Tumore alla prostata: apalutamide ottiene rimborsabilità


Tumore alla prostata: Apalutamide ha ricevuto dall’agenzia del farmaco italiana, AIFA, la rimborsabilità per la forma metastatica sensibile agli ormoni

Per i pazienti con tumori urologici, affetti da COVID-19 e sottoposti a chirurgia elettiva, è più alta la probabilità di complicazioni respiratorie e mortalità

Apalutamide, farmaco antitumorale in compresse inibitore del recettore degli androgeni, ha ricevuto dall’agenzia del farmaco italiana, AIFA, la rimborsabilità per l’indicazione relativa al trattamento di uomini adulti con carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni (mHSPC) in combinazione con terapia di deprivazione androgenica (ADT). Il farmaco era già rimborsato nel carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico (nmCRPC). Il farmaco è stato sviluppato da Janssen – azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson.

In Italia, il carcinoma della prostata è attualmente la neoplasia più frequente tra i maschi e rappresenta oltre il 20 per cento di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età.1 Sono circa 564.000 gli Italiani con pregressa diagnosi di tumore della prostata, pari al 33 per cento dei casi di tumori nel sesso maschile e nel 2020 erano stimati circa 36.000 nuovi casi, pari al 19 per cento di tutti i tumori maschili.[i], 3 La maggior parte delle diagnosi viene formulata in persone di età avanzata, 6.811 casi ogni 100.000 riguarda infatti ultrasettantacinquenni. La quota di gran lunga maggiore dei pazienti è presente al Nord (1.428 casi ogni 100.000 abitanti nel Nord-Ovest, 1.395 nel Nord-Est) rispetto al Centro (1.015) e al Sud (588).

«Il tumore alla prostata è una malattia molto diffusa e gravata da elevati costi sociali. Se come associazione di volontariato oncologico, fondata con grande lungimiranza dal professor Umberto Veronesi, la nostra missione è, in primis, d’informare e sensibilizzare sull’importanza della diagnosi precoce di questo tumore maschile, con altrettanta risolutezza sosteniamo gli sforzi della ricerca scientifica verso cure migliori e, se possibile, risolutive», dice Maria Laura De Cristofaro, Presidente volontario di Europa Uomo. «Salutiamo, quindi con molto favore la disponibilità in Italia di questo importante farmaco, che può concretamente rafforzare le prospettive di una cura per i pazienti affetti da tumore alla prostata».

«Se è vero che il cancro della prostata rappresenta il tumore più frequente negli uomini, è altrettanto vero che negli ultimi anni l’aumento delle conoscenze e nuove soluzioni di cura hanno permesso una drastica riduzione della mortalità e un significativo aumento delle aspettative di vita», dichiara Vincenzo Mirone, Responsabile ufficio risorse e comunicazione Società Italiana di Urologia (SIU), Professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Urologia dell’Università Federico II di Napoli, Presidente Fondazione PRO«Il farmaco apalutamide, già disponibile da qualche anno in Italia per il trattamento del carcinoma prostatico non metastatico resistente alla castrazione, ha infatti dimostrato di ridurre significativamente il rischio di metastasi e di morte», aggiunge.

Apalutamide, prodotto in Italia nello stabilimento Janssen di Latina per il mercato europeo e di altri continenti, ha una potente attività antitumorale, ottenuta aumentando la morte (apoptosi) delle cellule tumorali e riducendone quindi la proliferazione. Esercita tale azione bloccando i recettori degli androgeni ai quali si lega il testosterone, che è l’ormone di cui si serve il carcinoma prostatico per svilupparsi. Il farmaco inibisce la crescita delle cellule tumorali impedendo il legame degli androgeni al recettore.

L’efficacia e la sicurezza di apalutamide sono state determinate in due studi randomizzati, controllati con placebo, di fase 3: lo studio SPARTAN (relativo all’indicazione nmCRPC) e lo studio TITAN (per l’indicazione mHSPC).

