Esopianeti: un team internazionale di ricercatori ha pubblicato su Psj un corposo studio per simulare l’atmosfera del pianeta roccioso Trappist-1
Il lancio del James Webb Space Telescope (Jwst) e l’arrivo dei prossimi grandi telescopi ground-based come l’Extremely Large Telescope dell’European Southern Observatory in Cile, apre una nuova era nello studio delle atmosfere dei pianeti extrasolari. Studiare la spettroscopia delle atmosfere e caratterizzarne gli elementi chimici darà la possibilità di comprendere se questi pianeti presentino caratteristiche di abitabilità simili a quelle della Terra. Creare modelli atmosferici simulati al computer e confrontarli con le future osservazioni sarà dunque di estrema importanza per interpretare i dati osservativi raccolti e ottenere informazioni dalle analisi spettroscopiche.
Un team di ricerca internazionale ha pubblicato sul Planetary Science Journal (Psj) un complesso studio composto da tre articoli che illustrano come sono stati creati e caratterizzati diversi modelli atmosferici per uno degli esopianeti orbitanti intorno alla stella Trappist-1 (il cui nome deriva dal telescopio di 60 centimetri situato a La Silla, in Cile, usato per lo studio dei sistemi planetari, il TRAnsiting Planets and PlanetesImals Small Telescope–South), una nana rossa di tipo spettrale M poco più grande di Giove situata nella costellazione dell’Acquario a una distanza di circa 40 anni luce dal Sole.
Attorno alla stella orbitano a distanza molto ravvicinata sette esopianeti. Il più lontano dei sette orbita a 0,062 unità astronomiche, cioè sei volte più vicino della distanza di Mercurio dal Sole. Lo studio – condotto principalmente da tre ricercatori, Thomas Fauchez (del Goddard Space Flight Center della Nasa), Denis Sergeev (dell’University of Exeter nel Regno Unito) e Martin Turbet (del Laboratoire de Meterologie Dynamique a Parigi) – è chiamato Thai (Trappist-1 Habitable Atmosphere Intercomparison) e ha come oggetto la modellazione dell’atmosfera del quarto pianeta della stella, l’esopianeta Trappist-1e. Questo pianeta rientra nella fascia abitabile della stella a cui appartiene, ovvero quella zona in cui la temperatura superficiale del pianeta permetterebbe all’acqua eventualmente presente di trovarsi allo stato liquido. L’esopianeta Trappist-1e potrebbe quindi essere un ottimo candidato ad avere un’atmosfera simile a quella terrestre e magari ospitare forme di vita biologiche.
La particolarità del progetto Thai è che incorpora e combina insieme le simulazioni di quattro differenti modelli climatici. Questi modelli appartengono alla classe dei General Circulation Model (Gcm) usati per predire e caratterizzare i cambiamenti climatici sulla Terra basandosi sulla circolazione delle correnti negli oceani e della circolazione dei gas nell’atmosfera. I Gcm implementano il set delle equazioni fluidodinamiche di Navier-Stokes su una superficie sferica rotante, l’insieme dei flussi di radiazione solare e riflessa dalla Terra in atmosfera e tengono conto delle differenti composizioni chimiche dei gas circolanti. È possibile così creare diverse simulazioni e ottenere specifici scenari climatologici. Thai mette insieme quattro importanti modelli Gcm 3D adattati per lo studio di esopianeti al fine di modellizzare ed estrarre dati osservabili dell’atmosfera di Trappist-1e: ExoCAM (del National Centre for Atmospheric Research negli Stati Uniti), Lmd-G (sviluppato dal Laboratoire de Meterologie Dynamique a Parigi), Rocke-3D (basato sul modello Giss della Nasa) e l’Unified Model (sviluppato dal Met Office del Regno Unito).
Creare modelli appositi per gli esopianeti è importante perché finora sono state fatte pochissime osservazioni specifiche delle atmosfere dei pianeti extrasolari. I diversi modelli sono molto utili per capire la dinamica chimico-fisica dei flussi dei gas atmosferici dei pianeti rocciosi simili alla Terra, ma ogni modello racchiude in sé diversi tipi di bias e l’importanza di non fare affidamento su un solo tipo di modello è quello che ha portato il team di scienziati a raffinare le simulazioni utilizzando l’output di differenti algoritmi e comparando i risultati ottenuti.
