Covid: bocciati i farmaci ivermectina, metformina e fluvoxamina


Per prevenire una forma grave da Covid-19 nessuno farmaco tra fluvoxamina, l’antiparassitario ivermectina e metformina si è rivelato efficace

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Per prevenire una malattia grave da Covid-19 nessuno farmaco “repurposed”, cioè già in uso per altre indicazioni ma riposizionato per un nuovo uso, tra l’antidepressivo fluvoxamina, l’antiparassitario ivermectina e l’ipoglicemizzante metformina, si è rivelato efficace. Lo dicono i risultati di uno studio di confronto con il placebo pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Durante la pandemia di Covid-19, in particolare prima dello sviluppo di vaccini efficaci, medici e ricercatori hanno provato a testare molti farmaci già in uso che avevano una anche minima possibilità di essere efficaci nel trattamento o nella prevenzione della malattia.

A causa della diminuzione dell’efficacia del vaccino e dell’emergere di nuove varianti del virus, sono ancora necessari trattamenti ambulatoriali precoci ampiamente disponibili per la sindrome respiratoria acuta grave causata del virus SARS-CoV-2 e per prevenire la malattia grave, hanno premesso gli autori. L’accesso alla terapia ambulatoriale rimane limitata, gravi interazioni farmaco-farmaco possono impedirne l’uso e l’efficacia degli anticorpi monoclonali è messa in discussione dall’evoluzione del virus.

Sulla base di modelli biofisici, tra i possibili farmaci in grado di soddisfare questa esigenza ci sono metforminaivermectina e fluvoxamina. La metformina ha dimostrato attività antinfiammatoria, è in fase di studio per l’attività antivirale e ha dimostrato di proteggere dal danno polmonare i topi a cui è stato inoculato il virus SARS-COV-2. L’ivermectina ha mostrato nei topi un’attività contro il virus da 50 a 100 volte superiore rispetto a quella osservata negli esseri umani. La fluvoxamina ha un’azione antinfiammatoria e alcuni dati ne suggeriscono un’attività antivirale.

Valutazione dell’efficacia di tre farmaci non antivirali
Lo studio di fase III, randomizzato e controllato con placebo, si è svolto da dicembre 2020 a gennaio 2022 ed è stato condotto da ricercatori dell’Università del Minnesota. Ha valutato se uno qualsiasi dei tre farmaci testati, fluvoxamina, ivermectina e metformina, fosse in grado di aiutare i pazienti se prescritto subito dopo la diagnosi di Covid. Alcuni soggetti hanno ricevuto una combinazione dei farmaci.

Dal momento che in uno studio precedente l’ivermectina a una dose di 300 microgrammi per chilogrammo al giorno non aveva evidenziato un effetto significativo, i ricercatori hanno testato una dose più alta, una mediana di 430 microgrammi per chilogrammo al giorno.

Tutti i 1.323 partecipanti sono stati arruolati entro tre giorni dalla diagnosi confermata di infezione e meno di sette giorni dopo l’insorgenza dei sintomi. L’età variava da 30 a 85 anni (media 46 anni). Più della metà (56%) erano donne, il 6% delle quali incinta. Il 52% dei partecipanti era stato vaccinato e tutti erano in sovrappeso o obesi.

L’endpoint composito primario includeva ipossiemia, definita come una saturazione di ossigeno inferiore o uguale al 93% misurata a domicilio tramite un ossimetro, visita al pronto soccorso, ricovero o decesso.

Efficacia non differente dal placebo
L’odds ratio aggiustato rispetto al placebo per un evento primario era 0,84 per metformina (P=0,19), 1,05 per ivermectina (P=0,78) e 0,94 per fluvoxamina (P=0,75).

Nelle analisi secondarie predefinite, gli odds ratio aggiustati per una visita al pronto soccorso/ricovero in ospedale/decesso e ricovero/decesso con i tre farmaci erano:

  • 0,58 e 0,47 con metformina
  • 1,39 e 0,73 con ivermectina
  • 1,17 e 1,11 con fluvoxamina

La conclusione è stata che nessuno dei farmaci ha dimostrato un effetto significativo su ipossiemia, visite al pronto soccorso, ricovero o decesso. La metformina ha suggerito un possibile beneficio nel prevenire gli aspetti più gravi, in primo luogo la visita al pronto soccorso, il ricovero o il decesso, hanno scritto gli autori guidati da Carolyn Bramante, assistente professore di medicina interna e pediatria presso la University of Minnesota Medical School.

Inutile e dannoso utilizzare farmaci inefficaci
In un editoriale di accompagnamento, Salim Abdool Karim e Nikita Devnarain della Mailman School of Public Health della Columbia University di New York City, hanno osservato che i medici fanno più male che bene quando utilizzano farmaci dei quali non è stata dimostrata l’efficacia nel trattare una determinata condizione.

«Prescrivere trattamenti non efficaci non è un’opzione neutra o innocua. Questa pratica non solo impedisce ai pazienti di ricevere il trattamento giusto, ma può anche portare a potenziali effetti collaterali e carenza di farmaci per i pazienti che ne hanno bisogno per altre patologie» hanno sottolineato. «Quindi è importante avere evidenze affidabili di non efficacia e che questi studi vangano pubblicati. È anche importante che vengano condotti più trial randomizzati e controllati rigorosi per fornire evidenze inequivocabili sull’efficacia dei nuovi trattamenti».

«In linea con la pratica medica basata sull’evidenza, i pazienti con Covid-19 devono essere trattati con farmaci efficaci. Non meritano niente di meno» hanno concluso.

Bibliografia

Bramante C et al. Randomized Trial of Metformin, Ivermectin, and Fluvoxamine for Covid-19. N Engl J Med 2022; 387:599-610. Leggi

Abdool Karim SS, Devnarain N. Time to Stop Using Ineffective Covid-19 Drugs. N Engl J Med 2022; 387:654-655. Leggi