Nuovi dati presentati al Congresso EULAR 2022 mostrano tassi più elevati di morbilità fetale e materna severa nelle donne con lupus o spondiloartriti
In apertura dei lavori del congresso annuale EULAR (che coincide con il 75esimo anniversario di fondazione della società scientifica paneuropea e internazionale), particolare rilievo è stato dato ad alcuni studi sul tema della gravidanza e dei rischi associati nelle donne affette da malattie reumatologiche.
Come è già noto, alcuni studi hanno già documentato un innalzamento del rischio di outcome avversi sia in gravidanza che a livello neonatale in pazienti affette da alcune patologie reumatologiche e sistemiche autoimmuni, quali l’artrite reumatoide (AR), l’artrite psoriasica (PsA) e il lupus eritematoso sistemico (LES).
Nuovi dati presentati al Congresso EULAR 2022 mostrano tassi più elevati di morbilità fetale e materna severa nelle donne con lupus rispetto a quelle non affette da malattia.
Non solo: un innalzamento del rischio di outcome avversi in gravidanza è stato documentato anche in pazienti affette da spondiloartriti (SpA), mentre quanto già osservato nelle pazienti con AR sembra essere associato all’impiego di steroidi.
Presi nel complesso, i dati di questi studi saranno utili ai clinici per una migliore gestione delle pazienti affette da malattie reumatologiche ai fini di un’attenta pianificazione della gravidanza che, sottolineiamo, è oggi possibile anche nelle donne affette da malattie reumatologiche, adottando alcuni accorgimenti e sotto stretta supervisione medica.
Lo studio sul lupus
Il LES è una patologia ad eziologia autoimmunitaria che colpisce generalmente le donne in età fertile. Alcune evidenze sottolineano come la mortalità materno-fetale si sia ridotta nel corso degli anni in queste pazienti, mentre si sa ancora poco sulle comorbilità.
Il lavoro presentato al Congresso è uno studio retrospettivo Usa, condotto su 50.000 pazienti con LES e ricoverate per partorire, che si è proposto di determinare, nel corso di un decennio, la proporzione di morbilità materno-fetali in donne con LES che avevano partorito rispetto a donne non affette da malattia che avevano portato a termine la gravidanza.
I ricercatori hanno attinto ai dati del “the National Inpatient Sample database” per identificare tutti i ricoveri ospedalieri per paro delle pazienti con e senza LES dal 2008 al 2017.
Tra gli indicatori di morbilità fetale considerati vi erano il parto pre-termine e la restrizione di crescita intrauterina. Sono stati poi indentificati, utilizzando la definizione standard dei CDC Usa, 21 indicatori di morbilità materna severa, come outcome inattesi legati al parto con conseguenze a breve o a lungo termine sulla salute della donna.
Su un totale di 40 milioni di ricoveri ospedalieri per parto registrati nel database summenzionato, 51.161 pazienti (10.297 sottopeso) erano affette da LES.
Dall’analisi dei dati è emerso che le pazienti con LES erano in età più avanzata e si caratterizzavano per un numero maggiore di comorbilità rispetto alle pazienti non affette da malattia lupica.
Le pazienti con LES si sono caratterizzate per un rischio maggiore di morbilità fetale – dalla restrizione della crescita intrauterina (8% vs. 2,7%) al parto pre-termine (14,5% vs. 7,3%), rispetto alle pazienti non affette da LES.
Tra gli indicatori di morbilità materna in base alla definizione standard dei CDC Usa, è emerso che le pazienti con LES correvano rischi maggiori di andare incontro a trasfusione di sangue, disodini cerebrovascolari legati al puerperio, insufficienza renale acuta, eclampsia, disturbi vascolari periferici rispetto alle pazienti non lupiche.
Lo studio sulle spondiloartriti
Gli studi sui rischi in gravidanza delle donne affette da SpA attualmente esistenti hanno dato risultati contrastanti: in alcuni di questi è stato effettivamente documentato un incremento dei rischi legati alla gravidanza, mentre in altri non è stato possibile confermare l’esistenza di differenze significative tra le donne affette o meno da SpA.
Il lavoro svedese presentato al Congresso si è proposto di valutare il rischio di outcome avversi materno-infantili in pazienti affette da SpA rispetto alla popolazione generale.
A tal scopo, i ricercatori hanno messo insieme i dati di un registro nazionale delle nascite relativi al periodo aprile 2007-dicembre 2019 con quelli del registro nazionale pazienti, focalizzando l’attenzione sulle gravidanze portate a termine da donne con diagnosi di spondilite anchilosante (SA) o SpA indifferenziata.