Sono state fatte due differenti simulazioni per l’atmosfera di Trappist-1e: una per un pianeta interamente secco e un’altra per un pianeta ricoperto da oceani i quali forniscono vapore acqueo per l’atmosfera. Per ogni modello sono stati poi ipotizzati due scenari ulteriori per composizione dei gas atmosferici, uno con livelli di CO2 simili a quelli attuali sulla Terra e uno con un’atmosfera di tipo marziano (ovvero dominata prevalentemente da CO2 e senza vapore acqueo).
«I dati ottenuti dal lavoro del nostro team hanno mostrato che i quattro modelli utilizzati per ricostruire le atmosfere dell’esopianeta Trappist-1e portano a risultati simili ma con alcune importanti differenze dovute all’altezza e alla quantità delle nuvole ricreate dal modello» dice Thomas Fauchez, uno dei primi autori dei paper del progetto Thai. «Abbiamo simulato le linee di assorbimento dell’atmosfera di Trappist-1e dovute al passaggio del pianeta davanti alla sua stella così da prevedere cosa potrà rilevare il Jwst quando osserverà il pianeta nel suo transito e l’interazione tra le molecole della sua atmosfera e la luce della stella. Abbiamo anche calcolato il numero dei transiti che dovranno essere osservati per raccogliere questi dati. La luce della stella è infatti modificata dalla presenza dei gas nell’atmosfera dell’esopianeta, creando una specifica firma dello spettro in assorbimento in base alle sue caratteristiche e alla composizione. Confrontando i risultati simulati nei diversi modelli si è scoperto un margine di errore fino al 50 percento di variazione nei tempi previsti di osservazione che sarebbero necessari per rilevare le linee di assorbimento dell’atmosfera del pianeta con il Jwst. È la prima volta che tale incertezza viene stimata. In questo modo i nostri risultati possono aiutare gli scienziati a prevedere il numero dei transiti che il telescopio dovrà rilevare per ottenere informazioni sullo spettro di Trappist-1e».
La maggior parte dell’incertezza deriva dal modo in cui i differenti modelli parametrizzano il manto nuvoloso del pianeta: proprietà ottiche, altitudine, spessore, copertura e composizione. «Rappresentare la fisica atmosferica a piccola scala nei modelli Gcm è una delle parti più difficili da caratterizzare e rappresenta uno dei campi di ricerca più importanti, sia nella ricerca climatologica degli esopianeti che di quella della Terra», dice Denis Sergeev coautore dello studio del progetto Thai.
I Gcm sono attualmente utilizzati dagli scienziati di tutto il mondo per predire il futuro del clima della Terra e sono alla base delle attuali previsioni sull’innalzamento della temperatura globale e dell’evoluzione del climate change. L’importanza di usare questi modelli per predire quale sarà l’atmosfera degli esopianeti e confrontarle con quella terrestre sarà fondamentale per interpretare i dati che raccoglierà il Jwst nelle sue survey. Il Jwst verrà utilizzato largamente per studiare le atmosfere degli esopianeti e raccogliere dati sulla loro composizione molecolare attraverso le analisi spettroscopiche che verranno condotte durante le transizioni dei pianeti davanti alla stella. In questo modo si avranno firme spettroscopiche specifiche del tipo di atmosfera dell’esopianeta da comparare con quelle dei modelli simulati al computer.
Per saperne di più:
- Leggi sul Planetary Science Journal l’articolo “The TRAPPIST-1 Habitable Atmosphere Intercomparison (THAI). I. Dry Cases—The Fellowship of the GCMs – IOPscience” di Thomas J. Fauchez, Denis E. Sergeev, Martin Turbet, et al.
- Leggi sul Planetary Science Journal l’articolo “The TRAPPIST-1 Habitable Atmosphere Intercomparison (THAI). II. Moist Cases—The Two Waterworlds – IOPscience” di Thomas J. Fauchez, Denis E. Sergeev, Martin Turbet, et al.
- Leggi sul Planetary Science Journal l’articolo “The TRAPPIST-1 Habitable Atmosphere Intercomparison (THAI). III. Simulated Observables—the Return of the Spectrum – IOPscience” di Thomas J. Fauchez, Denis E. Sergeev, Martin Turbet, Geronimo L. Villanueva, et al.