Da Cameron Diaz a Drew Barrymore fino a Giselle Bundchen: l’economia verde si tinge di rosa e le paladine dell’ambiente guidano la battaglia
«Già negli Anni Sessanta del secolo scorso erano le donne a guidare le prime proteste ecologiche» osserva Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com, la prima piattaforma italiana di lending crowdfunding ambientale ed energetico.
Dopo Brigitte Bardot, impegnata anche sul fronte della difesa degli animali, tantissime celebrity femminili hanno continuato a sposare la causa dell’ecologia e della difesa dell’ambiente, fino ad arrivare più recentemente alle grandi stelle di Hollywood —da Cameron Diaz a Drew Barrymore— passando per le supermodelle come Gisele Bundchen che è perfino diventata protagonista di un cartone animato ecologista (Gisele & The Green Team) nonché testimonial di importanti campagne di sensibilizzazione.
«Insomma le donne sono le protagoniste —da oltre 60 anni— della Green Revolution. Ma è anche vero che sono proprio le donne a pagare in misura maggiore il costo del cambiamento climatico» spiega Giorgio Mottironi, cso e co-fondatore di Ener2Crowd nonché chief analyst del GreenVestingForum.it, il forum della finanza alternativa verde.
Secondo quanto rilevato dall’International Center for Social Research (ICSR) in collaborazione con la World Organization for International Relations (WOIR) per conto della piattaforma Ener2Crowd.com, sono infatti donne l’82% degli sfollati a livello globale causati da disastri ambientali e guerre.
Ma sono proprio le donne a non tirarsi indietro di fronte ad una scelta importante come quella di proteggere l’ambiente. Tutti ricorderanno Vandana Shiva, che rese celebri in tutto il mondo i tree huggers (gli “abbracciatori di alberi”), un movimento femminile che nacque per proteggere le foreste subtropicali dell’Himalaya che si estendono attraverso le colline del Nepal centrale, andando a ricoprire anche molte zone del Darjeeling, del Bhutan e dello stato indiano dell’Uttar Pradesh, fonte di vita per le collettività indigene.
Oppure —più recentemente— Txai Suruì, l’attivista venticinquenne brasiliana che si batte contro la deforestazione amazzonica, o l’ugandese anch’essa venticinquenne Vanessa Nakate, il cui impegno a favore dell’intera Africa iniziò nel 2018 quando —studentessa alla facoltà di Economia di Kampala— si rese conto della gravità del cambiamento climatico, a partire dalle inondazioni che colpirono in quegli anni la parte orientale dell’Uganda.
O ancora la diciannovenne Howey Ou (Ou Hongyi), nativa della città di Guilin, nella parte meridionale della Cina, il Paese che oggi inquina di più al mondo, senza dimenticare la ventiquattrenne Disha Ravi che dopo essere finita in carcere dopo un tweet ambientalista è diventata l’attivista più carismatica e importante dell’intera India.
Ebbene l’economia verde si tinge di rosa. Anche nell’ambito dell’imprenditoria, le donne dimostrano una maggiore responsabilità ambientale e si muovono velocemente in più direzioni, dimostrano grande capacità di coniugare le sfide del mercato e la salvaguardia dell’ambiente.
E se oggi la maggior parte dei settori produttivi sono alle prese con la crisi economica post-pandemica, fa eccezione quello della Green Economy che, secondo quanto rilevato per conto di Ener2Crowd.com dall’International Center for Social Research, vede impegnati in ruoli dirigenziali —o comunque in attività di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi organizzazionali— quadri e dirigenti che nel 58% dei casi sono donne.
«Nel comparto tecnologico, poi, le aziende guidate dalle donne rendono ai loro investitori il 35% in più rispetto a quelle guidate dagli uomini» osservano gli analisti di Ener2Crowd.com.