Il dato relativo a ciascuna gravidanza portata a termine da donne con diagnosi di SA o SpA indifferenziato è stato incrociato, in base all’anno di nascita, all’età della madre e al numero di gravidanze con quello relativo a 10 gravidanze portate a termine in donne non affette da artrite infiammatoria cronica al tempo del parto (gruppo di controllo).
Dai risultati è emerso che le donne con SpA (n=1.394) erano a maggior rischio di andare incontro ad alcuni outcome avversi rispetto alla popolazione generale (n=13.932).
Nello specifico, le donne con SpA era a maggior rischio di insorgenza di diabete gestazionale (aRR=1,88 [IC95%=1,10; 2,56]), parto Cesareo elettivo e di emergenza (aRR= 1,54 [IC95%=1,32; 1,79] e 1,23 [IC95%= 1,02; 1,48], rispettivamente), e a parto moderatamente pre-termine (aRR= 1,52 [IC95%= 1,18; 1,97]) (NdR. età gestazionale= 32-36 settimane).
I ricercatori hanno anche documentato l’esistenza di una associazione sia con la nascita pre-termine spontanea, sia con quella indicata a livello medico; l’incremento del rischio, tuttavia, ha raggiunto la significatività statistica solo per le nascite pre-termine spontanee.
E’ stato osservato anche un innalzamento del rischio di preeclampsia; anche in questo caso, tuttavia, non è stata raggiunta la significatività statistica (aRR= 1,32; [IC95%=0,96; 1,81]).
I neonati partoriti da madri affette da SpA non erano a maggior rischio di essere SGA (NDR: piccoli per età gestazionale= sono quei neonati che presentano un peso e/o una lunghezza alla nascita inferiore al peso normale, raggiunto dalla maggioranza dei neonati della stessa settimana di gravidanza).
Al contrario, è leggermente aumentato in questi neonati il rischio di contrarre infezioni durante il primo anno di vita (aRR=1,23 [IC95%=0,98; 1,53]).
Lo studio sull’artrite reumatoide
Le limitate informazioni disponibili sull’impatto dell’AR e del trattamento di questa condizione sulla gravidanza hanno sollecitato la messa a punto di questo studio francese che si è proposto di determinare i fattori associati con gli outcome avversi in gravidanza nelle donne affette dalla malattia.
A tal scopo, i ricercatori hanno incluso nello studio tutte le pazienti con AR di una coorte nazionale multicentrica (GR2) relativamente al periodo 2015-2021.
Costituivano motivo di inclusione delle pazienti nello studio o il desiderio di maternità (periodo pre-concezionale) o l’essere già in gravidanza (<12 settimane di gestazione).
L’outcome principale dello studio era rappresentato da un outcome favorevole di gravidanza (un endpoint composito definito da una nascita al termine ≥ 37 settimane di gestazione di un neonato sano con un peso superiore al decimo percentile.
L’attività di malattia era definita da un punteggio DAS28-CRP>3,2 almeno una volta durante la gravidanza.
Su un totale di 167 gravidanze osservate in pazienti con AR della coorte in studio, ne sono state considerate 92 per l’analisi dell’outcome ostetrico. Di queste, 43 (46,2%), 8 (7,9%) e 40 (43,5%) erano state esposte, rispettivamente, a trattamento con corticosteroidi, FANS e farmaci biologici almeno una volta durante la gravidanza.
E’ stata documentata un’attività di malattia moderata-severa almeno una volta durante la gestazione in 20 donne (21,8%).
Ottantatre donne (90,2%) hanno dato alla luce bimbi sani; in 69 casi (83,1%) si sono avuti parti a termine. In 9 donne (0,1%) si sono avuti aborti spontanei precoci, mentre in 22 casi (23,9%) si è dovuto ricorrere al parto Cesareo.
Considerando l’outcome principale dello studio, questo è stato soddisfatto nel 56,5% delle pazienti dello studio (n=52).
Un outcome sfavorevole di gravidanza era prevalentemente dovuto alla condizione di prematurità o di nascita di bimbi SGA, osservate rispettivamente in 14 (16,9%) e 17 (20,5%) casi.
Da ultimo, i risultati di un’ analisi multivariata corretta in base all’età, al BMI, alla nulliparità, al riscontro di malattia attiva durante alla gravidanza, al fumo e all’esposizione al trattamento con farmaci biologici e corticosteroidi in gravidanza, ha rilevato l’esistenza di un’associazione tra un outcome sfavorevole di gravidanza e:
– La nulliparità (OR=6,2; IC95% [2,1-17,8] p = 0,002)
– L’età (OR (per anno)=1,1; IC95% [1.0-1.3] p = 0,02)
– L’esposizione ai corticosteroidi in gravidanza (OR=3,2 IC95% [1,1-9,6] p = 0,04)
Aderenza ai farmaci reumatologici in gravidanza
Uno studio italiano condotto dall’Unità di Reumatologia presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale di Pisa si è proposto di valutare il livello di aderenza ai farmaci in pazienti in gravidanza affette da patologie sistemiche autoimmuni in confronto a pazienti affetti da queste patologie ma non in gestazione, identificando i fattori determinanti di ridotta aderenza alla terapia.
Lo studio è partito dalla constatazione che, se la ridotta aderenza ai farmaci rappresenta un problema ben noto nella gestione dei pazienti affetti da patologie sistemiche autoimmuni, non vi sono ancora oggi dati sufficienti sull’aderenza ai farmaci in questione in gravidanza, soprattutto nelle pazienti con gravidanze a rischio elevato.
A tal scopo, i ricercatori hanno reclutato pazienti in gestazione o non in gestazione, con diagnosi definitiva di patologia sistemica autoimmune. Le donne in gestazione sono state prese in carico mediante applicazione di uno stretto protocollo di monitoraggio per le gravidanze a rischio elevato, con un controllo della terapia effettuata a cadenza mensile.
Al reclutamento, sono stati raccolti i dati seguenti:
– Caratteristiche epidemiologiche e demografiche
– Durata di malattia
– Tipologia farmaci utilizzati
Tutte le pazienti dello studio hanno completato in forma anonima il questionario MMAS-8 (the 8-item Morisky Medication Adherence Scale) e il questionario HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale) per valutare la presenza di ansia e depressione.
Con riferimento al questionario MMAS-8, è stata valutata l’aderenza all’idrossiclorochina e ad altri DMARD, separatamente.
I ricercatori hanno considerato un punteggio ≥ 6 come indicatore di una buona aderenza al trattamento.
Lo studio ha preso in considerazione 80 pazienti in gestazione e 72 non in gestazione e i risultati hanno mostrato che il punteggio MMAS-8 era significativamente più elevato nelle donne i gravidanza sia per quanto riguarda HCQ (p=0,039) che gli altri DMARD (p=0,018). Anche il tasso di pazienti con buona aderenza al trattamento è risultato più elevato nelle pazienti in gestazione con HCQ (76% vs. 57,6%; p=0,044).
Il tasso di pazienti con buona aderenza al trattamento con gli altri DMARD è risultato più elevato, ancora una volta, nelle pazienti in gestazione (74,6% vs. 61,7%), anche se in questo caso non è stata raggiunta la significatività statistica.
Sia le caratteristiche demografiche che quelle cliniche come il numero di farmaci utilizzati non sembra aver influenzato l’aderenza al trattamento.
Cinquanta pazienti (32,8%) hanno sofferto di ansia, e questo disturbo è risultato essere un determinante significativo di ridotta aderenza alla terapia in tutti i gruppi in studio.
Per contro, la depressione non sembra aver avuto un impatto sulla aderenza alla terapia in nessuno dei gruppi di pazienti considerate.
Nel complesso, le pazienti in gestazione affette da patologie sistemiche autoimmuni presentano una buona aderenza ai farmaci prescritti; ciò nonostante, una paziente su 4 non assume le terapie in modo adeguato nonostante lo stretto monitoraggio al quale sono state sottoposte in una struttura clinica dedicata alle gravidanze a rischio elevato e un’adeguata opera di pianificazione alla gestazione.
Bibliografia
1) Mehta B, et al. The management of pregnancy in autoimmune rheumatic diseases: analysis of 758 pregnancies. Presented at EULAR 2022; abstract 3226; presentation number OP0124.
2) Morin M, et al. Are women with spondyloarthritis at increased risk of adverse maternal and infant outcomes? – A Swedish cohort study. Presented at EULAR 2022; abstract 292; presentation number OP0126.
3) Hamroun S, et al. Unfavorable pregnancy outcome is significantly associated with corticosteroid exposure during pregnancy in women with rheumatoid arthritis. Presented at EULAR 2022; abstract 4496; presentation number OP0127.
4) Zucchi D, et al. Adherence to medications during pregnancy in systemic autoimmune disease. Presented at EULAR 2022; abstract 2846; presentation number OP0128.