Il carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico si riferisce ad uno stadio della malattia in cui il tumore non risponde più ai trattamenti che riducono il testosterone, senza che siano rilevabili metastasi. Tuttavia, il 90 per cento dei pazienti con nmCRPC svilupperà metastasi. In questa forma, i dati dello studio SPARTAN hanno evidenziato come  apalutamide in combinazione con ADT riduca il rischio di morte del 22 per cento, rispetto alla sola ADT e prolunghi significativamente la sopravvivenza complessiva mediana di 14 mesi (73,9 mesi rispetto a 59,9; HR=0,78; p=0,0161), che diventano 21 mesi, applicando la correzione per il cross-over dei pazienti che nel braccio placebo all’apertura del cieco hanno assunto apalutamide per manifesta superiorità del braccio sperimentale (73,9 contro 52,8 mesi; HR=0,69, p=0,0002).

Ancora più importanti i risultati ottenuti da apulatamide – evidenziati dallo studio TITAN – nel carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni, uno stadio della malattia il cui il tumore risponde ancora alla terapia di deprivazione androgenica, ma è già diffuso in altre parti del corpo. I pazienti con mHSPC tendono ad avere una prognosi sfavorevole, con una sopravvivenza globale mediana (OS) inferiore a cinque anni.

I dati di TITAN dimostrano che apalutamide in combinazione con ADT, al follow-up mediano di quasi quattro anni, riduce del 35 per cento il rischio di morte rispetto alla sola ADT (HR=0,65; p<0,0001); applicando la correzione per il cross-over dei pazienti nel braccio placebo, questa riduzione cresce al 48 per cento (HR=0,52; p<0,0001).6 Inoltre, il farmaco migliora la sopravvivenza libera da progressione secondaria (PFS2) del 38 per cento (HR=0,62; p<0,0001) e ritarda l’insorgenza della resistenza alla castrazione (HR=0,34; p<0,0001), temibile peggioramento della situazione.6 Quest’ultimo dato suggerisce che un’intensificazione precoce della terapia con apalutamide può influenzare positivamente il decorso della malattia per i pazienti che successivamente vengono sottoposti alla chemioterapia o trattati con nuovi agenti ormonali.

Infine, apalutamide risulta ben tollerato, mantiene una buona qualità di vita durante il trattamento, ritardando nel tempo il ricorso alla chemioterapia citotossica e ai suoi impattanti effetti collaterali, come evidenzia anche il dato del 73 per cento di riduzione del rischio di progressione del PSA, un indicatore di progressione della malattia.

«La rimborsabilità di apalutamide per i pazienti con mHSPC rappresenta una notizia che gli oncologi italiani aspettavano da tempo. Per anni l’unica strategia disponibile in Italia in questa fase di malattia è stata rappresentata dall’aggiunta della chemioterapia con docetaxel alla terapia di deprivazione androgenica. Con la rimborsabilità di apalutamide possiamo finalmente offrire ai nostri pazienti una alternativa terapeutica con una chiara efficacia e con un profilo di tollerabilità favorevole», chiarisce Orazio Caffo, Direttore Unità operativa oncologia medica, Ospedale di Trento. «Il vantaggio di questo trattamento in termini di sopravvivenza globale è evidente e lo è tanto più se si considera che una quota importante di pazienti del braccio di controllo ha fatto il cross-over, cioè ha ricevuto apalutamide dopo l’apertura del cieco. Ma il beneficio è evidente anche considerando i trattamenti successivi che somministrati sequenzialmente confermano l’efficacia del farmaco. Apalutamide, la cui maneggevolezza avevamo già avuto modo di apprezzare nel nmCRPC, si è dimostrata ben tollerata anche in questi pazienti con malattia avanzata con un chiaro beneficio in termini di qualità di vita. L’introduzione di apalutamide nella pratica clinica rappresenta un ulteriore passo avanti nei progressi di questi anni che consentono oggi ai nostri pazienti affetti da neoplasia prostatica di affrontare con maggiore serenità la loro malattia», aggiunge.

«Da oltre 30 anni Janssen Oncology investe nella ricerca scientifica per lo sviluppo di farmaci innovativi che rispondano ai bisogni di cura dei pazienti e per essere al fianco di medici nella cura dei tumori ematologici e solidi, come il tumore alla prostata. La rimborsabilità di apalutamide nel carcinoma prostatico sensibile agli ormoni è un ulteriore passo in avanti nella definizione di terapie oncologiche non-chemioterapiche in Italia, un impegno di Janssen diventato uno dei capisaldi della nostra mission» conclude Daniela Curzio, Therapeutic Area Oncology Medical Manager Janssen Italia.