Mieloma: nuovi dati sulla tripletta ixazomib-lenalidomide-desametasone


Mieloma multiplo recidivato/refrattario: la tripletta ixazomib-lenalidomide-desametasone è efficace anche nei pazienti già esposti a lenalidomide

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Nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario trattati nella pratica clinica di routine, una precedente esposizione a lenalidomide non sembra impattare sull’efficacia di un trattamento successivo con la tripletta formata dall’inibitore del proteasoma ixazomib più lenalidomide e desametasone (regime IRd), mentre una precedente esposizione a un inibitore del proteasoma influisce sugli outcome che si osservano con IRd. Lo evidenziano i risultati di un’analisi dello studio INSURE, presentati al congresso della European Hematology Association (EHA), svoltosi recentemente a Vienna.

Inoltre, l’analisi mostra che i pazienti che erano risultati refrattari alla lenalidomide o all’inibitore del proteasoma non hanno raggiunto gli stessi risultati, quando trattati con la tripletta IRd, rispetto a quelli non refrattari a questi agenti; tuttavia, hanno sottolineato gli autori nelle loro conclusioni, i pazienti che erano già stati esposti a lenalidomide o all’inibitore del proteasoma possono ottenere un beneficio clinico quando trattati con la combinazione IRd. Pertanto, una precedente esposizione a questi agenti non dovrebbe precludere l’impiego della tripletta con ixazomib in linee successive di trattamento.

I dati di sopravvivenza libera da progressione (PFS) nei pazienti naïve o esposti in precedenza a lenalidomide o un inibitore del proteasoma e trattati poi con la tripletta ixazomib-Rd sono risultati in linea con la mediana di PFS riportata nello studio TOURMALINE-MM1 (20,6 mesi). Nello specifico, la mediana di PFS è risultata di 21,6 mesi nei pazienti che erano naïve alla lenalidomide e 25,8 mesi in quelli già esposti all’immunomodulatore, mentre non è stata raggiunta in quelli naïve all’inibitore del proteasoma ed è risultata di 19,7 mesi in quelli già esposti a questo farmaco. Nei pazienti che erano risultati refrattari a lenalidomide, invece, la PFS mediana è risultata di 5,8 mesi, mentre in quelli refrattari all’inibitore del proteasoma è risultata di 12,9 mesi.

Lo studio INSURE
I risultati dello studio INSURE, già comunicati al congresso dell’American Society of Hematology (ASH) nel 2021, si riferiscono a un’analisi aggregata di tre studi, lo studio prospettico INSIGHT MM, lo studio osservazionale UVEA-IXA e lo studio prospettico/retrospettivo REMIX. Con INSURE, gli sperimentatori hanno dimostrato che l’efficacia della tripletta ixazomib-Rd per il trattamento dei pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario nella pratica clinica di routine è paragonabile all’efficacia dimostrata nello studio TOURMALINE-MM1, con una PFS mediana complessiva rispettivamente di 19,5 e 20,6 mesi, senza che siano emersi nuovi segnali di sicurezza.

I dati sull’efficacia del ritrattamento con agenti utilizzati in linee di terapia precedenti sono limitati, spiegano gli autori nel loro abstract, ma potrebbero essere, invece, di particolare rilevanza per i pazienti con mieloma multiplo che recidivano o sono risultati refrattari dopo un trattamento con lenalidomide o inibitori del proteasoma.

La nuova analisi
Con questa nuova analisi, Hans Lee, dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, e i suoi colleghi volevano rispondere alla domanda se pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario che siano già stati esposti a lenalidomide o a un inibitore del proteasoma possano ottenere un beneficio clinico se ritrattati con questi agenti all’interno del regime ixazomib-Rd.

Per l’analisi dello studio INSURE gli autori hanno considerato pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato/refrattario, e che erano stati trattati con la tripletta ixazomib-Rd dalla seconda linea in avanti.

Gli endpoint primari dello studio erano la PFS e il tempo alla terapia successiva (TTNT). Gli endpoint secondari comprendevano, invece, durata del trattamento (DOT), sopravvivenza globale (OS), tasso di risposta obiettiva (ORR) e sicurezza (le interruzioni dovute a eventi avversi sono state riportate separatamente per ogni studio).

In questa analisi pre-specificata, i pazienti sono stati raggruppati in base alla precedente esposizione a lenalidomide e/o all’inibitore del proteasoma, come naïve, già esposti o refrattari.

Per l’analisi dei dati, sono stati inclusi 562 pazienti adulti affetti da mieloma multiplo ricaduto o refrattario che erano stati trattati con l’inibitore del proteasoma e/o lenalidomide nelle precedenti linee di terapia. Di questi, 391 erano naïve a lenalidomide, 100 erano già stati esposti al farmaco e 71 erano risultati refrattari, mentre rispettivamente 37,408 e117 risultavano naïve, già esposti o refrattari all’inibitore del proteasoma, e 81 erano stati esposti ad entrambi gli agenti.

