“Sono nato così, ma non ditelo in giro”: il racconto ironico della vita delle persone con disabilità di Mattia Muratore, campione paralimpico di powerchair hockey affetto da osteogenesi imperfetta
“E anche oggi mi sono svegliato handicappato. Mannaggia al cazzo, direte voi. No, ragazzi, vi sbagliate. Nascere disabile è stato il più grande affare della mia vita. Diciamoci la verità. Essere disabili al giorno d’oggi conviene! Lo sanno tutti”. Bastano queste poche parole per capire il carattere di Mattia Muratore, classe 1984, residente ad Arcore, laureato in Giurisprudenza e impiegato presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca. Segni particolari: ha l’osteogenesi imperfetta, conosciuta anche come la “malattia delle ossa di cristallo”. Soprattutto, però, gli piace ridere e scherzare, anche sulle cose serie; anzi, specialmente sulle cose serie, perché è convinto che il tono leggero, l’ironia in particolare, sia lo strumento più efficace per trasmettere concetti seri e importanti senza correre il rischio che la gente si stanchi, e magari sbuffi anche.
A Mattia Muratore piace anche scrivere, lo fa da quando è piccolo, e ora ha pubblicato un volume che s’intitola “Sono nato così, ma non ditelo in giro”, dove racconta un po’ della sua vita ma non solo, recuperando un tesoretto di pensieri, riflessioni e appunti messi da parte nel corso degli anni. “Scrivere è stato sempre il mio modo per esprimere le sensazioni e le emozioni che avevo dentro, ma l’ho sempre fatto per me stesso fino al momento in cui mi sono accorto che alcune delle cose che avevo composto negli anni potevano rientrare in un progetto più organico”, spiega Mattia a OMaR. “Mi riferisco a racconti che hanno come filo conduttore la disabilità descritta in maniera molto diretta, che ho scritto concentrandomi sulla vita concreta delle persone con disabilità piuttosto che sulla specifica malattia o sulla disabilità in sé. Il risultato è una serie di storie, ognuna contraddistinta dal suo particolare ritmo: alcune sono più malinconiche, altre più leggere e spensierate, altre ancora che fanno arrabbiare”.
Tanti, infatti, sono gli argomenti trattati all’interno del libro, a partire proprio dal primo esilarante capitolo sui vantaggi insiti nella condizione di “handicappato”: oltre alla pensione anticipata e ai parcheggi gratis, spiega Mattia, se hai una disabilità non ti metteranno mai in galera, visto che le carceri non sono accessibili, e avrai la libertà di fare quello che ti pare, perché nessuno avrà mai niente da ridire.
Ma il volume contiene anche esperienze e riflessioni che vanno al di là dell’ironia: “Il libro è ricco di messaggi”, puntualizza l’autore. “Si parla anche di sport, di amicizia, di relazioni sentimentali, o delle difficoltà che le persone con disabilità incontrano nel tentativo di inserirsi nel mondo del lavoro”. Per esempio, su quest’ultimo tema, Mattia scrive: “Noi disabili motori ci dividiamo in tre grandi categorie. Ci sono quelli che stanno troppo male per riuscire a lavorare. Poi ci sono quelli che, anche se potrebbero fare qualcosa, hanno accettato il ruolo istituzionale che la società moderna ha attribuito loro da tempo, ossia quello di non fare una beata fava da mattina a sera. Infine c’è chi, in barba ad antichi precetti e convenzioni, spinto da strani impulsi motivazionali, si è messo in testa di ritagliarsi un ruolo nel mondo. Con la pretesa addirittura di provare a lavorare, produrre, fatturare, contribuire anche se in minima parte al progresso sociale. Più o meno come fanno tutti gli altri, quelli sani”.
FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE