Uno studio di fase 2-3 ha individuato in ozoralizumab un nuova possibile opzione per il trattamento dell’artrite reumatoide
Uno studio di fase 2-3 di recente pubblicazione su Arthritis & Rheumatology ha individuato in ozoralizumab un nuova possibile opzione per il trattamento dell’artrite reumatoide. La peculiarità dello studio risiede nel fatto che la molecola in questione si configura come primo anti-TNF di nuova generazione in quanto “nanobody”.
Nello specifico, ozoralizumab è un “nanobody” trivalente bispecifico che neutralizza il TNF e si lega all’albumina sierica umana, aumentandone l’emivita in vivo.
La molecola è stata messa a punto dall’azienda biotecnologica belga Ablynx (un’unità Sanofi) che, successivamente, ha stretto un rapporto di partnership con l’azienda giapponese Taisho Pharmaceuticals che sta portando avanti il programma di studi clinici per il suo sviluppo e (auspicabilmente) la successiva commercializzazione.
Razionale e disegno dello studio
Per circa 30 anni, i farmaci anti-TNF hanno rappresentato il trattamento iniziale per i pazienti con artrite reumatoide (AR) con risposta insoddisfacente a MTX o ad altri farmaci convenzionali.
Non tutti i pazienti rispondono o hanno un profilo di tollerabilità soddisfacente a questi farmaci, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Di qui l’attenzione del mondo farmaceutico alla ricerca di nuovi target terapeutici (citochine, Jak chinasi) e all’ottimizzazione di trattamento di quelli esistenti.
Ozoralizumab è un “nanobody”, una molecola ingegnerizzata che dovrebbe accumularsi nei tessuti infiammati, in qualche modo potenziando i suoi effetti laddove si concentra l’attività di malattia.
La molecola, come è già stato detto, si compone di due differenti anticorpi che legano il TNF più un terzo sito di legame all’albumina sierica, che ne prolunga l’emivita in circolo.
Nel nuovo trial OHZORA, i ricercatori hanno reclutato 381 pazienti con AR non responder a MTX, per randomizzarli, secondo uno schema 2:2:1, a trattamento iniettivo ogni 4 settimane e per 24 settimane (in costanza di trattamento con MTX) con:
– Ozoralizumab 30 mg
– Ozoralizumab 80 mg
– Placebo
Le caratteristiche dei partecipanti allo studio erano tipiche di quelle dei pazienti normalmente considerati candidabili alla terapia con farmaci anti-TNF: 3 pazienti su 4 erano di sesso femminile, l’età media era di 55 anni e la durata di malattia era pari, in media, a 7.8 anni.
I punteggi medi di attività di malattia al basale erano pari, rispettivamente, a 5,2 (DAS28-CRP) e a 5,8 (DAS28-ESR), mentre il punteggio medio totale di Sharp, una misura radiografica oggettiva del danno articolare, era pari a 27,5.
Gli endpoint primari dello studio erano rappresentati dalla risposta ACR20 a 16 settimane e dalla variazione a 24 settimane, rispetto al basale, del punteggio totale modificato di Sharp (ΔmTSS).
Risultati principali
La proporzione di pazienti che ha raggiunto la risposta ACR20 a 16 settimane è risultata significativamente maggiore (p<0,001) in entrambi i bracci di trattamento con ozoralizumab (30 mg= 79,6%; 80 mg= 75,3%) rispetto al gruppo placebo (37,3%). I miglioramenti osservati sono stati documentabili già a partire dalla prima settimana di trattamento.
In modo analogo, una proporzione di pazienti trattati con il farmaco sperimentale compresa tra il 50% e il 55% ha soddisfatto la risposta ACR50 rispetto al 12% dei pazienti del gruppo placebo, mentre la risposta ACR70 è stata raggiunta, rispettivamente, dal 28% e dal 34% dei pazienti trattati ai due dosaggi testati di ozoralizumab rispetto al 3% dei pazienti del gruppo placebo.
I punteggi medi DAS28 si sono ridotti di circa 2,5 punti a seguito del trattamento con ozoralizumab, rispetto ad un declino di circa 1,3 punti nel gruppo placebo.
I biomarcatori di infiammazione (CRP e ESR) si sono anch’essi ridotti in misura maggiore con il farmaco in sperimentazione rispetto al gruppo placebo.
Per quanto riguarda la progressione radiografica di malattia, è stato osservato un effetto dose-dipendente dei punteggio Sharp. Nello specifico, ozoralizumab non ha completamente arrestato la progressione di malattia, ma l’ha rallentata rispetto al placebo.
Quanto al punteggio totale Sharp, il valore medio di questo parametro è aumentato di 0,4 punti al dosaggio maggiore, 0,6 punti al dosaggio minore e 0,8 punti con placebo. Le due componenti del sistema a punteggio in questione (restringimento della rima articolare ed erosione) hanno seguito lo stesso andamento.
Per quanto riguarda la safety, i dati ottenuti sono stati in linea con la terapia con gli anti-TNF convenzionali. Gli eventi avversi seri sono stati rari – 11 su 381 partecipanti allo studio – e distribuiti tra i 3 bracci di trattamento.
Si è osservato un incremento del tasso di attacchi di herpes zoster con ozoralizumab (5 casi vs. 0 nel gruppo placebo).
Riassumendo
Nel complesso, i risultati del trial hanno dimostrato che ozoralizumab è in grado di ridurre in modo significativo i segni e i sintomi di AR, rispetto al placebo, nei pazienti con AR attiva in trattamento con MTX. Il profilo di tollerabilità del trattamento è risultato accettabile e non sono emersi nuovi segnali di safety rispetto a quanto già noto per gli anti-TNF convenzionali.
I dati a disposizione, quindi, sono stati considerati promettenti dai ricercatori e dall’azienda che sta curando lo sviluppo clinico del farmaco.
Uno studio di estensione in aperto, della durata di 3 anni, è attualmente in corso e verificherà l’efficacia e la sicurezza del trattamento nel lungo termine.
Bibliografia
Takeuchi T et al. Phase II/III results of the anti-TNF multivalent NANOBODY® compound ‘ozoralizumab’ in patient with rheumatoid arthritis (OHZORA trial). Arthritis & Rheumatology 2022
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