Ictus e neuroriabilitazione, l’associazione ALICe: soltanto 6 le Regioni in Italia che presentano percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi
Per Stefano Tacconi, ex portiere della Juventus e della Nazionale, colpito da emorragia cerebrale lo scorso 23 aprile, inizia il percorso della neuroriabilitazione ospedaliera, una fase fondamentale per completare il percorso di cura, cercare di prevenire e ridurre la disabilità e restituire la maggiore autonomia possibile, evitando le possibili complicanze dovute all’immobilità.
In Italia, sono circa 1 milione le persone che, dopo essere state colpite da ictus cerebrale, sono sopravvissute con esiti più o meno invalidanti, rendendo questa patologia la prima causa di disabilità in Italia, oltre che la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. In particolare, nell’80% dei casi la persona colpita da ictus sopravvive, ma sono circa 50.000 quelle che perdono l’autonomia: un dato confermato dalle stime della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), in base alle quali, in Italia, circa 42.300 pazienti ogni anno presentano – al momento delle dimissioni dal reparto acuti – esiti gravissimi di ictus per i quali è richiesto un immediato ricovero in strutture altamente specializzate e adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione.
Ma, come segnalato da ALICe Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) e dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS, sono soltanto 6 le Regioni che presentano percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi per la neuroriabilitazione post-ictus (Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Marche), mentre nelle rimanenti Regioni “la documentazione non è aggiornata o non è operativa”.
Reinserimento socio-familiare, scolastico e professionale-lavorativo sono gli obiettivi principali dei trattamenti neuroriabilitativi, tenendo conto ovviamente del grado di recupero raggiunto. Purtroppo, però, nel nostro Paese, questo approccio viene applicato in modo disomogeneo e frammentario, con inevitabili e gravi ripercussioni sia sul paziente che sulle famiglie.
Inevitabile anche una considerazione dal punto di vista economico: i costi collettivi dell’ictus sono valutati in 3,7 miliardi di euro, che corrispondono a circa il 4% della spesa sanitaria nazionale. Un terzo è costituito dalle spese di trattamento nella fase acuta, mentre gli altri due terzi sono costi causati dalla disabilità. Bisogna poi aggiungere gli oneri che ricadono sulle spalle delle famiglie, che aumentano di ben il 58% a causa della malattia, che costringe il 69% dei pazienti di età tra i 25 e i 59 anni ad abbandonare il lavoro.
“Si parla molto di prevenzione e di gestione della fase acuta dell’ictus – dichiara Andrea Vianello, Presidente di ALICe Italia Odv – mentre purtroppo sono molto più scarse e frammentarie le informazioni relative alla fase successiva, quella appunto della neuroriabilitazione. La maggior parte di chi torna a casa, infatti, non riceve le notizie necessarie sui possibili sviluppi della patologia o sui percorsi che si possono intraprendere. Questo, inevitabilmente, aumenta anche il senso di isolamento e di rassegnazione di fronte alle enormi difficoltà da affrontare per cercare di riprendere una vita che sia il più possibile “normale”, in base alle proprie abilità”.
Il trattamento neuroriabilitativo, che ha come obiettivo quello di migliorare le funzioni fisiche, mentali ed emozionali, restituendo alla persona la maggior indipendenza possibile, dovrebbe iniziare in ospedale quanto prima, non appena il paziente mostri segni di recupero fisico e proseguire in modo continuativo, senza interruzioni né rigide limitazioni temporali e seguendo un protocollo uniforme: il recupero avviene rapidamente tra il primo e terzo mese dopo l’ictus, alcune persone comunque continuano a migliorare anche dopo questo periodo, soprattutto per quanto riguarda il linguaggio.
Oltre alla riabilitazione motoria, che aiuta a mantenere il tono e la forza muscolare, spesso è necessario prevedere anche sedute di logopedia ed esercizi che possano migliorare la deglutizione: con l’ictus si può perdere infatti la capacità di parlare o comprendere le parole, così come la capacità di scrivere e leggere o anche di deglutire in modo adeguato. Non meno importante è la terapia occupazionale, che è un importante aiuto nell’affrontare le attività quotidiane ed essere nuovamente inseriti nell’ambiente sociale e lavorativo; si tratta di un approccio personalizzato e basato sulle esigenze del singolo per migliorare la qualità di vita del paziente e dei caregiver.
“Il post-ictus è una fase molto delicata ma, purtroppo, ancora troppo trascurata”, conclude Andrea Vianello. “Le persone colpite da ictus presentano esiti più o meno invalidanti causati dal danno cerebrale ed è fondamentale che ricevano una corretta informazione sulla fase neuroriabilitativa, in modo da poter, possibilmente, migliorare la propria situazione clinica”.