Scompenso cardiaco: presentata una meta-analisi di oltre 12.000 pazienti sull’impiego di dapagliflozin ed empagliflozin
Presentata a Barcellona nel corso dell’ESC22, una meta-analisi di oltre 12.000 pazienti – effettuata sugli studi DELIVER (risultati esposti l’altro ieri) ed EMPEROR-Preserved (comunicati l’anno scorso, all’ESC21), condotti rispettivamente con dapagliflozin ed empagliflozin – ha rilevato che i due inibitori SGLT2 – rispetto al placebo – riducono la morte cardiovascolare (CV) o l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (HF) del 20% nei pazienti HF con frazione di eiezione lievemente ridotta (HFmrEF) e conservata (HFpEF).
«Queste terapie sono raccomandate per tutti i pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF) con raccomandazione più debole per quelli con HFmrEF e HFpEF» ha ricordato il primo autore dell’analisi, Muthiah Vaduganathan del Brigham e Women’s Hospital, Harvard Medical School di Boston (Stati Uniti).
«Rimangono delle incertezze per quanto riguarda gli effetti di questi farmaci sulla mortalità e in specifiche sottopopolazioni di pazienti con HFmrEF e HFpEF. Tuttavia, nessuno dei due singoli studi sopracitati è stato progettato o potenziato per affrontare questi problemi» ha aggiunto.
Dati dagli studi DELIVER ed EMPEROR-Preserved
Questa meta-analisi prespecificata (ovvero stabilita prima che i risultati di DELIVER fossero noti) ha utilizzato dati a livello di partecipante dello studio DELIVER e dati a livello di studio dell’EMPEROR-Preserved e ha impiegato definizioni armonizzate di endpoint e sottogruppi, ha specificato Vaduganathan.
La meta-analisi – ha spiegato – si è inoltre estesa ai grandi 5 trial con elevato numero di pazienti arruolati su cui si basa la totalità delle prove relative agli inibitori SGLT2 nell’HF, ovvero: oltre a DELIVER ed EMPEROR-Preserved, a DAPA-HF ed EMPEROR-Reduced (condotti rispettivamente con dapagliflozin ed empagliflozin in pazienti con HFrEF) e a SOLOIST-WHF (condotto con sotagliflozin in pazienti con peggioramento dell’HF indipendentemente dalla frazione di eiezione).
L’endpoint primario della meta-analisi era un composito di morte CV o prima ospedalizzazione per HF. Sono stati inoltre valutati vari endpoint secondari tra i quali morte CV, morte per tutte le cause, primo e ricorrente ricovero per HF, visite urgenti per HF (non necessitanti ospedalizzazione), ospedalizzazione per tutte le cause ed esiti riportati dal paziente (PRO, patient reported outcomes).
È stata valutata l’etereogeneità nel trattamento degli effetti in 13 sottogruppi: età, genere, etnia, indice di massa corporea, pressione arteriosa sistolica, classe New York Heart Association (NYHA), storia di diabete, storia di fibrillazione/flutter atriale, ricovero per HF entro 12 mesi, tasso stimato di filtrazione glomerulare (eGFR), uso di altri farmaci per HF e frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) al basale.
I 12.251 pazienti con HFmrEF e HFpEF inclusi nell’analisi sono stati seguiti per una mediana di 2,2-2,3 anni. L’età media dei partecipanti era di 72 anni e il 44% della popolazione era rappresentato da donne. Gli inibitori SGLT2 hanno ridotto il rischio di endpoint primario del 20% ( hazard ratio [HR] 0,80; intervallo di confidenza del 95% [CI] 0,73–0,87; p<0,001).
