Oncologia: una campagna per l’importanza della nutrizione clinica


La campagna educazionale “L’importanza della nutrizione clinica nel paziente oncologico” promossa dall’associazione La Lampada di Aladino, con il patrocinio della FAVO

Tumori: la dieta ipoglicemizzante determina effetti positivi per i pazienti secondo i risultati di uno studio della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori 

In ambito oncologico un corretto apporto nutrizionale si considera ormai un intervento decisivo per il paziente. Nelle nostre realtà esistono però ancora ampi margini di miglioramento: è necessario da un lato implementare l’informazione rivolta ai malati, sensibilizzare i caregiver e il personale sanitario ad iniziare dai clinici e, dall’altro, favorire la collaborazione sul campo tra oncologi e nutrizionisti clinici. Obiettivi al centro della campagna educazionale “L’importanza della nutrizione clinica nel paziente oncologico” promossa dall’associazione La Lampada di Aladino, con il patrocinio della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) e della Regione Lombardia con il contributo non condizionante di Fresenius Kabi.

L’iniziativa si è articolata anche in una survey rivolta ai pazienti di sei strutture ospedaliere lombarde (Rho, Milano, Pavia, Lodi, Cremona e Como) al fine di valutare gli esiti della campagna e come gli stessi malati percepiscono l’offerta dei servizi di nutrizione clinica. Che cosa è emerso? «Va detto che la survey ha rilevato il percepito del paziente, non è detto che rappresenti la dimensione oggettiva dei servizi», spiega Davide Petruzzelli, presidente de La Lampada di Aladino e membro dell’esecutivo nazionale FAVO. «Tant’è che dalle risultanze della survey le perplessità dei pazienti ricadono persino su centri in cui la Nutrizione Clinica è di fatto ben strutturata e valida. Nell’insieme le risultanze della survey evidenziano quanto sia ancora poco diffusa la conoscenza sulle tematiche pertinenti la nutrizione in Oncologia».

«Bisognerebbe innanzitutto – continua Petruzzelli – mettere in atto una divulgazione appropriata e continuativa, calibrata per target diversi, che consenta la comprensione dei molteplici aspetti della nutrizione in Oncologia, dall’alimentazione quotidiana fino alle tecniche enterali e parenterali. Non dimentichiamo che acquisire conoscenza e consapevolezza in tale ambito è funzionale anche per i clinici chiamati a dialogare con i nutrizionisti. E’ altrettanto necessario che gli aspetti della nutrizione in Oncologia, ormai sdoganati anche dal Ministero della Salute, vengano di fatto integrati nei percorsi clinici erogati nelle strutture oncologiche a livello regionale e nazionale. A tal proposito, la collaborazione e il dialogo tra reti oncologiche e reti di nutrizione clinica rappresentano la “chiave di volta” a garanzia dell’ottimizzazione di questo articolato processo, reti che necessitano di concreti riconoscimenti ufficiali e di supporti economici reali.  Ad oggi disponiamo delle Linee di Indirizzo del Ministero della Salute, della Carta dei Diritti e delle Raccomandazioni Cliniche di AIOM-SINPE-FAVO, delle Linee Guida di ESPEN, di molta documentazione prodotta dalle società scientifiche che consentono di definire modelli integrati di approccio nutrizionale specialistico e multidisciplinare, prevedendo figure professionali specifiche. Bisogna arrivare a tradurre tutto ciò in realtà concrete atte ad eliminare il gap tra le evidenze scientifiche osservazionali e la pratica clinica corrente, passaggio che richiede l’intervento istituzionale a livello regionale. Solo così si potranno avere percorsi diagnostici e terapeutici specifici per le diverse tipologie di neoplasie finalizzati a trattare il rischio nutrizionale dei pazienti, consentendo il miglioramento dei risultati clinici e della qualità di vita dei malati di cancro.

«Va detto che non tutte le Oncologie dispongono di un servizio di Nutrizione Clinica integrata: quattro su sei nei centri che hanno partecipato alla survey», puntualizza Sara Di Bella, dirigente medico della UO Oncologia Medica, ASST Rhodense. «Già questo è un elemento differenziante tra le varie realtà. Inoltre, i percorsi all’interno di questi servizi non sono esattamente identici e andrebbero uniformati. Dalla survey, inoltre, emerge che i pazienti non sono perfettamente consapevoli delle potenzialità del servizio. Non si tratta solo di valutare lo stato nutrizionale durante il percorso terapeutico ma, ad esempio, c’è anche la possibilità di effettuare il trattamento a domicilio (nutrizione enterale e parenterale, ndr), come avviene a Rho attraverso l’assistenza domiciliare integrata. A volte i pazienti non conoscono le modalità per attivare questo servizio: l’input arriva dal clinico che compila un’apposita scheda e la affida all’infermiera case-manager. In questo modo riproduciamo al domicilio quanto viene impostato in reparto dall’oncologo in collaborazione con il dietista ed eventualmente l’internista esperto in nutrizione clinica (così avviene nel nostro centro che non possiede un servizio di nutrizione clinica integrata).

