La cura con epcoritamab, che si somministra per via sottocutanea, ha dimostrato di produrre risposte profonde e durature in pazienti con linfoma a grandi cellule B
Il trattamento con epcoritamab, un nuovo anticorpo bispecifico first-in-class che si somministra per via sottocutanea, ha dimostrato di produrre risposte profonde e durature in pazienti con linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario, nello studio di fase 2 EPCORE NHL-1, presentato a Vienna, durante il simposio presidenziale, al congresso della European Hematology Association (EHA).
Il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato superiore al 60% e quello di risposta completa quasi del 40%. Inoltre, la durata della risposta (DOR) mediana è stata di un anno e le risposte si sono ottenute rapidamente, dopo un tempo mediano di poco più di un mese.
«Epcoritamab è un nuovo anticorpo bispecifico sottocutaneo in fase di sviluppo», ha affermato Catherine Thieblemont, capo del dipartimento di emato-oncologia dell’Hôpital Saint-Louis di Parigi, presentando i risultati. «Sappiamo che il linfoma a grandi cellule B recidivante/refrattario è una malattia difficile, con una prognosi infausta. I risultati presentati dello studio EPCORE NHL-1 evidenziano un’attività notevole del farmaco in monoterapia, con tassi di risposta complessiva e di risposta completa clinicamente significativi».
Epcoritamab, nuovo bispecifico somministrato sottocute
Negli ultimi tempi, ha spiegato la Thieblemont sono statie sviluppate diverse terapie con nuovi meccanismi d’azione, ma persiste un bisogno non soddisfatto di opzioni terapeutiche più tollerabili e prontamente disponibili, in grado di indurre risposte rapide e durature nei pazienti con linfoma a grandi cellule B ricaduto/refrattario.
Epcoritamab è un nuovo anticorpo bispecifico che ha dimostrato in analisi preliminari di esercitare una potente attività antitumorale contro diversi tipi di linfoma non Hodgkin sia in monoterapia, sia in combinazione con diversi standard of care.
«Epcoritamab è un farmaco molto interessante, un anticorpo bispecifico che agisce legandosi da un lato all’antigene CD20 sulla cellula linfomatosa, ma in un sito di legame diverso rispetto a quello del ‘vecchio’ rituximab, e dall’altro lato ai linfociti T, attivandoli», ha spiegato Vitolo.
Inoltre, «si distingue da altri tipi di anticorpi bispecifici perché è una formulazione sottocutanea, che è francamente molto più pratica per i nostri pazienti e determina un rilascio più prolungato del farmaco. Quest’ultima caratteristica potrebbe essere uno dei meccanismi alla base della riduzione degli effetti collaterali osservata con epcoritamab rispetto ad altri anticorpi specifici».
Lo studio EPCORE NHL-1
Lo studio EPCORE NHL-1 (NCT03625037) è un trial multicentrico internazionale che ha arruolato pazienti con neoplasie a cellule B mature recidivanti/refrattarie, CD20-positive. I pazienti eleggibili dovevano avere un performance status ECOG non superiore a 2 ed essere stati sottoposti in precedenza ad almeno due linee di terapia, comprendenti almeno un anticorpo monoclonale anti-CD20. Inoltre, era consentito un precedente trattamento con le cellule CAR-T.
«Nello studio potevano essere inclusi anche pazienti non candidabili alla terapia con le CAR-T o che, addirittura, avevano fallito la terapia con le CAR-T; pazienti difficili, quindi, per i quali le terapie attuali sono armi spuntate», ha osservato Vitolo.
I partecipanti sono stati trattati con epcoritamab per via sottocutanea al dosaggio raccomandato per la fase 2, cioè 48 mg una volta alla settimana durante i primi tre cicli, due volte alla settimana durante i cicli da 4 a 9 e quattro volte a settimana dal ciclo 10 in poi. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità inaccettabile.
L’endpoint primario era l’ORR valutato da un comitato di revisori indipendenti, mentre gli endpoint secondari chiave comprendevano la DOR, il tempo di risposta, la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposta completa, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sicurezza/tollerabilità.
La coorte con linfoma a grandi cellule B
All’EHA la Thieblemont ha presentato i risultati della fase di espansione dello studio relativi alla coorte di pazienti con linfoma a grandi cellule B, che comprendeva pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), linfoma a cellule B di alto grado (HGBCL), linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B (PMBCL) e linfoma follicolare di grado 3B (FL Gr3B).
In questa coorte, l’età mediana dei pazienti era di 64 anni (range: 20-83), la metà di essi aveva un performance status ECOG di 1 e il 47% aveva un performance status pari a 0.