Si sono rilevate costanti riduzioni in entrambi i componenti dell’endpoint, guidate da riduzioni consistenti nei ricoveri per HF (HR 0,74; 95% CI 0,67–0,83) con diminuzioni più modeste in termini di morte CV (HR 0,88; 95% CI 0,77–1,00). «Per quanto riguarda gli endpoint secondari, dapagliflozin ed empagliflozin hanno ridotto i ricoveri totali per HF (inclusi i primi e i ricorrenti) del 27%, le visite urgenti per HF del 35% e l’ospedalizzazione per tutte le cause del 7%» ha detto il ricercatore.
I farmaci hanno inoltre migliorato vari domini di qualità della vita correlata alla salute, valutata mediante Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire, ha sottolineato Vaduganathan. Non vi è stato invece alcun effetto significativo sulla morte per tutte le cause. In ogni caso, non sono stati identificati segnali gravi avversi riguardanti la sicurezza in alcuno dei due trial.
«Gli effetti del trattamento sono stati coerenti in tutti e 13 i sottogruppi, compresi i pazienti all’estremità più alta dello spettro della frazione di eiezione e quelli già trattati con altri farmaci per HF» ha affermato Vaduganathan.
Analisi inclusiva degli studi DAPA-HF, EMPEROR-Reduced e SOLOIST-WHF
Anche l’analisi più ampia – che ha incluso i due studi HFrEF (DAPA-HF ed EMPEROR-Reduced) e lo studio SOLOIST-WHF – ha mostrato una significativa riduzione della morte CV o dell’ospedalizzazione HF con inibizione SGLT2 (HR 0,77; IC 95% 0,72-0,82), insieme a minori rischi dei seguenti esiti:
- ospedalizzazione per HF (HR 0,72; IC 95% 0,67-0,78);
- morte CV (HR 0,87; IC 95% 0,79-0,95);
- morte per tutte le cause (HR 0,92; IC 95% 0,86-0,99).
Inoltre, l’analisi ha evidenziato che entro poche settimane o mesi si sono avuti miglioramenti clinicamente significativi dello stato di salute.
I messaggi-chiave
Al termine della sua relazione, Vaduganathan ha così elencato i messaggi fondamentali della meta-analisi, ponendo particolare enfasi sul quinto ed ultimo punto.
- Questa metanalisi di due ampi trial con esiti dedicati agli inibitori SGLT2 nell’HFmrEF e HFpEF conferma che dapagliflozin ed empagliflozin riducono in modo robusto la morte CV e l’ospedalizzazione per HF.
- Gli inibitori SGLT2 hanno ridotto i sintomi e hanno conferito miglioramenti clinicamente significativi dello stato di salute, con benefici osservati rapidamente, entro pochi mesi dall’inizio del trattamento.
- Il beneficio clinico degli inibitori è apparso costante nei 13 sottogruppi e si è esteso a pazienti con LVEF =/> 60%, così come a quelli già trattati con altre comune terapie per HF.
- Nell’esame più esaustivo sulla totalità delle prove dai 5 studi che hanno arruolato più di 20.000 partecipanti, gli inibitori SGLT2 hanno ridotto il rischio di mortalità e di peggioramento dell’HF in un ampio spettro di pazienti con HF.
- La totalità delle prove supporta la prioritizzazione dell’uso degli inibitori SGLT2 in tutti i pazienti con HF, indipendentemente dal fenotipo del paziente e dal setting di cura (ambulatoriale/ospedaliero).
«Credo che questa meta-analisi stabilisca come gli inibitori SGLT2 costituiscano davvero la prima classe di terapie che ha inequivocabilmente accumulato prove su una vasta gamma di frazioni di eiezione, dimostrando l’estensione della sopravvivenza, la riduzione degli eventi morbosi e miglioramenti significativi in termini di qualità della vita correlata alla salute» ha affermato Vaduganathan.
«Penso, inoltre, che questi dati saranno utili per il processo decisionale clinico e per l’aggiornamento delle linee guida» ha aggiunto.
Fonte:
Vaduganathan M. A Pre-Specified Meta-Analysis of DELIVER and EMPEROR-Preserved. ESC22. Barcelona (Spain).