«Le figure da coinvolgere in tale percorso sono tantissime nel mondo ideale. In primis l’oncologo e gli esperti di nutrizione, nel nostro caso dietiste, da non confondere con la figura del nutrizionista clinico, che è un medico», sottolinea ancora Di Bella. «Il primo step dello screening nutrizionale può essere effettuato dall’oncologo o dalla dietista; mentre il secondo step, riguardante la personalizzazione del trattamento, dovrebbe essere multidisciplinare con al centro la figura del nutrizionista esperto in ambito oncologico, in collaborazione con oncologo, otorinolaringoiatra, chirurgo, gastroenterologo, radioterapista, psicologi, infermieri. Molto dipende dal tipo di tumore e ci sono situazioni particolari come i tumori del cavo orale o gastrico dove gli assorbimenti a volte sono diversi. Non è necessario che tutti gli ospedali dispongano di tale servizio, ma sarebbe importante stabilire un percorso dedicato in modo tale che il clinico sappia dove poter inviare il paziente, magari in un centro nelle vicinanze».

La malnutrizione ha un pesante impatto negativo sui pazienti oncologici, i cui bisogni nutrizionali sono stringenti. Lo spiegano Paolo Pedrazzoli, direttore UOC di Oncologia dell’IRCCS San Matteo di Pavia e Riccardo Caccialanza, direttore UOC di Dietetica e Nutrizione Clinica dello stesso istituto. I dati della letteratura mostrano che la gravità della malnutrizione è un fattore predittivo di una minore sopravvivenza, comportando un decadimento della qualità di vita, aumento della tossicità delle terapie oncologiche, peggioramento dell’esito post-operatorio e ospedalizzazione significativamente più lunga. Fattori fortemente impattanti sulla vita delle persone alle prese con una malattia tumorale.

Da qui l’importanza dello screening, della valutazione e del trattamento della malnutrizione: gli interventi nutrizionali devono essere implementati in parallelo alla terapia oncologica. «Occorre incorporare in modo sistematico la valutazione e il monitoraggio dello stato nutrizionale nei trattamenti oncologici: il supporto nutrizionale dovrebbe essere considerato un tratto distintivo della buona pratica clinica, nonché un diritto imprescindibile di ogni paziente», osserva Caccialanza. «Dalla diagnosi in poi, individualizzare le esigenze nutrizionali di ogni paziente oncologico è infatti un fattore chiave per migliorare l’efficacia dell’approccio terapeutico. Una stretta collaborazione multidisciplinare tra clinici con diverse competenze rappresenta il fattore chiave del trattamento oncologico».

E’ importante che gli interventi nutrizionali siano continuamente adattati alla condizione del paziente. In primis l’attenzione si porta all’alimentazione, anche con l’ausilio di supplementi orali che in Lombardia a seguito del decreto della DG Welfare N14274 del 25/10/2021 possono essere forniti gratuitamente al domicilio previa prescrizione specialistica, La dieta, in alcuni casi, può poi essere ulteriormente integrata con la nutrizione artificiale enterale (attraverso l’apparato gastroenterico) o parenterale (attraverso il torrente circolatorio), a giudizio del nutrizionista clinico.

«Negli ultimi anni l’attenzione sul tema della nutrizione in oncologia è cresciuta notevolmente e abbiamo assistito ad importanti cambiamenti, questo grazie alla sempre più frequente collaborazione tra Società Scientifiche e Associazioni Pazienti, che svolgono un ruolo chiave all’interno del Sistema salute» ha sottolineato Paolo Pedrazzoli. «La strada è ancora lunga e c’è molto da fare, ma lavorando in sinergia con le Istituzioni si potranno raggiungere importanti risultati. Il primo tra gli interventi da mettere in atto è sicuramente quello di mantenere un costante flusso di informazione e formazione: corretta informazione verso il paziente affinché non si affidi a regimi dietetici potenzialmente dannosi e formazione verso tutti gli specialisti che ruotano intorno al paziente oncologico, compresa anche la formazione in ambito universitario che andrebbe sicuramente potenziata. Inoltre è indispensabile adottare un approccio multidisciplinare per la corretta gestione del paziente e, infine, portare avanti protocolli di studio che portino reali evidenze di quanto la nutrizione clinica dia beneficio al paziente e rappresenti un fattore chiave sia per la prevenzione sia per la cura dei tumori», ha concluso Pedrazzoli.