Tumore al seno: algoritmo rivela risposta alle terapie ormonali


Un algoritmo potrà stabilire la risposta delle pazienti con tumore al seno alle terapie ormonali, aprendo così la strada a cure personalizzate

Un algoritmo potrà stabilire la risposta delle pazienti con tumore al seno alle terapie ormonali, aprendo così la strada a cure personalizzate

Un algoritmo potrà stabilire la risposta delle pazienti con tumore al seno alle terapie ormonali, aprendo così la strada alle migliori possibilità di cure, più personalizzate. E’ infatti in un frammento di RNA che si nasconde la chiave da cui dipende l’efficacia o meno di queste terapie. È il risultato descritto nella rivista ESMO Open del gruppo di ricerca guidato da Filippo Montemurro, oncologo e Direttore della Breast Unit dell’Istituto Candiolo, dove è già in corso un successivo ampio studio clinico Breast Cancer Project 2, che prevede il reclutamento di 250 pazienti nell’arco di tre anni per validare l’efficacia dell’algoritmo e affinarne la capacità prognostica.

Ogni anno in Italia si registrano 55.000 nuove diagnosi di carcinoma mammario e il tipo di tumore più frequente con il 70% dei casi è il cancro con recettori ormonali positivi nel quale gli ormoni, in particolare estrogeni e progesterone, rappresentano il combustibile delle cellule tumorali e ne stimolano la crescita. Dopo un intervento per le donne in post menopausa con carcinoma al seno positivo ai recettori ormonali, il passo successivo è intraprendere la terapia ormonale adiuvante per molti anni. Attualmente, nel 30-40% dei casi, la presenza dei recettori per gli ormoni non è sufficiente a garantire l’efficacia della terapia ormonale: il tumore, infatti, sembra in grado di “aggirare l’ostacolo” e di aprirsi nuove strade per continuare a proliferare, dando luogo a gradi diversi di resistenza alle cure. In questi casi, per bloccare lo sviluppo della malattia occorre quindi ricorrere anche alla chemioterapia, con i suoi temuti effetti collaterali e con un impatto importante sulla qualità della vita. Per questo è cruciale disporre di uno strumento che rapidamente sia in grado di predire quale donna risponderà alle terapie ormonali e chi invece dovrà sottoporsi alla chemio.

“Studiando l’azione di un micro-RNA tumorale – cioè di un particolare frammento di RNA – già da tempo indagato da parte dei ricercatori per la sua capacità di regolare l’espressione di alcune proteine coinvolte nello sviluppo dei tumori, abbiamo osservato che quando esso è presente in quantità elevate all’interno delle cellule, il tumore risponde meglio alla terapia ormonale – dichiara Filippo Montemurro, coordinatore della ricerca clinica sui tumori della mammella –  Questa piccola molecola è inoltre in grado di rendere le cellule tumorali sensibili all’azione degli ormoni persino quando sono prive dei recettori degli estrogeni”.

L’osservazione che a diversi livelli di miR-100 corrisponde una diversa sensibilità alla terapia ormonale è stata confermata dai risultati dello studio clinico pilota Breast Cancer Project 1. In questo studio, 90 donne con tumore operabile hanno ricevuto una terapia ormonale pre-chirurgica per tre settimane. “La ricerca ha mostrato che valori elevati di miR-100 sono associati ad una migliore prognosi in pazienti operate e trattate con terapia ormonale  adiuvante – spiega Montemurro –  “Tale effetto, verosimilmente, dipende dalla capacità di miR-100 di sopprimere geni coinvolti nella resistenza al trattamento e nella proliferazione delle cellule tumorali. Sulla base delle informazioni ottenute dall’analisi del tumore prima dell’inizio della terapia pre-operatoria e dopo l’intervento chirurgico – prosegue l’esperto – è stato quindi creato un algoritmo che, tramite la valutazione combinata del livello di miR-100, dell’indice di proliferazione Ki67 e della presenza di altri geni, assegna al tumore un punteggio che ne indica il grado di sensibilità alla terapia ormonale. Una vera e propria ‘firma predittiva” di tumori ormono sensibili con buona prognosi i cosidetti “luminali A” che per ciascun paziente aiuterà a identificare la terapia più efficace” sottolinea Montemurro.

Il progetto ha il vantaggio di non dover sottoporre le pazienti ad alcun prelievo aggiuntivo. Infatti l’analisi è eseguita sul materiale ottenuto dalla biopsia preoperatoria del tumore e quindi non implica alcun ulteriore prelievo. Sulla base dei risultati la paziente potrà essere inserita in un trattamento ormonale nel breve periodo di attesa dell’intervento chirurgico. L’analisi sul pezzo operatorio ottenuto poi dall’intervento chirurgico permetterà di valutare l’efficacia della terapia ormonale sul blocco della proliferazione del tumore e permetterà di validare definitivamente la firma predittiva con miR-100.

Contemporaneamente prosegue lo studio di miR-100 su modelli creati in laboratorio a partire da campioni di tumori operati, per comprenderne sempre meglio il meccanismo di azione.

Infine, per consolidare la metodica, i dati osservati negli studi clinici saranno paragonati con quelli raccolti in database pubblici internazionali.

“Grazie al nostro lavoro, il biomarcatore miR-100 si sta rivelando un promettente strumento per identificare con più accuratezza le pazienti per le quali la sola terapia ormonale è sufficiente per bloccare lo sviluppo del tumore e aumentare le probabilità di guarigione” – commenta Montemurro – “L’obiettivo ora, oltre a consolidare l’efficacia questo strumento prognostico, è per il futuro di riuscire a utilizzare miR-100 per migliorare la risposta alla terapia ormonale anche in quel 30-40% di pazienti che oggi devono sottoporsi alla chemioterapia.”