La maggior parte dei pazienti aveva un DLBCL (89%), tra cui un 70% aveva un DLBCL de novo. Nove pazienti avevano un HGBCL, quattro un PMBCL e cinque un FL Gr3B.
La mediana delle linee di terapia precedenti già effettuate era pari a 3 (range: 2-11) e il 71% dei pazienti ne aveva già effettuate almeno 3. Inoltre, la maggior parte dei pazienti (il 61%) aveva mostrato una refrattarietà primaria e la maggior parte (l’83%)era risultata refrattaria all’ultima terapia sistemica. Il 39% dei pazienti era già stato sottoposto alla terapia con cellule CAR-T e il 75% di essi era andato in progressione entro 6 mesi dalla somministrazione delle CAR-T.
Tasso di risposta oltre il 60% e risposte durature
Al momento del cut-off dei dati (31 gennaio 2022), con un follow-up mediano di 10,7 mesi (range: 0,3-17,9), nei 157 pazienti con linfoma a grandi cellule B trattati con epcoritamab si è osservato un ORR del 63% (IC al 95% 55%-71%), con un tasso di risposta completa del 39% (IC al 95% 31%-47%) e un tasso di risposta parziale del 24%. Il 3% dei pazienti ha ottenuto una stabilizzazione della malattia e il 24% ha mostrato una progressione del linfoma.
Complessivamente, la DOR mediana è risultata di 12,0 mesi (range: da 0+ a 15,5+), mentre il tempo mediano di risposta è risultato di 1,4 mesi (range: 1,0-8,4). Nei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa, tuttavia, la mediana della DOR non è stata raggiunta e il tempo mediano di raggiungimento della risposta completa è stato di 2,7 mesi (range: 1,2-11,1).
«Un dato da sottolineare è che il tempo di risposta è stato molto breve, e questo è importante per controllare una malattia come il linfoma a grandi cellule B, che è un tipo di linfoma aggressivo», ha sottolineato Vitolo.
Inoltre, la sopravvivenza globale mediana (OS) non è stata raggiunta e i tassi di OS a 6 e 12 mesi sono risultati rispettivamente del 70,6% (IC al 95% 62,7%-77,2%) e 56,9% (IC al 95%,3 %-65,4%).
Risposte coerenti nei sottogruppi e elevate anche nei pazienti già trattati con CAR-T
Al momento del cutoff dei dati, il 32% dei pazienti stava continuando il trattamento, mentre il restante 68% lo aveva interrotto. I motivi per cui i pazienti hanno interrotto la terapia sono stati la progressione della malattia (53%), effetti avversi (7%), l’effettuazione del trapianto allogenico di cellule staminali (4%), il ritiro dallo studio per decisione del paziente (3%) e altro (1%).
Ulteriori analisi hanno mostrato che i risultati relativi alle risposte sono stati coerenti nei diversi sottogruppi chiave. L’ORR è risultato almeno del 46% indipendentemente dall’età, dall’istologia della malattia, dall’aver già effettuato o meno la terapia con cellule CAR T o dal numero di precedenti linee di trattamento.
Nei pazienti naïve alla terapia con le CAR-T (96) l’ORR è risultato del 69% con un tasso di risposta completa del 42%, mentre nei pazienti trattati con le CAR-T i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 64% e 34% e in quelli risultati refrattari alle CAR-T rispettivamente del 46% e 28%.
«Un dato molto interessante è che anche nei pazienti in cui le CAR-T non hanno funzionato, che sono quelli sicuramente a prognosi peggiore, il tasso di risposta completa è rimasto soddisfacente, a dimostrazione dell’elevata efficacia di epcoritamab», ha sottolineato Vitolo.
Anche i pazienti di 75 anni o più (29) e quelli con DLBCL trasformato (40) hanno mostrato tassi di risposta particolarmente elevati, con ORR rispettivamente del 72% e 68%.
Risposte con MRD negativa correlate con la PFS
La PFS mediana è risultata di 4,4 mesi (IC al 95% 3,0-7,9) e la PFS a 6 mesi del 43,9% (IC al 95% 35,7%-51,7%). Tuttavia, nei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa la PFS mediana non è stata raggiunta e l’89% di questi pazienti era ancora in risposta completa alla valutazione dei 9 mesi.
Inoltre, un’analisi esplorativa del DNA tumorale circolante ha mostrato che le risposte associate a una negatività alla malattia residua minima (MRD) erano durature e correlate con la PFS. Tra i 107 pazienti valutabili, il tasso di MRD-negatività è risultato del 45,8% (IC 95%, 36,1%-55,7%)
Epcoritamab ben tollerato
Nel complesso, ha riferito la Thieblemont, epcoritamab è stato ben tollerato.
