Fa discutere il corso in Gender studies alla Sapienza


Insulti alla Sapienza per il corso in Gender studies, l’esperta: “Pensiero di pochi, la società è cambiata. Episodio grave ma irrilevante, non avrà il minimo impatto”

la sapienza gender

Un corso di laurea magistrale in ‘Gender studies‘, che “adotta un approccio multidisciplinare e offre conoscenze e competenze utili per formare professionisti dei media e delle industrie culturali, capaci di promuovere rappresentazioni e narrazioni di genere inclusive e non discriminatorie”. È bastata questa descrizione, comparsa sulla pagina Facebook del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma, a scatenare insulti e minacce rivolte direttamente allo storico ateneo romano. Partiti dalla pagina Telegram ‘Basta dittatura!’, animata da attivisti no-vax, i messaggi di odio invitano a scagliarsi contro la Sapienza, accusata di fare “propaganda femminista”. “Non lasciamoci distruggere da una piccola minoranza malata!”, incitano gli haters.

Secondo Simona Feci, docente di Storia del diritto medievale e moderno all’Università di Palermo, componente della Società italiana delle Storiche e studiosa di storia della famiglia e studi di genere, si tratta di un “episodio grave ma irrilevante, che non avrà il minimo impatto sul corso”, anche perché rappresenta un pensiero “residuale e minoritario”, non in linea con i tempi che stiamo vivendo. “Gli studi di genere sono presenti come dottorali, master, cattedre o approcci didattici in tutte le università italiane- spiega Feci all’agenzia di stampa Dire- io stessa ho conseguito il primo dottorato in studi di genere all’Orientale di Napoli ormai 30 anni fa”, quindi non si tratta di sperimentazioni ma di studi ormai affermati. Anche se, nel caso degli studi di genere, sarebbe più opportuno parlare di un “approccio didattico multidisciplinare”, sottolinea l’esperta.

“C’è un approccio di genere alla medicina, alla statistica sociale, alla storiografia giuridica: sono approcci che ampliano la prospettiva, non sono approcci che chiudono. Quando si vuole denigrare questi studi dicendo che riguardano una minoranza, non è vero: la nostra società è plurale e abbraccia tutti i soggetti– prosegue Feci- il senso di questa formazione è avere uno strumentario scientifico che utilizza tutte le discipline (dalla filosofia al diritto, alla statistica all’economia) per incrementare la parità e le pari opportunità e per riconoscere e dare valore alle differenze e alle diversità. È un approccio che valorizza la pluralità delle soggettività della storia. In una fase storica in cui sempre più siamo chiamati a incontrare altri diversi da noi, c’è bisogno di parlare di questi temi“.

Secondo la studiosa, si tratta di ampliare gli studi accademici con ciò che già di fatto è attuale nella nostra società. Le giovani generazioni, infatti, sono più predisposte all’apertura. “La conoscenza degli altri è sempre positiva, quindi tutti gli approcci che siano di chiusura, discriminazione, sospetto e giudizio, sono limitanti e non fanno bene”, sottolinea Simona Feci. Per la storica e giurista, fenomeni come il femminicidio sono frutto di “persistenze del patriarcato, e si combattono solo incidendo sulla cultura. Questo lo possiamo fare attraverso un lavoro più lungo e delicato rispetto a una legge, ma più radicato”. Ampliare gli studi con prospettive che accolgono le differenze sessuali, religiose e non solo, “non fa un danno alla narrazione storica, ma la arricchisce e la complica“, aggiunge ancora la docente. Ma il fenomeno, per la storica, dimostra che se è vero che “dobbiamo ancora liberarci dalle strutture di un sistema culturale, politico e sociale di tipo patriarcale”, è altrettanto vero che “mai come in questo periodo storico stiamo assistendo a un cambio di passo. Le cose si stanno evolvendo in maniera positiva“. Anche per questo, quindi, “l’iniziativa della Sapienza è estremamente importante”.