Il Parlamento europeo vuole proteggere il diritto fondamentale dei lavoratori alla disconnessione dal lavoro e a non essere raggiungibili al di fuori dell’orario lavorativo
Gli strumenti digitali hanno fatto aumentare l’efficienza e la flessibilità di datori di lavoro e dipendenti ma hanno anche creato la cultura della reperibilità continua 24 ore su 24: i lavoratori sono facilmente raggiungibili in qualsiasi luogo e a qualsiasi ora, anche fuori dall’orario lavorativo. La tecnologia ha reso possibile lavorare in smartworking (cioè in telelavoro con orari flessibili), mentre COVID-19 e il lockdown ne hanno reso capillare l’utilizzo.
Lo smartworking rende poco chiara la distinzione tra vita privata e professionale
Nonostante lo smartworking abbia salvato posti di lavoro e reso possibile a diverse aziende di sopravvivere alla crisi del coronavirus, questa modalità ha anche reso poco chiara la distinzione tra la vita privata e vita professionale. Molte persone lavorano anche fuori dal proprio orario lavorativo, rovinando il loro equilibrio tra attività professionale e vita privata.
Chi lavora regolamente in smartworking ha il doppio delle probabilità di lavorare più dell’orario massimo lavorativo stabilito dalla direttiva sull’orario di lavoro rispetto a coloro che non lo fanno.
Il massimo dell’orario lavorativo e il minimo dell’orario di riposo
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Massimo di 48 ore lavorative settimanali
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Minimo di 11 ore consecutive di riposo giornaliere
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Minimo di 4 settimane di ferie annuali retribuite
Una connettività costante può causare problemi di salute
Il riposo è essenziale per il proprio benessere e la connettività costante al lavoro ha delle conseguenze sulla salute. Lavorare e rimanere seduti di fronte a uno schermo troppo a lungo riduce la capacità di concentrazione, causa un sovraccarico cognitivo ed emotivo e può essere alla base di emicranie, affaticamento degli occhi, senso di affaticamento, deprivazione del sonno, ansia o burn out. Inoltre una posizione statica e dei movimenti ripetitivi possono provocare tensione muscolare e patologie muscolo-scheletriche, specialmente negli ambienti di lavoro che non rispettano gli standard ergonomici non fornendo per esempio sedie e scrivanie adeguate.
Il Parlamento europeo chiede una nuova legge UE
Il diritto alla disconnessione al momento non è definito da una legge UE e il Parlamento vuole cambiare la situazione. Il 21 gennaio 2021 ha chiesto alla Commissione europea di proporre una legge che permetta ai lavoratori di disconnettersi al di fuori dell’orario lavorativo senza conseguenze e che stabilisca degli standard di base da rispettare per il lavoro da remoto.
Il Parlamento ha sottolineato che le interruzioni al tempo di riposo e l’estensione delle ore lavorative rischiano di provocare straordinari non pagati e un impatto negativo sulla salute, sull’equilibrio tra vita privata e professionale e sul riposo. Ha quindi chiesto che i datori di lavoro non possano chiedere ai propri dipendenti di essere disponibili al di fuori del loro orario lavorativo e che i collaboratori evitino di contattare i colleghi per motivi di lavoro quando non sono disponibili.
Un’altra richiesta è che gli Stati membri assicurino che i lavoratori che invocano il diritto alla disconnessione siano protetti da ripercussioni negative, oltre a mettere in campo dei meccanismi per il reclamo e le violazioni al diritto alla disconnessione. L’apprendimento da remoto e la formazione dovrebbero essere considerati come attività lavorative e non dovrebbero essere svolti nell’orario di riposo o nei giorni liberi senza una compensazione adeguata.
La maggior parte degli Stati membri UE hanno regolamentato lo smartworking, ma solo quattro (Belgio, Francia, Italia e Spagna) riconoscono il diritto alla disconnessione.