ENEA entra nella nuova alleanza europea per la ricerca sulla radioprotezione. La partnership si chiama “PIANOFORTE”
ENEA entra nella nuova alleanza europea per la ricerca sulla radioprotezione. La partnership si chiama ‘PIANOFORTE[1]’ e ha un budget di 46 milioni di euro, di cui il 65% finanziato dal programma Euratom dell’Unione europea e il resto dagli Stati membri. Coordinata dall’Istituto francese per la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare (IRSN), riunisce 58 partner in rappresentanza di 22 Paesi dell’Unione europea, Regno Unito e Norvegia e sei piattaforme di ricerca Ue in materia di radioprotezione[2]. Il suo obiettivo è quello di migliorare la protezione dei cittadini e dell’ambiente dall’esposizione naturale, professionale e medica alle radiazioni ionizzanti[3].
“Per i prossimi cinque anni ENEA rappresenterà l’Italia per conto del Ministero della Transizione Ecologica all’interno dell’alleanza e il suo ruolo sarà quello di program manager. Si tratta di una partecipazione strategica per la programmazione della ricerca radioprotezionistica a livello europeo a breve e medio termine. La nostra presenza nel partenariato ci permetterà di partecipare ai prossimi bandi di ricerca e di avere nuove opportunità di finanziamento. Con la precedente partnership, ‘CONCERT’, che si è conclusa nel 2020, ENEA ha ottenuto un finanziamento di 1,7 milioni di euro, pari al 40% del valore complessivo dei due progetti a cui abbiamo preso parte”, sottolinea Simonetta Pazzaglia, ricercatrice del Laboratorio Tecnologie Biomediche e responsabile per ENEA di PIANOFORTE.
Oltre a migliorare le conoscenze e a promuovere l’innovazione e la sicurezza nel campo della radioprotezione, questa partnership mira a contribuire alle prioritarie politiche europee in materia di salute e ambiente, come la lotta contro il cancro (Europe Beating’s Cancer action plan), la protezione della salute dai rischi ambientali (European Green Deal) e, infine, una migliore preparazione a potenziali eventi radiologici o incidenti nucleari (European action plan on the Sendai Framework for disaster risk reduction).
Nell’ambito di questa partnership, tra il 2023 e il 2025, saranno organizzati almeno tre bandi di ricerca rivolti all’intera comunità scientifica europea, che si concentreranno su quattro temi: la radioprotezione dei pazienti in relazione all’uso delle radiazioni ionizzanti in campo medico (in particolare, la protonterapia); la variabilità della risposta individuale all’esposizione alle radiazioni ionizzanti, anche in relazione al genere e all’età; l’esposizione cronica a basse dosi di radiazioni ionizzanti; il miglioramento della capacità di risposta in situazioni di crisi nucleari o radiologiche e la gestione del post-incidente. Questo sistema di “open call for proposal” promuoverà l’eccellenza nella scienza, creando conoscenze di alto livello qualitativo e favorendo l’ampliamento della partnership con la partecipazione di enti e istituti specializzati.
“Tra gli obiettivi di ‘PIANOFORTE’ – a cui anche noi di ENEA contribuiremo – ci sarà anche l’aggiornamento della Joint Roadmap per la ricerca sulla radioprotezione pubblicata nel 2020. Il lavoro terrà conto di una molteplicità di fattori, come i progressi compiuti dalla ricerca e dalla tecnologia in campo medico, le nuove politiche energetiche, i cambiamenti climatici e ambientali e le nuove ‘esigenze’ espresse dalla società civile”, conclude Pazzaglia.
[1] PIANOFORTE – Partnership for European research in radiation protection and detection of ionizing radiation: towards a safer use and improved protection of the environment and human health
[2] MELODI, EURADOS, EURAMED, NERIS, ALLIANCE e SHARE
[3] Le radiazioni ionizzanti sono radiazioni elettromagnetiche o corpuscolari dotate di sufficiente energia per “ionizzare” la materia che attraversano, cioè per mettere in moto un gran numero di particelle elettricamente cariche. Secondo le stime della National Academy of Science americana l’82% delle radiazioni a cui ciascun individuo è mediamente esposto proviene da fonti naturali, come ad esempio il gas Radon. Il restante 18%, derivante da attività umane, è dovuto principalmente a procedure mediche che impiegano raggi X, e solo in minore parte all’uso di prodotti di consumo, alla medicina nucleare, a motivi professionali o a fallout/fuoriuscite nucleari.