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Hiv: Fondazione Icona indaga l’esperienza sulla cura

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Indagine Fondazione Icona. pazienti con Hiv in cerca di trattamenti su “misura” e di colloquio stretto con l’infettivologo curante per definire il percorso terapeutico

In cerca di trattamenti su “misura”, di colloquio stretto con l’infettivologo curante per definire il percorso terapeutico e adattarlo alle necessità personali, con l’eventuale ausilio di approcci terapeutici che possano aiutare a far “dimenticare” il ricordo quotidiano della malattia. Lo scorso anno, proprio a ICAR 2021, erano stati divulgati i primi risultati di una indagine effettuata nei primi mesi del 2021, in forma anonima attraverso un questionario mirato proprio a capire l’esperienza sulla terapia e sulla gestione della malattia di persone con HIV. L’indagine è di respiro nazionale e ha coinvolto i centri della coorte Icona, con il sostegno delle associazioni di pazienti e il supporto di ViiV HC.

Ulteriori dati presentati quest’anno al congresso ICAR 2022 in corso a Bergamo pongono l’accento su come sia importante non ignorare tutti gli aspetti di salute e socialità della persona con HIV, in quanto connessi allo stato di benessere o malessere.

Auto-stigma, una call to action non più rimandabile
L’auto-stigma rappresenta un fattore di rischio importante correlato a esiti negativi sulla salute. Nello specifico, la mancanza di rivelazione del proprio stato di HIV-positività può rappresentare un buon indicatore surrogato di auto-stigma. L’indagine su 531 persone con HIV ha evidenziato che il 48% (n = 257) di esse ha rivelato a qualcuno (quindi oltre l’equipe sanitaria che la prende in carico) lo stato di HIV-positività, contro il 52% (n = 324) che non lo ha fatto. Non si è riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra questi due gruppi in merito al carico di trattamento e malattia, tuttavia la diagnosi recente (p=0,02), la maggior compromissione immunologica (p=0,02) e la fase iniziale del percorso terapeutico (p=0,01) sembrano caratteristiche più legate al timore di parlare agli altri della condizione di HIV-positività. In particolare, si è visto che queste sono anche quelle persone che chiedono di parlare con l’equipe sanitaria di altri argomenti di salute oltre l’HIV e che desiderano avere anche informazioni sulle nuove opzioni terapeutiche. Nessuna particolare differenza sullo stato di salute auto-riportato tra chi fa outing per HIV e chi non lo fa. Mentre colpisce come la mancata rivelazione dell’infezione da HIV al di fuori dell’ambiente sanitario interessi particolarmente le persone con HIV più fragili come mostra l’associazione indipendente con bassi CD4, evidenziando come l’auto-stigma, conseguenza della discriminazione, sia un problema trasversale e che necessita di essere attenzionato da chi circonda (sanitari e non) le persone con HIV; inoltre, le persone più immunocompromesse probabilmente sentono maggiormente il peso della infezione, che nelle loro condizioni può esitare in malattia grave.

“La presa in carico delle persone con HIV non può più prescindere dal considerare anche il vissuto della persona in merito alla malattia stessa per definire gli interventi – fa sapere la dott.ssa Antonella Cingolani, Università Cattolica S. Cuore, Fondazione Policlinico “A. Gemelli”, Roma. Gli aspetti di socialità, quindi di rivelazione o meno della HIV-positività, costituiscono un buon indicatore per allertare il clinico e l’equipe sanitaria su sostegni e proposte di interventi specifici”.

Commenta il dott. Alessandro Tavelli, Study Coordinator di Fondazione Icona e data manager dell’indagine, di Milano: “Si tratta di dati che, pur con i limiti dell’indagine che abbiamo sempre esplicitato, offrono un importante spunto per costruire altri progetti di ricerca che mirino a fotografare e promuovere nuovi interventi di salute sempre più mirati”.

Conclude la Prof.ssa Antonella D’Arminio Monforte, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano e Presidente di Fondazione ICONA “La rete ICONA e la collaborazione con le organizzazioni di pazienti ci consentono un osservatorio privilegiato: cercare di attenuare il più possibile il già difficile contesto di fragilità clinica è un dovere per la rete di clinici e associazioni”.
  
Indagine “HIV e carico di trattamento”: Capire dal vissuto della persona con HIV l’esperienza sulla terapia e sulla gestione della salute.

Questa indagine si è svolta nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2021 presso i centri ICONA e anche con l’aiuto delle associazioni di pazienti e/o comunità colpite, che l’hanno promossa nei loro canali web.

Essa ha preso in esame ciò che in inglese è noto come treatment burden, ossia il peso, il carico del trattamento di una persona che ha una malattia cronica, dove per trattamento si intendono cose come assumere farmaci, mantenere gli appuntamenti medici, monitorare lo stato di salute, impegnarsi in eventuali terapie fisiche. In sintesi, l’impatto – percepito e vissuto – che tutto questo ha sulla vita del paziente. Si sono inoltre indagate alcune caratteristiche della popolazione in merito a preferenze, abitudini, comportamenti.

Perché occuparsi delle “disclosure di HIV”?
Il fatto di rivelare o meno lo stato di HIV positività è considerato un possibile indicatore di auto-stigma, conseguenza della discriminazione, e legato alla salute complessiva in questo caso della persona con HIV.

Variabili rilevate
Età, genere, identità di genere, orientamento sessuale, istruzione, contesto lavorativo e sociale sono le principali caratteristiche demografiche che sono state rilevate nell’indagine. A queste si sono unite le caratteristiche di salute auto-dichiarate: diagnosi e inizio di terapia HIV, stato di salute complessivo e parametri viro-immunologici; soddisfazione, desideri e bisogni in merito alla terapia anti-HIV assunta, alle principali terapie concomitanti e all’assistenza. Abitudini alimentari e di attività fisica. Anche i rapporti interpersonali, con focus sulla rivelazione o meno della HIV-positività sono stati indagati.

Caratteristiche generali della popolazione dell’indagine
Sono 580 le persone con HIV che hanno compilato l’indagine: 86% maschi, 14% femmine, con una età media di 48 anni e ben distribuite geograficamente, in accordo con l’incidenza epidemiologica di HIV. Il 68% si sono dichiarati omosessuali, il 93% è nato in Italia e il 94% è di etnia bianca. Il 60% dichiara di avere contratto l’HIV tramite rapporti omosessuali. Il 49% ha terminato le scuole superiore, il 30% l’università. Il 46% dichiara di essere in una relazione stabile e il 62% dichiara di avere un lavoro stabile. Il 25% è stato diagnosticato prima dell’anno 2000, il 25% tra il 2001 e il 2010, il 25% tra il 2010 e il 2015 e il 25% più recentemente dal 2016 compreso fino ad oggi. L’inizio della terapia antiretrovirale è avvenuto prima del 2000 nel 20% del campione, nel 23% tra il 2001 e il 2010, nel 27% tra il 2010 e il 2015 e nel 29% dal 2016 ad oggi. La non rilevabilità plasmatica della viremia di HIV è stata dichiarata dal 87% del campione e il 56% dichiara di avere livelli di linfociti CD4 oltre le 500 cellule/microlitro, indicando un generale buono stato di salute. Solo il 50% dei compilanti dichiara completa soddisfazione in merito alla terapia antiretrovirale assunta, indicando quindi un ampio margine di miglioramento.

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