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Linfoma mantellare: bene ibrutinib aggiunto a bendamustina-rituximab

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Linfoma mantellare: negli anziani ibrutinib aggiunto a bendamustina-rituximab riduce del 25% il rischio di progressione

In pazienti anziani con linfoma a cellule mantellari, il trattamento con la combinazione dell’inibitore di BTK ibrutinib più la chemioimmunoterapia standard con bendamustina e rituximab, seguita da una terapia di mantenimento con rituximab può produrre un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioimmunoterapia standard. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 SHINE, presentati durante il meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

A un follow-up mediano di 84,7 mesi, nei pazienti che sono stati trattati con ibrutinib più bendamustina e rituximab (261) la PFS mediana è risultata di 6,7 anni (80,6 mesi), a fronte di 4,4 anni (52,9 mesi) nei pazienti (262) assegnati al placebo, con una riduzione del 25% del rischio di progressione o morte (HR 0,75; one-sided P = 0,011).

6,7 anni di assenza di malattia
L’autore principale del trial, Michael Wang, dello University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, ha sottolineato che questo è il primo studio clinico di fase 3 a mostrare risultati di efficacia altamente significativi con la combinazione dell’inibitore di BTK e la chemioimmunoterapia.

«È un risultato molto significativo», ha affermato durante la presentazione. «Con questo regime abbiamo ottenuto 6,7 anni di assenza di malattia. Si tratta di un risultato davvero notevole per il trattamento di questi pazienti».

Wang ha sottolineato, inoltre, che si tratta del più alto tasso di PFS mai riportato in questa popolazione, che notoriamente è difficile da trattare. L’autore ha ricordato che alcune terapie per il linfoma, per esempio la chemioterapia intensiva, i farmaci mirati e il trapianto di cellule staminali, spesso non sono adatte per i pazienti anziani con linfoma mantellare. Queste terapie possono causare eventi avversi gravi, e in generale gli anziani non rispondono bene a questi trattamenti. Per di più, questa popolazione di pazienti è spesso sottorappresentata negli studi clinici.

Pertanto, ha aggiunto, identificare un trattamento efficace per questa popolazione di pazienti ad oggi rimane un bisogno insoddisfatto, da colmare con urgenza.

Lo studio SHINE
Nello studio SHINE (NCT01776840), un trial internazionale, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco, Wang e i colleghi hanno confrontato l’efficacia e la sicurezza della combinazione di ibrutinib più bendamustina e rituximab con la sola doppietta bendamustina-rituximab, in pazienti con linfoma a cellule mantellari di nuova diagnosi, di età ≥ 65 anni (età mediana: 71 anni; range: 65-87).

I partecipanti, arruolati tra maggio 2013 e novembre 2014, sono stati assegnati in rapporto 1:1 al trattamento con ibrutinib alla dose di 560 mg al giorno o un placebo, in entrambi i casi in combinazione con bendamustina e rituximab (rispettivamente 90 mg/m2 e 375 mg/m2). I pazienti che hanno raggiunto una risposta obiettiva sono stati trattati con rituximab in mantenimento, somministrato in entrambi i bracci ogni 8 settimane, per un massimo di 12 dosi. Ibrutinib e il placebo sono stati somministrati fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità inaccettabile.

L’endpoint primario del trial era la PFS valutata dagli sperimentatori.

Tasso di risposta più alto con ibrutinib più la chemioimmunoterapia
L’aggiunta di ibrutinib a bendamustina-rituximab ha migliorato, oltre che la PFS, anche il tasso di risposta completa: 65,5%, contro 57,6% nel braccio placebo (P = 0,0567).

Per contro, la differenza di OS nei due bracci di trattamento non ha raggiunto la significatività statistica (P = 0,648).

Invece, il tempo intercorso tra questo trattamento e quello successivo è risultato significativamente più lungo per i pazienti trattati con ibrutinib rispetto ai controlli (P < 0,001). Inoltre, i pazienti che sono stati sottoposti a terapie successive per il linfoma dopo il trattamento in studio sono risultati meno numerosi nel braccio trattato con l’inibitore di BTK rispetto al braccio di controllo: 19,9% contro 40,5%.

Profilo di sicurezza coerente con quelli noti
Il profilo di sicurezza è risultato coerente con quelli già noti dei singoli farmaci.

Gli eventi avversi di grado 3 o 4 emersi durante il trattamento hanno mostrato un’incidenza dell’81,5% nel braccio ibrutinib e 77,3% nel braccio placebo.

Tra gli eventi di interesse clinico associati agli inibitori di BTK, si è osservata fibrillazione atriale nel 13,9% dei pazienti trattati con ibrutinib, a fronte del 6,5% dei controlli.

Altri effetti indesiderati sono stati neutropenia, rash e polmonite. I tassi di emorragie maggiori, ipertensione, artralgia e seconde neoplasie primarie sono risultati simili in entrambi i bracci, così come i dati relativi alla qualità della vita.

«Riteniamo che questo studio clinico di fase 3 rappresenti un nuovo riferimento per i pazienti con linfoma mantellare di nuova diagnosi anziani o che non possono essere sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali», ha concluso Wang.:

Bibliografia
M. Wang, et al. Primary results from the double-blind, placebo-controlled, phase III SHINE study of ibrutinib in combination with bendamustine-rituximab (BR) and R maintenance as a first-line treatment for older patients with mantle cell lymphoma (MCL). J Clin Oncol. 2022;40(suppl 17):LBA7502. doi: 10.1200/JCO.2022.40.17_suppl.LBA7502. Link

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