La crescita della Digital medicine: il caso del diabete


La Digital medicine è il futuro: grazie ad applicazioni, piattaforme e strumenti digitali uniformi, consente di connettere i pazienti con medici ed erogare servizi

Premio PDHA (Patients' Digital Health Awards): l’edizione 2022 ha proclamato vincitore l’Azienda Policlinico Rodolico-San Marco di Catania con il progetto CliniHome

Le future generazioni, che dovranno confrontarsi con le malattie croniche come, ad esempio, il diabete, avranno a disposizione percorsi digitali di cura in cui il farmaco sarà solo una parte: è il concetto di ‘digital medicine’ che, grazie ad applicazioni, piattaforme e strumenti digitali uniformi, consente di promuovere stili di vita salutari, connettere i pazienti con medici, erogare servizi sanitari e clinici,  quindi, di seguire digitalmente il paziente dalla prevenzione alla diagnosi, dalla scelta della cura al monitoraggio, fino alla presa in carico successiva.

Si tratta di un reale cambio di paradigma rispetto al passato. Questi strumenti sono pronti per essere messi a disposizione di tutti i cittadini e cambieranno radicalmente la gestione delle malattie croniche nei prossimi 5-10 anni. Lo dimostrano non solo le ricerche nel settore, ma anche gli ultimi dati macroeconomici mondiali, che prevedono una crescita della digital medicine, dal 2020 al 2025, dell’11,4%, raggiungendo i 3726,6 milioni di dollari entro il 2025, rispetto ai 2420,2 milioni di dollari nel 2019.

Le Istituzioni sanitarie di tutto il mondo stanno lavorando alla programmazione di questa ‘nuova era’ della medicina, al fine di elaborare un nuovo assetto regolatorio e organizzativo uniforme e integrato; tuttavia, al momento esiste una regolamentazione molto disomogenea tra i vari paesi europei. Anche in Italia le Istituzioni si stanno adoperando per colmare il vulnus normativo e organizzativo, che rischia di alimentare le disuguaglianze territoriali, se non prontamente affrontato e l’occasione potrebbe derivare dell’applicazione della Missione 6 del PNRR.

In questo contesto, al fine di partecipare in maniera attiva al miglioramento del sistema salute nel nostro Paese, cogliendo le opportunità dell’innovazione tecnologica, Fondazione Lilly ha inteso fornire un possibile contributo al lavoro di regolatori e Istituzioni, avviando un progetto di ricerca con il supporto di esperti.

L’obiettivo è quello sia di fornire una proposta, volta a sistematizzare la materia da un punto di vista regolatorio, che di disegnare innovative procedure di valutazione e nuovi modelli organizzativi di presa in carico di pazienti cronici, che consentano l’accesso alla Digital Medicine.
Contributo strutturato su cinque proposte chiave:

  1. un dossier specifico per la valutazione di questi prodotti,
  2. un Osservatorio Nazionale,
  3. una nuova governance,
  4. una regolamentazione nazionale ad hoc attraverso una Legge Quadro
  5. un modello organizzativo per la gestione di pazienti cronici, integrato con queste nuove tecnologie.

Il progetto è stato presentato a Roma alla presenza di esperti di tutte le aree coinvolte e dei rappresentanti istituzionali.

“L’innovazione tecnologica, la personalizzazione delle cure e la gestione integrata della cronicità saranno elementi cruciali dell’assistenza sanitaria di domani – commenta Huzur Devletsah, Presidente della Fondazione Lilly Italia -. Nella sua missione la Fondazione Lilly Italia, attraverso il mandato del suo Comitato Scientifico, è impegnata a svolgere un ruolo attivo per sostenere il sistema sanitario nazionale nel suo percorso di gestione della complessità della cronicità e, in ultima analisi, di miglioramento degli esiti per i pazienti. Siamo felici di offrire, anche grazie a questo dibattito, il nostro contributo a un tema così importante per il futuro dei pazienti e degli operatori sanitari nei mesi e negli anni a venire.”

