Secondo un nuovo studio condotto in Israele l’antivirale nirmatrelvir per il trattamento dei sintomi del Covid protegge gli anziani dal rischio decesso
Secondo un nuovo studio condotto in Israele e appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, l’antivirale nirmatrelvir per il trattamento dei sintomi del Covid-19 dovuti alla variante omicron ha determinato una importante riduzione di ospedalizzazioni e decessi tra i pazienti con almeno 65 anni di età, senza evidenza di beneficio negli adulti più giovani.
Il 22 dicembre 2021, l’Fda ha rilasciato un’autorizzazione all’uso d’emergenza (EUA) per l’antivirale orale nirmatrelvir per il trattamento della Covid-19 da lieve a moderata in pazienti ad alto rischio di progressione verso la malattia grave. I pazienti ricevono il farmaco per 5 giorni consecutivi, a partire da 5 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi.
I dati a sostegno dell’EUA della FDA provengono dallo studio EPIC-HR (Evaluation of Protease Inhibition for Covid-19 in High-Risk Patients), uno studio randomizzato e controllato in cui nirmatrelvir è stato valutato in adulti sintomatici ad alto rischio, non ospedalizzati, senza una precedente immunità contro il SARS-CoV-2, ottenuta sia attraverso la vaccinazione che attraverso un’infezione confermata da SARS-CoV-2 quando la variante B.1.617.2 (variante delta) era quella predominante in circolazione.
Il trattamento con nirmatrelvir è attualmente raccomandato dal National Institutes of Health (NIH) come prima scelta per la terapia antivirale per gli adulti non ospedalizzati ad alto rischio di progressione della malattia, indipendentemente dallo stato vaccinale. Tuttavia, il NIH ha affermato che i dati sull’efficacia clinica del farmaco contro la variante omicron sono ancora scarsi, nonostante gli studi in vitro ne abbiano mostrato una potente azione inibitoria.
Pertanto, l’obiettivo dello studio israeliano coordinato da ricercatori del Clalit Research Institute di Tel Aviv è stato quello di valutare l’efficacia di nirmatrelvir nella prevenzione di esiti gravi di Covid-19 durante il picco di omicron in una popolazione con un’immunità diffusa contro il SARS-CoV-2.
All’inizio dell’ondata della variante Omicron nel gennaio 2022, le autorità israeliane avevano deciso di perseguire due linee di difesa per proteggere le popolazioni vulnerabili e ad alto rischio di una grave malattia da Covid-19: una seconda dose di richiamo del vaccino e una terapia antivirale.
L’idoneità al trattamento antivirale era molto più ampia di quella definita nello studio di registrazione EPIC-HR, dato che includeva anche i soggetti con precedente immunità e che rappresentavano la maggioranza dei pazienti ad alto rischio nella popolazione israeliana.
Uno studio israeliano su 43mila soggetti
Nell’analisi di quasi 43mila soggetti con Covid-19 di età pari o superiore a 65 anni, lo studio retrospettivo realizzato in Israele ha rilevato che il ricovero si è verificato in 11 dei 2.484 pazienti trattati con nirmatrelvir (14,7 casi per 100mila giorni-persona) e in 766 pazienti non trattati (58,9 casi ogni 100mila giorni-persona, aHR 0,27) L’aHR per il decesso a causa del Covid era 0,21.
Invece, negli oltre 66mila soggetti infetti di età compresa tra 40 e 64 anni, il ricovero si è verificato in sette dei 1.418 pazienti trattati (15,2 casi ogni 100mila giorni-persona) e in 327 pazienti non trattati (15,8 casi ogni 100mila giorni-persona, aHR 0.74), con una differenza non significativa. L’aHR per il decesso a causa del Covid era 1,32.
Lo studio suggerisce che durante il picco di omicron, i tassi di ospedalizzazione e di morte dovuti a Covid-19 erano significativamente più bassi tra gli adulti di 65 anni o più che avevano ricevuto il trattamento con nirmatrelvir rispetto agli adulti più giovani che avevano ricevuto tale trattamento, indipendentemente dal fatto che un paziente avesse o meno una precedente immunità a SARS-CoV-2.
Una differenza osservata nell’efficacia del trattamento con nirmatrelvir tra i pazienti di età pari o superiore a 65 anni e quelli di età inferiore a 65 anni è stata evidenziata anche nell’analisi di sottogruppo pubblicata dello studio EPIC-HR. «Come previsto, il rischio osservato di ricovero ospedaliero dovuto a Covid-19 nel nostro studio (che è stato condotto durante il periodo omicron-predominante) è stato sostanzialmente inferiore a quello riportato nello studio EPIC-HR durante l’onda delta» hanno fatto presente i ricercatori. «Tuttavia, all’interno di questo gruppo di età più avanzata, l’incidenza di eventi è stata maggiore nel sottogruppo di pazienti senza precedente immunità alla SARS-CoV-2 (277 su 3318 pazienti, 8%) rispetto al sottogruppo con precedente immunità (505 su 39.503 pazienti, 1%).
Come riportato dagli autori, la decisione di dividere la coorte in base all’età superiore o inferiore ai 65 anni è stata presa sulla base dei risultati dell’analisi per sottogruppi nello studio EPIC-HR.
«Durante il picco della variante omicron, tra gli adulti di età pari o superiore a 65 anni i tassi di esiti gravi di Covid-19 erano significativamente inferiori tra quanti hanno ricevuto nirmatrelvir rispetto ai soggetti non trattati» hanno concluso. «Tuttavia negli adulti più giovani non sono state identificate prove di un qualsiasi beneficio».
«Dobbiamo ripensare a come stiamo utilizzando questo farmaco, considerati questi risultati e quelli del trial Epic-SR, che non ha raggiunto l’endpoint primario (attenuazione auto-riportata e sostenuta di tutti i sintomi per quattro giorni consecutivi)» ha dichiarato Walid Gellad, direttore del Center for Pharmaceutical Policy and Prescribing dell’Università di Pittsburgh, non coinvolto nello studio. «Stiamo trattando troppo le persone sotto i 50 anni relativamente sane che potrebbero essere idonee al trattamento con nirmatrelvir per via di fattori di rischio moderati, ma che non sono realmente ad alto rischio di sviluppare una malattia grave».
Bibliografia
Arbel R et al. Nirmatrelvir Use and Severe Covid-19 Outcomes during the Omicron Surge. N Engl J Med. 2022 Aug 24.