Sindromi mielodisplastiche: quando rischiano di diventare leucemia acuta


Sindromi mielodisplastiche: uno studio italiano analizza il rischio di evoluzione in leucemia acuta e permette di migliorare la classificazione dei pazienti

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Un gruppo di ricerca dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) e dell’Università degli Studi di Padova, coordinato dal Prof. Renato Zambello e dal Prof. Gianpietro Semenzato, ha recentemente reso noto i dati di uno studio italiano multicentrico, svolto in collaborazione con la Prof.ssa Valeria Santini (Università di Firenze), Presidente del comitato scientifico della Fondazione Italiana Sindrome Mielodisplastiche (FISiM). I risultati della ricerca, pubblicati sulla prestigiosa rivista Leukemia, mostrano caratteristiche utili a migliorare la stratificazione dei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche (MDS). I primi autori dell’articolo sono la Dott.ssa Giulia Calabretto (VIMM e Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova) e il Dott. Enrico Attardi (Università di Firenze).

Le sindromi mielodisplastiche comprendono un ampio ed eterogeneo gruppo di patologie ematologiche, caratterizzate da un elevato rischio di evoluzione a leucemia acuta. I ricercatori hanno studiato la più ampia casistica descritta finora di sindromi mielodisplastiche “ipocellulate”, che rappresentato un raro sottogruppo di MDS. Hanno così identificato le caratteristiche cliniche e i marcatori molecolari associati a una maggiore aspettativa di vita nei pazienti affetti da questa patologia.

La novità di questo studio riguarda soprattutto i meccanismi biologici alla base del diverso comportamento clinico”, sottolinea la ricercatrice Giulia Calabretto. “Nel sangue dei pazienti con MDS ipocellulate si trovano specifiche popolazioni di linfociti, chiamate cellule Natural Killer e linfociti T citotossici, che potrebbero avere un ruolo cruciale nel controllare la malattia o piuttosto nel promuoverne la progressione”.

“La scoperta apre importanti prospettive per il trattamento di questi pazienti, in quanto la terapia potrebbe essere personalizzata a seconda del sottogruppo di malattia”, conclude il Direttore Scientifico del VIMM, Gianpietro Semenzato. “Parallelamente diventa fondamentale un’accurata e preliminare classificazione dei pazienti”.

Lo studio è stato reso possibile grazie alla rete FISiM e al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, della Fondazione Lucia Valentini Terrani e di una borsa di studio erogata dal Dipartimento di Medicina per lo studio delle malattie rare (DIMAR) alla Dott.ssa Calabretto.