In un periodo storico come quello attuale, caratterizzato da forti incertezze a livello sia globale che locale, il comparto industriale – e, in modo particolare, quello delle cosiddette “industrie energivore” – si ritrova, giorno dopo giorno, ad affrontare difficoltà di ogni genere.
Basti pensare ai continui stop and go dovuti alla situazione sanitaria che, dopo aver superato le fasi più critiche nel biennio 2020-2021, sembra finalmente aver raggiunto un momento di relativa stabilità. Ad oggi, tuttavia, a destare maggiore preoccupazione sono le recenti tensioni tra Russia e Ucraina.
Difatti, oltre a costituire un innegabile fattore di rischio per l’Italia e l’Europa, tali avvenimenti hanno dato luogo ad una crisi che tocca svariati ambiti e che, a sua volta, si riflette sull’intera economia. Problematiche come il mancato approvvigionamento di cereali e, soprattutto, il rapido aumento del prezzo dei carburanti hanno messo a dura prova tanto le piccole, quanto le grandi aziende, con conseguenze negative per una vasta fetta della popolazione.
Le imprese energivore
La questione, se possibile, diviene ancora più complessa per tutte quelle realtà che ricadono sotto la classificazione di “imprese energivore”, che comprende industrie cartiere, del settore tessile e manifatturiero, come anche acciaierie, produttori di ceramiche e molti altri.
Si tratta, infatti, di settori considerati centrali nella società contemporanea, poiché da essi dipende la produzione – e, quindi, la disponibilità – di centinaia di articoli di uso comune; pensiamo, ad esempio, all’invenzione della carta igienica, ai generi alimentari, ecc. Un eventuale rallentamento provocherebbe gravi danni, non solo di carattere finanziario.
Ciò che accomuna tali imprese – circa 3.000 in Italia, secondo il registro pubblicato sul portale energivori della Csea – è l’elevato consumo di energia elettrica. Consumo che, in media, deve corrispondere ad almeno un Gwh per anno, come stabilito dal Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 21 dicembre 2017 (entrato in vigore dal 1° gennaio 2018), contenente anche tutti i requisiti e gli obblighi previsti per questa categoria.
Come si prospetta il futuro?
Ma come appare il futuro – a breve e a lungo termine – per le industrie energivore?
La prima considerazione da fare è la seguente: alla luce degli eventi più recenti e di quelli ancora in corso, essere inclusi all’interno dell’elenco gestito dalla Csea – o Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali – è una questione di forte rilievo sia per la singola impresa, sia per mantenere in salute interi settori (altrimenti a rischio per via dei costi insostenibili).
Le ragioni di tutto ciò sono di natura principalmente economica: per far fronte alla situazione globale, infatti, il Governo ha disposto vari tipi di aiuti (vedi Decreto Energia, Decreto Aiuti e Decreto Ucraina bis) a sostegno delle aziende, facilitando al contempo le procedure burocratiche per accedervi. Di quali misure si parla? Si va dal potenziamento di alcuni bonus all’erogazione di crediti di imposta, fino ai contributi straordinari volti a compensare le spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica o gas, riconfermati per tutto il 2022 e, ove necessario, aumentati (dal 20% al 25% per energia elettrica, dal 15% al 20% per il gas).
La seconda riflessione, invece, riguarda il mantenimento (e l’eventuale incremento) delle agevolazioni appena descritte. È auspicabile che, in uno scenario del genere, l’assistenza da parte del Governo prosegua nella stessa direzione, magari affiancando ulteriori provvedimenti che mirino ad accrescere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con il duplice scopo di ridurre, via via, i prezzi e, parallelamente, incentivare la tutela dell’ambiente.