“La digital medicine è una grande opportunità, in particolare per i pazienti con patologie croniche – spiega Stefano Nervo, Presidente di Diabete Italia –. Il diabete è una delle malattie per cui gli strumenti di ‘salute digitale’, mi piace chiamarli così, possono fare tantissimo, perché il paziente avrebbe molte più possibilità di essere seguito e curato ottimizzando la qualità assistenziale e il trattamento terapeutico, attraverso l’aumento dell’aderenza del paziente alla terapia grazie al riavvicinamento al territorio e ad un miglioramento della qualità di vita”.

Oggi il regolamento europeo 2017/745 colloca i prodotti di Digital Medicine tra i dispositivi medici e, attraverso il marchio CE, ne assicura la commercializzazione in ambito europeo. Ma non basta.

Aggiunge Andrea Lenzi, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Coordinatore del Comitato Consultivo Fondazione Lilly: “La proposta della Fondazione Lilly è stata elaborata da due Gruppi di Lavoro, avente ad oggetto la trattazione degli aspetti regolatori/normativi e organizzativi della Digital Medicine – coordinati rispettivamente dal Dott. Nello Martini e dal Prof. Americo Cicchetti e che hanno visto il coinvolgimento di esperti regolatori, giuristi, associazioni di pazienti, clinici e società scientifiche”.

“È necessario definire gli strumenti regolatori e le strutture ministeriali attraverso cui assicurare la valutazione del valore terapeutico aggiuntivo degli strumenti di Digital Medicine e il prezzo di rimborso nell’ambito del SSN – precisa Nello Martini, presidente Fondazione RES (Ricerca e Salute) –. L’innovazione tecnologica alla base degli strumenti di Digital Medicine non coincide con l’innovazione terapeutica che, in termini di valore aggiuntivo rispetto alle terapie esistenti, deve essere dimostrata da adeguati studi clinici. Ma non solo, la commercializzazione degli strumenti di Digital Medicine, senza le procedure di rimborsabilità e di prezzo, espone tali tecnologie all’acquisto discrezionale da parte delle Regioni e delle ASL, senza assicurare l’unitarietà di accesso per tutti i cittadini”.

Da qui l’esigenza, espressa dagli esperti che hanno partecipato a questo progetto di ricerca, di definire a livello nazionale le modalità regolatorie di valutazione di tali prodotti (in termini di definizione dell’innovatività terapeutica), di conduzione delle valutazioni di Health Technology Assessment (HTA) per l’inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA), magari prendendo spunto da quelle realtà europee che hanno già attivato procedure di rimborsabilità e  dalle quali gli esperti hanno ricavato alcuni aspetti di potenziale trasferibilità al sistema sanitario italiano.

“In ogni caso, affinché i prodotti di Digital Medicine possano trovare una corretta implementazione, non basta risolvere le criticità regolatorie e di rimborsabilità strutturali al nostro sistema sanitario nell’ambito dei dispositivi medici – aggiunge Americo Cicchetti, presidente di ALTEMS Advisory – ma è necessario attuare un forte ripensamento del loro ruolo all’interno del modello di Connected Care. Da qui una proposta di modello organizzativo, partendo dalla gestione della cronicità, in cui gli strumenti di Digital Medicine, oltre che agire come veicoli di innovazione, generano un impatto sull’uniformità e uguaglianza di accesso alle cure sul territorio nazionale. Sono stati identificati 6 pilastri del nuovo modello di gestione: asset organizzativi, asset gestionali, competenze, piattaforme sanitarie abilitanti, tecnologie sanitarie abilitanti e quadro regolatorio. Ogni pilastro contiene i mattoni caratterizzanti il modello di presa in carico. In particolare, alcuni di questi rappresentano l’evoluzione di elementi già esistenti, che hanno ampiamente influenzato le soluzioni poi adottate nella pratica dalle Regioni. I mattoni definiti “innovativi” affiancano i precedenti e definiscono il nuovo modello di gestione della malattia cronica all’interno del SSN”.

L’efficace inserimento della Digital Medicine all’interno del SSN italiano contribuirà a trattare e gestire adeguatamente alcune patologie specifiche, con un conseguente miglioramento della qualità di vita dei pazienti, un aumento dell’efficienza dei percorsi di cura, un apporto all’efficientamento della spesa sanitaria e quindi un’opportunità per la sostenibilità e l’universalità del nostro sistema sanitario.