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Ogni anno 55mila nuove diagnosi di tumore del seno

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Con circa 55mila nuove diagnosi in un anno il tumore del seno rappresenta quasi un terzo di tutti i tumori che colpiscono le donne e il 14,6% di quelli diagnosticati in Italia

“Con circa 55.000 nuove diagnosi in un anno il tumore del seno rappresenta quasi un terzo di tutti i tumori che colpiscono le donne e il 14,6% di tutti i tumori diagnosticati nel nostro Paese. Numerosi i trattamenti e le terapie innovative disponibili che hanno cambiato la storia clinica delle pazienti. Ed essendo uno dei tumori più frequenti, deve essere affrontato con modelli che riescano a coniugare in maniera virtuosa l’aspetto clinico e quello organizzativo. La cura del tumore al seno nelle Breast Unit, ad esempio, ha un impatto notevole: riduce la mortalità a 5 anni del 18%. In questo contesto, si inserisce oggi la possibilità della territorializzazione come risposta alla necessità di un percorso di cura completo e omogeneo. Il “territorio” è da intendersi come un prezioso alleato delle strutture ospedaliere di oncologia, perché permette e favorisce una presa in carico più diffusa anche attraverso una coordinata dislocazione del personale sanitario che a rotazione può operare in diversi setting di cura tra ospedale e territorio”.

E’ quanto ha dichiarato, durante un convegno, la professoressa Rossana Berardi, ordinario di oncologia all’Università politecnica delle Marche e direttrice della Clinica oncologica dell’Aou Ospedali Riuniti di Ancona. “La pandemia – prosegue Berardi, che è anche consigliere dell’Associazione italiana di oncologia medica e presidente di Women for Oncology Italy – ci ha evidenziato come nella presa in carico dei pazienti oncologici sia importante il ruolo del territorio e, soprattutto, quanto sia importantissimo evitare per pazienti e caregiver i “viaggi della salute” per raggiungere i centri di cura spesso lontano centinaia di chilometri dal comune di residenza del paziente. Ma ovviamente che non si può demandare al territorio tutto quello che viene fatto in ospedale. Al territorio si possono affidare prevenzione, follow-up e alcune terapie che possono essere fatte a livello domiciliare”. Per l’oncologa è necessaria “una regia unica, che guardi il percorso che passa anche attraverso la formazione del professionale. Non ci devono essere un’oncologia di serie A (dell’ospedale) e un’oncologia di serie B (del territorio) – avverte Berardi – in modo tale che la paziente possa trovare la stessa équipe che sul territorio può prendersi cura della paziente”.

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