ORR superiore nei pazienti non refrattari
L’ORR è risultato del 67,5% nei pazienti naïve alla lenalidomide, 61,8% in quelli già esposti al farmaco e 48,7% in quelli risultati refrattari ad esso. Inoltre, l’ORR è risultato del 70,8% nei pazienti naïve all’inibitore del proteasoma, 67,1% in quelli già esposti al farmaco e 51,4% in quelli refrattari.

In generale, così come osservato per i risultati di PFS, i pazienti che erano risultati refrattari a lenalidomide o all’inibitore del proteasoma non hanno ottenuto gli stessi outcome di risposta di quelli che invece non avevano mostrato refrattarietà. Ciò, per lo meno in relazione a un precedente trattamento con lenalidomide, sembra legato alla profondità delle risposte: infatti, nel gruppo dei pazienti refrattari l’ORR è risultato costituito da un maggior numero di risposte parziali (PR) rispetto al gruppo dei pazienti che non avevano sviluppato una resistenza.

Inoltre, la mediana della DOT è risultata di 15,3 mesi nei pazienti naïve alla lenalidomide,15,6 mesi in quelli esposti all’immunodulatore e 4,6 mesi in quelli risultati refrattari al farmaco. Nei pazienti naïve all’inibitore del proteasoma, invece, la DOT mediana è risultata di 20,4 mesi, in quelli già esposti a un farmaco di questa classe è risultata di 15,2 mesi e in quelli refrattari di 7,6 mesi.

Infine, il TTNT mediano è risultato di 19,8 mesi nei pazienti naïve alla lenalidomide, 19,6 in quelli già esposti al farmaco e 5,2 mesi in quelli refrattari ad esso, mentre nei pazienti naïve all’inibitore del proteasoma il TTNT mediano è risultato di 24 mesi, in quelli esposti in precedenza a questo farmaco è risultato di 18,9 mesi e in quelli refrattari ad esso di 10,3 mesi.

I dati relativi all’OS, invece, non sono ancora maturi.

Profilo di sicurezza 
Poiché i dati sulla sicurezza sono stati raccolti in modo diverso in ciascuno studio (i dati relativi alle interruzioni per eventi avversi non erano disponibili per lo studio REMIX), gli eventi avversi, le interruzioni e le riduzioni di dose legate agli eventi avversi sono state riportate per ogni studio separatamente.

Nello studio REMIX, l’incidenza complessiva degli eventi avversi è risultata del 69% nei pazienti naïve alla lenalidomide, 58,7% in quelli già esposti all’immunomodulatore e 62,5% in quelli risultati refrattari al farmaco, mentre è risultata del 60% nei pazienti naïve all’inibitore del proteasoma, 64,7% in quelli già esposti a questo tipo di agente e 73,9% in quelli risultati refrattari ad esso.

Negli studi INSIGHT-MM e UVEA-IXA, i pazienti che hanno dovuto ridurre il dosaggio di ixazomib sono risultati complessivamente il 29,6% fra quelli che erano naïve alla lenalidomide, il 10,3% fra quelli già esposti all’immunodulatore e lo 0% fra quelli risultati refrattari ad esso, mentre quelli che hanno dovuto ridurre il dosaggio di lenalidomide sono risultati rispettivamente il 37%, 24,6% e 12,4%, e quelli che hanno dovuto ridurre il dosaggio di desametasone sono risultati rispettivamente il 17%, 2,6% e 7,1%.

Sempre in questi due studi, i pazienti che hanno dovuto interrompere il trattamento sono stati rispettivamente il 50,2%, 34,9% e 35,5% nel caso di ixazomib, rispettivamente il 37,7%, 34,9% e 28,4% nel caso di lenalidomide e rispettivamente il 29%, 20,5% e 24,8% nel caso di desametasone.

In conclusione
Lee e colleghi concludono, dunque, che i pazienti trattati in precedenza con lenalidomide o un inibitore del proteasoma possono ottenere un beneficio clinico se trattati con ixazomib-lenalidomide-desametasone, suggerendo che un’esposizione precedente non dovrebbe precludere l’uso di questi agenti nelle linee di terapia successive.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che i risultati sono migliori nei pazienti non risultati refrattari a lenalidomide e/o all’inibitore del proteasoma, rispetto a quelli refrattari ai due agenti.

Bibliografia
H.C. Lee, et al. Impact of prior treatment exposure on the effectiveness of ixazomib-lenalidomide-dexamethasone in relapsed/refractory multiple myeloma patients treated in routine clinical practice (the INSURE study). EHA 2022; abstract P925. Link