Maltempo: per Riccardo Martelli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, bisogna “gestire il rischio idrogeologico così come viene gestito quello sismico”
Pianificare gli interventi agricoli e forestali; gestire il rischio idrogeologico come quello sismico; migliorare i sistemi di monitoraggio degli eventi.
Sono questi i principali punti su cui, secondo Riccardo Martelli presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana, è necessario concentrarsi per provare a gestire eventi meteo estremi, sempre più frequenti. Ecco la sua riflessione su quello che è successo, per cercare di capire se siamo nelle condizioni di gestire i prossimi eventi di questo tipo.
“Partiamo dal sistema di allerta nel caso del nubifragio che a metà agosto ha colpito il Chianti fiorentino e che ha funzionato – spiega Martelli – l’evento era previsto, non con perfetta definizione della localizzazione e intensità, ma si sapeva che erano in arrivo eventi meteo importanti. La catena della Protezione Civile Regionale, della Città Metropolitana e Comunale hanno così diramato i vari comunicati in modo corretto e capillare. Stessa cosa per la gestione dell’emergenza, che in Toscana è storicamente ben condotta e messa in campo dalle strutture regionali e locali, ma soprattutto dall’instancabile lavoro dei volontari. Oggettivamente si è avuta la percezione che tutto sia stato operato nel modo migliore possibile. Va anche detto che l’evento di Ferragosto è stato importante, ma non da trattare col superlativo assoluto.
Passiamo alle possibili cause che hanno portato acqua e danni nei centri abitati. Da un lato c’è un evento meteo con oltre 70 mm di pioggia in circa un’ora e un cumulato di oltre 100 mm in 6 ore in pochi km quadrati; dall’altro c’è un lasso di tempo ridottissimo fra l’inizio della pioggia e il superamento del livello di guardia di alcuni corsi d’acqua. Tanto per fare un esempio, l’Ema a Ponte a Niccheri si è alzata di circa 3,5 m in due ore. A pochi chilometri di distanza le piogge sono state di molto inferiori, i danni pari a zero e i livelli idrometrici regolari. La dinamica generale è quella di eventi meteo violenti, rapidi e molto localizzati, che riescono a produrre cumulati ingenti, ma soprattutto livelli idrometrici importanti in brevissimo tempo. Piogge dello stesso ordine di grandezza hanno portato all’allagamento di San Polo in Chianti nel 2018, mentre a Firenze c’era il sole.
Diversamente dall’evento che colpì San Polo, questa volta il reticolo principale ha retto, grazie ad opere idrauliche realizzate negli anni passati. La cassa d’espansione di Capannuccia, gestita dal Consorzio di Bonifica Medio Valdarno, invisibile ai non addetti ai lavori, dato che consiste per lo più in una serie di argini inerbiti, perfettamente integrati nel paesaggio, ha impedito all’Ema di investire l’abitato di Grassina. Ho scelto volutamente l’aggettivo invisibile perché sono convinto che il grosso del lavoro per il contenimento di questi eventi possa essere svolto da interventi analoghi. Mi rendo conto che dal punto di vista politico siano proponibili con grande difficoltà, proprio perché invisibili, tuttavia queste sono opere (non le sole) che, pur se poco appariscenti o delle quali quasi nessuno percepisce l’utilità, garantiscono presidi efficaci.
Dunque perché siamo ancora così vulnerabili? La prima analisi condotta dal Consorzio di Bonifica competente evidenzia che il reticolo minore, gli affluenti dell’Ema nel caso specifico, non ha potuto smaltire gli afflussi eccezionali, perché dai versanti vi si è riversata una notevole quantità d’acqua, che ha ruscellato indiscriminatamente invece di infiltrarsi o essere trattenuta dal reticolo campestre. L’acqua ha così trovato sfogo altrove, riversandosi nelle strade e nei resedi delle case. Stessa dinamica nei centri abitati, dove la rete fognaria non è stata in grado di smaltire i volumi d’acqua.
Dunque, se vogliamo che il territorio aperto rappresenti un presidio contro l’arrivo nei centri abitati di migliaia di metri cubi di acqua in una sola volta, è necessario che questo venga governato come tale. È una sfida che richiede da un lato la perfetta conoscenza del territorio dal punto di vista geo-pedologico e geomorfologico (per prevederne la risposta in caso di evento meteo), dall’altro la più accurata risoluzione possibile dell’evoluzione dell’evento, cosa che la rete regionale dei pluviometri e il monitoraggio radar non è in grado di garantire per bacini idrografici di ridotte dimensioni. Sono necessari sistemi di monitoraggio degli eventi con definizione spaziale e temporale molto migliore di quelli attuali.
Ma non basta: è necessario che questi strumenti siano accompagnati da una pianificazione a scala comunale e sovracomunale degli interventi agricoli e forestali, proprio come adesso si pianifica lo sviluppo urbanistico dei comuni, oltre alla programmazione degli interventi di manutenzione.
A valle di questa fondamentale pianificazione, è tempo che si affronti la gestione del territorio aperto né più e né meno di come si affronta oggi la gestione delle aree urbane, mutuando da questa anche la definizione degli interventi. Si cominci ad esempio a ragionare in termini di ristrutturazione idrogeologica ordinaria e straordinaria, definizioni che vorremmo fossero incluse nella nuova legge di governo del territorio della Regione Toscana. Si cominci a gestire il rischio idrogeologico come viene gestito quello sismico: partire da una seria microzonazione, seguita da una verifica di vulnerabilità idrogeologica e dare corso a questi approfondimenti con interventi di miglioramento o adeguamento. Anche in questo caso, vorremmo che la legge di governo del territorio portasse in sé queste definizioni. In sintesi si tratta di rendere chiaro e lineare il percorso da intraprendere per mitigare gli effetti degli eventi meteo che si stanno palesando con tempi di ritorno sempre minori.
Lo scenario in cui programmiamo le nostre vite e attività sta cambiando rapidamente; dobbiamo farci trovare preparati, integrando le migliori tecnologie esistenti e sistemi di pianificazione già collaudati. D’altro canto è necessario che questa programmazione sia demandata agli enti locali, proprio perché è fondamentale che il concetto di microzonazione sia messo al centro di ogni soluzione che contrasti gli effetti di fenomeni figli del cambiamento climatico che connota il nostro tempo”.