Uno studio dell’Università di Padova e dell’Inaf indica che le galassie lontane hanno riserve di idrogeno atomico comparabili a quelle delle galassie più vicine
L’evoluzione di una galassia è caratterizzata dalla formazione di nuove stelle e dalla trasformazione di quelle preesistenti. Lo scenario standard della formazione stellare nelle galassie prevede che ci sia stato un picco di attività circa 11-12 miliardi di anni fa e che da allora le galassie abbiano cominciato a formare progressivamente sempre meno stelle. Ma cosa determina questo comportamento? Le stelle si formano a partire dal collasso di dense nubi di idrogeno molecolare che a loro volta si formano quando gli atomi di idrogeno neutro si legano insieme. Una galassia “consuma” idrogeno neutro, lo trasforma in idrogeno molecolare e, successivamente, in stelle. Per mantenere attiva la formazione di nuove stelle, una galassia, quindi, necessita di un continuo rifornimento di idrogeno atomico.
Come si genera il nuovo idrogeno neutro all’interno delle galassie? La letteratura scientifica suggerisce due vie: l’accrescimento di gas diffuso dal mezzo intergalattico (accrescimento cosmologico), la fusione di galassie (galaxy merging). Finora le relazioni che legano l’idrogeno neutro, ad altre proprietà osservabili delle galassie, è stato osservato in modo diretto solo nell’Universo vicino, corrispondente all’ultimo miliardo di anni.
Nell’articolo dal titolo “Mightee-Hi: Evolution of Hi Scaling Relations of Star-forming Galaxies at z < 0.5” pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, il team di ricerca guidato da Francesco Sinigaglia, dottorando al Dipartimento di fisica e astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova e associato all’Istituto nazionale di astrofisica – unitamente ai ricercatori di Mightee (MeerKat International GHz Tiered Extragalactic Exploration) – ha misurato per la prima volta le relazioni che legano la massa di idrogeno atomico alla massa stellare e al tasso di formazione stellare in galassie a una distanza corrispondente a 4 miliardi di anni fa.
«Abbiamo osservato, a una distanza mai raggiunta finora, come la variazione di idrogeno atomico muti in funzione della quantità di stelle e del tasso di formazione stellare in lontane galassie “attive” (star-forming)», spiega Sinigaglia, primo autore dello studio. «I risultati indicano che queste galassie lontane 4-5 miliardi di anni hanno riserve di idrogeno atomico comparabili a quelle delle galassie attuali, soprattutto nel caso delle galassie massicce. Questo dato, sapendo che la formazione delle stelle consuma rapidamente l’idrogeno atomico, può essere spiegato ipotizzando che esista un meccanismo che “rifornisce” di idrogeno atomico, in modo efficiente e dall’esterno, le galassie. Puntiamo in futuro a interpretare, utilizzando modelli teorici, quale meccanismo di rifornimento di idrogeno sia quello predominante ai fini di spiegare i risultati ottenuti dalle osservazioni».
«Sebbene sia evidente che l’idrogeno atomico rivesta un ruolo fondamentale, poiché è l’ingrediente primario per poter formare stelle, non è chiaro se si “limiti” a essere tale o se influenzi in modo più profondo la storia e la modalità di formazione stellare. Ecco perché diventa fondamentale capire se esistano o meno correlazioni tra la massa di idrogeno atomico e le altre proprietà delle galassie», aggiunge Giulia Rodighiero, professoressa del Dipartimento di fisica e astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova e coordinatrice locale della partecipazione in Mightee. «Per far questo ci servono sia i dati sull’idrogeno neutro provenienti da MeerKat, situato in Sudafrica, che quelli sull’idrogeno molecolare ottenuti con telescopi submillimetrici come Alma, situato in Cile nel deserto di Atacama».
«In futuro estenderemo, anche attraverso nuovi dati provenienti da MeerKat e da altri radiotelescopi, lo studio a distanze maggiori e a nuove proprietà galattiche per capire come l’interazione con altre galassie, e in generale l’ambiente in cui esse vivono, influenzi la massa di idrogeno. Utilissima», conclude Sinigaglia, «sarà quindi la collaborazione al progetto Ska (Square Kilometre Array), una delle infrastrutture astronomiche più grandi e affascinanti operativo a partire dal 2030, che ha come obiettivo la costruzione della più grande rete di radiotelescopi al mondo tra Australia e Sudafrica».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “MIGHTEE-HI: Evolution of HI Scaling Relations of Star-forming Galaxies at z<0.5”, di Francesco Sinigaglia, Giulia Rodighiero, Ed Elson, Mattia Vaccari, Natasha Maddox, Bradley S. Frank, Matt J. Jarvis5, Tom Oosterloo, Romeel Davé, Mara Salvato, Maarten Baes, Sabine Bellstedt, Laura Bisigello, Jordan D. Collier, Robin H. W. Cook, Luke J. M. Davies, Jacinta Delhaize, Simon P. Driver, Caroline Foster, Sushma Kurapati, Claudia del P. Lagos, Christopher Lidman, Pavel E. Mancera Piña, Martin J. Meyer, K. Moses Mogotsi, Hengxing Pan5, Anastasia A. Ponomareva, Isabella Prandoni, Sambatriniaina H. A. Rajohnson, Aaron S. G. Robotham, Mario G. Santos, Srikrishna Sekhar, Kristine Spekkens, Jessica E. Thorne, Jan M. van der Hulst e O. Ivy Wong