In Mozambico i medici del Cuamm a fianco degli sfollati di Cabo Delgado. Don Dante Carraro: “Ripreso il servizio per trasferire i pazienti”
Motorini e piccoli furgoni adibiti ad ambulanze per trasferire i pazienti bisognosi di un intervento chirurgico sono tornati a percorrere le strade di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, dopo giorni di stop legati al conflitto tra militari e ribelli e all’assassinio della missionaria italiana suor Maria De Coppi.
A riferirlo all’agenzia Dire (www.dire.it) è don Dante Carraro, direttore dell’ong padovana Medici con l’Africa Cuamm, presente nell’area da prima dell’intensificarsi delle violenze nel 2017. “Con l’afflusso di un numero crescente di sfollati abbiamo organizzato campi per accogliere, fornendo cibo e assistenza sanitaria” sottolinea il sacerdote. “Invece di costruire nuove cliniche abbiamo messo su un sistema di trasporto con mezzi adibiti ad ambulanze per i casi più complicati, dove l’assistenza sul posto non è possibile”.
“LA NOSTRA VERA FORZA SONO GLI ATTIVISTI COMUNITARI”
A gestire il servizio sono quattro o cinque operatori del Cuamm coadiuvati da una cinquantina di “attivisti comunitari”, la “nostra vera forza” sottolinea don Carraro, giovani mozambicani che parlano la lingua locale e garantiscono il legame con i villaggi.
Lo stop ai trasferimenti e alle attività di sensibilizzazione aveva seguito nuovi episodi di violenza. Tra questi l’uccisione di suor De Coppi, assassinata nella missione di Chipene, a sud di Cabo Delgado, nella provincia di Nampula.
Secondo don Carraro, l’episodio, che sarebbe stato seguito da una rivendicazione del gruppo Stato islamico, ha alimentato ansia e timori sul piano della sicurezza. “Dalla provincia di Nampula a quella di Sofala e alla città di Beira la distanza è relativamente breve“, sottolinea il direttore del Cuamm, “e se davvero ci fosse una matrice jihadista anche noi dovremmo alzare ulteriormente il livello di guardia”.
ALLARME CRESCIUTO ALCUNE SETTIMANE FA
L’allerta era aumentata già settimane fa. “Sia nella provincia di Cabo Delgado che in quella di Nampula nell’ultimo mese ci sono stati scontri, sia presso Shure che tra le città di Pemba sulla costa e Montepuez più a ovest” riferisce don Carraro. “Sembra che le violenze siano state commesse da sbandati in fuga da Palma e da Mocimboa da Praia, spinti a sud in cerca di cibo”.
A Cabo Delgado le operazioni dell’esercito del Mozambico sono coadiuvate da un contingente ruandese, che opera nel quadro di una missione della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc). Il conflitto è cominciato dopo la scoperta di giacimenti di gas offshore, dove ora lavorano società multinazionali, dall’americana Anadarko all’italiana Eni. “Il Cuamm era già da tempo attivo nell’area, che è la seconda provincia più povera del Paese sia in termini di reddito che di indicatori sanitari, per via di una mortalità materna e infantile tra le più elevate” riferisce don Carraro. “Abbiamo realizzato un intervento nella zona di Palma e di Mocimboa da Praia, consegnando un ospedale rurale, e poi ci siamo spostati a sud, a Pemba e a Montepuez“. Con l’aumento delle violenze nel 2017 in queste aree è cominciato l’afflusso degli sfollati, centinaia di migliaia di persone che hanno raggiunto il confine con Nampula.
“A Pemba, dove i parti sono circa 1800 l’anno, sosteniamo il reparto di neonatologia dell’ospedale riabilitando e fornendo una dozzina di lettini” riferisce don Carraro. “Lo stesso abbiamo fatto a Montepuez, in una struttura un po’ più piccola, sapendo che la mortalità è alta soprattutto nel primo mese di vita e che il punto fondamentale resta la formazione del personale”.
Don Carraro sottolinea che gli interventi dell’ong sono stati concordati con il governo del Mozambico e hanno fornito risposte a bisogni chiave delle comunità, che ne hanno tratto beneficio e hanno manifestato la propria soddisfazione. “C’è stato un impatto concreto per le mamme e i bambini”, continua il direttore del Cuamm. Convinto d’altra parte che il contesto a livello locale stia cambiando, anche in conseguenza della scoperta del gas, che offre opportunità ma pone anche problemi. “Bisogna ragionare sull’impatto che queste cose hanno nell’insieme” premette don Carraro. “Può accadere che ci siano fasce della popolazione che hanno più benefici di altre, come ad esempio le comunità costiere dei pescatori, che potrebbero risultare invece penalizzate”. Quello del direttore del Cuamm è anche un punto interrogativo. “Il tema”, dice, “è come gestire un grosso intervento offshore, anche sulla terraferma, rispetto a un’economia di sussistenza che c’era prima”.