Svolta nella cura dei tumori solidi con BRAF mutato V600E. L’FDA ha approvato l’uso combinato di dabrafenib (Tafinlar) più trametinib (Mekinist)
Svolta nella cura dei tumori solidi con BRAF mutato V600E. La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato l’uso combinato di dabrafenib (Tafinlar) più trametinib (Mekinist) per il trattamento di pazienti adulti e pediatrici di età pari o superiore a 6 anni con tumori solidi non resecabili o metastatici con una mutazione BRAF V600E. Una decisione che rivoluziona il mondo della pratica clinica e che di fatto riconosce l’esistenza del ‘BRAFoma’ cioè “un bersaglio da trattare con le terapie a prescindere dal tipo di tumore solido”, come spiega Giuseppe Palmieri, past president dell’Intergruppo melanoma italiano (Imi), professore ordinario oncologia medica all’Università di Sassari e responsabile sede di Sassari dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Cnr, che ha partecipato alla scoperta di questo gene e per primo ha studiato questa mutazione e le sue implicazioni.
Le mutazioni BRAF sono state identificate come fattori trainanti di crescita in più di 20 diversi tipi di tumori solidi, compresi i tipi di cancro rari che possono essere difficili da studiare negli studi di fase III e che spesso hanno opzioni di trattamento limitate. In particolare, studi multicentrici internazionali di cui IMI ha fatto parte, hanno iniziato a studiare la mutazione BRAF V600E all’inizio degli anni 2000 e un lavoro pubblicato su Nature nel 2002 dimostrava che era responsabile di circa il 66% dei melanomi maligni e, a frequenza più bassa, in una vasta gamma di altri tumori nell’uomo. “Oggi sappiamo – afferma Palmieri – che la variante V600E è responsabile fino al 90% dei tumori con mutazione BRAF”.
In questo contesto dabrafenib/trametinib è la prima e unica combinazione di inibitori BRAF/MEK ad essere approvata con indicazione tumore-agnostica ed è l’unica combinazione di inibitori BRAF/MEK approvato per l’uso in pazienti pediatrici.
“Una decisione storica – commenta Palmieri – perché riconosce l’esistenza del “BRAFoma” cioè di tumori accomunati dalla presenza dello stesso marcatore, indipendentemente dalla sede anatomica della neoplasia, e che di fatto rende questa mutazione un bersaglio da trattare al posto del tumore solido, di qualsiasi tipo esso sia, compresi quelli rari orfani di farmaci”. E continua: “Nei nostri studi abbiamo sempre sostenuto che si potesse trattare la mutazione e non il tumore. Malgrado sapessimo che BRAF V600E fosse tipico del melanoma eravamo convinti che potesse essere in assoluto un marcatore bersaglio di terapie e che anche altri tumori solidi potessero beneficiare degli stessi successi terapeutici”.
Di qui l’appello: “Come IMI – conclude – vista la nostra esperienza, ci auguriamo che EMA e AIFA recepiscano a breve questa decisione e che il test BRAF diventi un passaggio diagnostico di routine per consentire una nuova opzione per il trattamento a tutti i pazienti con tumori solidi”.