Le prime, storiche, immagini catturate dalle fotocamere Leia e Luke a bordo di LiciaCube nel corso della prima missione italiana in “deep space”
Siamo noi. Quel grumo di pixel in bianco e nero che vedete è la Terra, lì dentro ci siamo anche noi – anche voi che state leggendo. Il genere – la foto dallo spazio con soggetto il nostro pianeta – è ormai un classico, dal celebre “Earthrise” dell’Apollo 8 al “Pale Blue Dot” ritratto nel 1990 da Voyager 1. A rendere speciale quest’ultimo scatto è il “fotografo”: a firmarlo è infatti Leia, una delle due camere a bordo di LiciaCube, un piccolo satellite tutto italiano che ha l’incarico di documentare l’impatto della sonda della Nasa Dart con un asteroide, il piccolo Dimorphos.
Le fotocamere a bordo di LiciaCube – un nanosatellite dell’Agenzia spaziale italiana creato nei laboratori torinesi della Argotec – sono due: Leia, che assolve alle funzioni di “teleobiettivo”, e Luke, che invece è un “grandangolo”. E ora che LiciaCube si è separato da Dart entrambe hanno voluto mettere alla prova le proprie capacità: Leia immortalando, appunto, la “Terra crescente”; Luke cimentandosi con uno scatto a colori delle “sette sorelle”, le Pleiadi.
«Si tratta della prima missione italiana nello spazio profondo», ricorda a proposito di LiciaCube Elisabetta Dotto, ricercatrice all’Inaf di Roma e coordinatrice del gruppo di ricercatori che lavora alla missione sin dalla sua ideazione, «e queste prime immagini delle Pleiadi e della Terra ci hanno permesso di verificare il corretto funzionamento del sistema di acquisizione e invio dei dati a Terra».
E come funziona, il sistema? Se a un occhio profano, abituato alle immagini spettacolari di Hubble o Jwst, possono sembrare due fotografie non proprio entusiasmanti, per gli addetti ai lavori hanno invece un significato che va ben oltre il loro puro valore simbolico. «Trattandosi di una missione tecnologicamente molto complessa realizzata da un nanosatellite che vola a circa 24000 km/h a 14 milioni di km dalla Terra, siamo molto orgogliosi del lavoro fatto sin qui», commenta infatti Dotto.
Va poi sottolineato che Leia e Luke sono state progettate ad hoc per immortalare un soggetto a esse molto più vicino di quanto non sia la Terra, per non parlare delle Pleiadi. È infatti l’impatto della sonda interplanetaria Dart con il minuscolo Dimorphos – un asteroide in orbita attorno al poco più grande Didymos – il reportage che LiciaCube dovrà portare a casa. E saranno immagini cruciali per comprendere se – e come – potremo essere in grado di impiegare la cosiddetta tecnica dell’impattatore cinetico per modificare la traiettoria di un oggetto potenzialmente pericoloso: in altre parole, per difendere la Terra da un futuro impatto con un asteroide deviandone la traiettoria.
«Non abbiamo ancora immagini del sistema Didymos-Dimorphos», spiega Dotto al riguardo, «perché è ancora troppo lontano: al momento dell’impatto di Dart, tra meno di tre giorni, alle 1:14 ora italiana del 27 settembre, saremo a più di mille km di distanza e testimonieremo l’evento come una variazione di luminosità del nostro target. Arriveremo al punto di massimo avvicinamento a Dimorphos circa tre minuti dopo l’impatto, per cercare di testimoniarne gli effetti e studiare in particolare lo sviluppo della nube di polveri sollevata».
Per saperne di più:
- Leggi su Planetary and Space Science l’articolo “LICIACube – The Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids In support of the NASA DART mission towards asteroid (65803) Didymos”, di Elisabetta Dotto, Vincenzo Della Corte, et al.