di valutazione nel trial di fase 3 PACIFIC-9 (NCT05221840).
Bibliografia
R. Herbst, et al. COAST: An open-label, phase II, multidrug platform study of durvalumab alone or in combination with oleclumab or monalizumab in patients with unresectable, stage III non–small-cell lung cancer. J Clin Oncol. 2022 Apr 22:JCO2200227. doi: 10.1200/JCO.22.00227. Link