Insufficienza cardiaca: benefici da acetazolamide più diuretici dell’ansa


Studio ADVOR: l’aggiunta di acetazolamide ai diuretici dell’ansa convenzionali può dare nuove speranze nella terapia dell’insufficienza cardiaca acuta

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Secondo i dati dello studio ADVOR, l’aggiunta di acetazolamide ai diuretici dell’ansa convenzionali può ridurre più efficacemente rispetto ai soli diuretici la congestione cardiaca nei pazienti ospedalizzati con insufficienza cardiaca acuta scompensata.

«ADVOR è il primo studio in assoluto sull’insufficienza cardiaca acuta a mostrare un risultato positivo per quanto riguarda endpoint rilevanti clinicamente molto importanti”, ha affermato l’autore principale Wilfried Mullens, Ziekenhuis Oost-Limburg Hospital, Genk, Belgio, in una conferenza stampa all’European Society of Cardiology Congress 2022. Lo studio è stato pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

Il contesto
L’insufficienza cardiaca acuta è una condizione minacciosa per la vita che richiede una valutazione e un trattamento urgenti. Di solito è dovuta a un deterioramento acuto di uno scompenso cardiaco cronico. L’insufficienza cardiaca acuta scompensata è la forma più comune, rappresentando fino al 70% delle presentazioni. Le linee guida raccomandano il trattamento con i diuretici dell’ansa per via endovenosa (ev) per migliorare i sintomi da sovraccarico di liquidi, ma molti pazienti presentano una congestione residua che è un forte predittore di outcome negativi. La terapia diuretica sequenziale è stata suggerita come la strategia più efficace per ridurre la congestione cardiaca. Tuttavia, mancano evidenze conclusive su quali siano i farmaci ottimali, sul loro dosaggio e sulla via di somministrazione.

Con l’obiettivo di individuare un approccio farmacologico che potesse migliorare la congestione cardiaca in pazienti con insufficienza cardiaca acuta, Mullens e colleghi hanno “rispolverato” un farmaco nato 70 anni fa, l’acetazolamide, un inibitore dell’anidrasi carbonica che riduce il riassorbimento tubulare prossimale del sodio, generalmente utilizzato contro il mal di montagna o alcuni tipi di glaucoma.

Caratteristiche dello studio
Lo studio ha incluso 519 pazienti ricoverati con insufficienza cardiaca acuta scompensata in 27 centri in Belgio. L’età media era di 78 anni e il 63% era rappresentato da uomini.

Circa due terzi avevano insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF) e un terzo aveva insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF).

I pazienti presentavano almeno un segno clinico di sovraccarico di volume (es. ascite, versamento pleurico o edema), livelli elevati di peptidi natriuretici [N-terminal pro-B-type natriuretic peptide (NT-proBNP) > 1,000 pg/ml o  B-type natriuretic peptide l > 250 pg/ml) e dovevano avere assunto diuretici dell’ansa orali per almeno un mese prima dell’arruolamento.

I pazienti sono stati randomizzati (1:1) ad acetazolamide per via endovenosa 500 mg una volta al giorno (n=259) o placebo (n=260).
Alla randomizzazione, i diuretici dell’ansa per via orale sono stati sospesi e i pazienti hanno ricevuto un diuretico dell’ansa ev al doppio della dose di mantenimento orale suddivisa in due dosi in ciascuno dei 2 giorni successivi. L’acetazolamide in bolo o il placebo sono stati somministrati ogni giorno contemporaneamente alla prima dose di diuretici dell’ansa. È stata monitorata la la quantità di urina prodotta, con un protocollo che imponeva un’escalation del trattamento decongestionante se la produzione urinaria cumulativa in 30-48 ore si fosse dimostrata < 3,5 litri e i segni di sovraccarico di liquidi fossero stati ancora presenti.

L’endpoint primario era la risoluzione della congestione cardiaca, definita come assenza di segni clinici di sovraccarico di liquidi entro tre giorni dalla randomizzazione, senza che fosse necessaria una escalation della terapia decongestionante. Endpoint secondari erano la lunghezza del ricovero ospedaliero e un endpoint composito di mortalità complessiva e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca entro tre mesi.

I riscontri del trial
L’analisi dei dati ha mostrato che l’endpoint primario è stato ottenuto in 108 pazienti su 256 (42,2%) nel gruppo acetazolamide e in 79 pazienti su 259 (30,5%) nel gruppo placebo, per un rischio relativo (RR) di 1,46 (IC al 95%:1,17– 1,82; p=0,0009). Tra i pazienti sopravvissuti, alla dimissione, 190 su 241 pazienti nel gruppo acetazolamide (78,8%) e 145 su 232 nel gruppo placebo (62,5%) mostravano una risoluzione della congestione cardiaca (RR 1,27; IC al 95% :1,13–1,43; p=0,0001).

Per quanto riguarda gli endpoint secondari, i pazienti nel gruppo acetazolamide hanno avuto una degenza ospedaliera più breve (in media 8,8 giorni) rispetto a quelli nel gruppo placebo (in media 9,9 giorni; p=0,02) ma non è stata rilevata una differenza tra i gruppi nell’endpoint composito.

Implicazioni per la pratica clinica
Il professor Mullens ha dichiarato: “I pazienti trattati con acetazolamide avevano diuresi e natriuresi più elevate e maggiori probabilità di essere dimessi senza segni residui di sovraccarico di volume. Non è emerso un aumento degli eventi avversi legati al farmaco. I partecipanti avevano caratteristiche simili ai pazienti nella pratica di real-life, tra cui un alto grado di congestione, età avanzata e svariate comorbidità. L’acetazolamide – ha proseguito il clinico – è facile da usare, sicura, efficace ed economica. I risultati dello studio ADVOR potrebbero quindi portare a un cambio di paradigma nel modo in cui i medici di tutto il mondo trattano l’insufficienza cardiaca acuta scompensata”

Fonte
Mullens W, Dauw J, Martens P, et al. Acetazolamide in acute decompensated heart failure with volume overload. N Engl J Med. 2022;Epub ahead of print. Link