La maggior parte degli eventi avversi è stata di basso grado e si è manifestata durante i primi 3 cicli di trattamento.
Gli venti avversi comuni di qualsiasi grado sono stati sindrome da rilascio di citochine (CRS; 49,6%), neutropenia (28%), piressia (23,5%) e affaticamento (22,9%). Dieci pazienti hanno manifestato neurotossicità (ICANS) di qualsiasi grado, che in 9 di essi è stata di grado 1 o 2 e si è risolta; solo un paziente ha manifestato ICANS di grado 5.
CRS e neurotossicità per lo più di basso grado
«Gli anticorpi bispecifici, come classe, hanno come effetti collaterali principali la sindrome da rilascio di citochine e una tossicità neurologica particolare, entrambe basate sull’attivazione dell’infiammazione. In genere, però, questi effetti collaterali, che sono tipici anche delle CAR-T, con gli anticorpi specifici sono meno pronunciati», ha sottolineato Vitolo.
«La sindrome da rilascio di citochine si è manifestata più o meno nella metà dei pazienti, però praticamente in tutti i casi è stata di grado lieve (1 o 2) e solo in pochissimi casi, circa il 2%, di grado 3. Un altro tipo di tossicità che è stata registrata è la neutropenia, ma è difficile dire, in questo caso, quanto sia effettivamente legata al farmaco in studio, dato che i pazienti avevano già effettuato parecchie linee di terapie precedenti», ha proseguito il Professore.
Il 31,8% dei pazienti ha sviluppato una CRS di grado 1, il 15,3% di grado 2 e solo il 2,5% di grado 3. Il tempo mediano di esordio della CRS dalla somministrazione delle prima dose piena è stato di 20 ore e la sindrome si è risolta nel 98,7% dei casi. Il tempo mediano di risoluzione dalla somministrazione della prima dose piena è stato di 48 ore e solo un paziente ha dovuto interrompere il trattamento a causa della CRS.
«Anche nell’esperienza del nostro centro, nel quale abbiamo attualmente parecchi pazienti in trattamento con epcoritamab, da solo o in combinazione con altri agenti (all’interno di trial clinici, ndr), effettivamente abbiamo registrato davvero pochissimi casi di sindrome da rilascio di citochine, di grado 1. Un effetto collaterale, quindi, sostanzialmente molto facile da controllare o con il solo paracetamolo o, eccezionalmente, con una singola dose dell’anti-IL6 tocilizumab», ha spiegato l’esperto italiano.
«Una delle strategie per mitigare la sindrome da rilascio di citochine consiste proprio nello schema di somministrazione ‘step up’ di epcoritamab, per cui il farmaco viene dato a una dose bassa inizialmente, poi a una dose intermedia la settimana successiva, e solo alla terza settimana si raggiunge la dose piena. Un altro strumento per ridurre gli effetti collaterali è rappresentato dalla formulazione sottocutanea», ha rimarcato Vitolo.
Ampie possibilità di sviluppo
«Epcoritamab è ben tollerato e produce risposte profonde e durature in questa coorte di pazienti con linfoma diffuso recidivante/refrattario, difficile da trattare», ha detto la Thieblemont nelle sue conclusioni.
«Epcoritamab è un farmaco ancora sperimentale, ma con ampie possibilità di sviluppo», ha affermato Vitolo. «Attualmente, il suo posto in terapia può essere come agente singolo per pazienti alla terza o alla quarta recidiva, soprattutto la recidiva post-CAR-T. Per il futuro, tuttavia, lo immagino soprattutto in combinazione con altri schemi, o di tipo chemioterapico o, meglio ancora, con agenti immunomodulanti, in modo da potenziare l’effetto dell’immunoterapia per questi pazienti con linfoma a grandi cellule B». Inoltre, ha aggiunto il Professore, «stanno emergendo dati altrettanto interessanti, con tassi di risposta elevatissime, anche nel linfoma follicolare, con schemi di associazione senza chemioterapia».
«Ritengo che epcoritmab potrà essere posizionato rapidamente anche in fasi più precoci della terapia e, un domani – perché no – anche associato alla terapia tradizionale di prima linea nei pazienti ad alto rischio, per aumentarne la risposta e migliorare la prognosi», ha concluso l’esperto.
Bibliografia
C. Thieblemont, et al. Primary results of subcutaneous epcoritamab dose expansion in patients with relapsed or refractory large B-cell lymphoma: a phase 2 study. EHA 2022; abstract LB2364.