Nel tumore alla prostata oligometastatico sensibile alla castrazione, la radiazione ablativa stereotassica ha dimostrato un beneficio prolungato
Nel carcinoma prostatico oligometastatico sensibile alla castrazione, la radiazione ablativa stereotassica ha dimostrato un beneficio prolungato del trattamento diretto alla metastasi rispetto all’osservazione, secondo i risultati degli studi prospettici a lungo termine STOMP e ORIOLE pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.
I dati aggregati dei due studi, oltre alla valutazione della capacità di una firma mutazionale ad alto rischio di stratificare i risultati dopo il trattamento diretto alle metastasi, rivelano che le alterazioni genomiche hanno un valore prognostico in questa popolazione di pazienti e che gli studi futuri dovrebbero valutare i biomarcatori per ottimizzare la selezione dei pazienti.
I risultati iniziali di STOMP e ORIOLE suggerivano che il trattamento diretto alla metastasi nel carcinoma prostatico oligometastatico sensibile alla castrazione era associato a migliori risultati. Rispetto all’osservazione, questo approccio ha prolungato la sopravvivenza libera da deprivazione di androgeni e la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Tuttavia non si sa molto sull’utilità dei biomarcatori per guidare il trattamento di questi pazienti, hanno premesso l’autore senior Phuoc Tran e colleghi della Johns Hopkins University School of Medicine e della University of Maryland School of Medicine, entrambi a Baltimora.
STOMP e ORIOLE erano due trial prospettici di fase II che hanno arruolato pazienti con carcinoma prostatico oligometastatico sensibile alla castrazione, definito dalla presenta di non più di 3 metastasi, assegnati in modo casuale all’osservazione o al trattamento diretto alle metastasi. In quest’ultimo caso non erano consentiti i trattamenti sistemici attivi.
Sul tumore prostatico primario o sul sangue dei pazienti è stato eseguito Il sequenziamento di nuova generazione. Una firma mutazionale ad alto rischio è stata definita dalla presenza di mutazioni somatiche patogene all’interno di ATM, BRCA1/2, Rb1 e TP53 sulla base della loro forte associazione con gli esiti della neoplasia prostatica. Le mutazioni patogene sono state definite da test commerciali e dal database di varianti tumorali COSMIC disponibile pubblicamente.
L’endpoint primario di interesse era la PFS. Gli endpoint aggiuntivi includevano la PFS radiografica definita come sviluppo di nuove lesioni linfonodali, intrapelviche o distanti, lesioni ossee o viscerali oppure il decesso. L’analisi del tempo all’evento è stata eseguita per rilevare le differenze negli endpoint di interesse utilizzando il metodo Kaplan-Meier, stratificato per il trattamento o lo stato mutazionale ad alto rischio.
PFS più prolungata con il trattamento
L’analisi ha incluso un totale di 116 pazienti, 62 dal trial STOMP e 54 da ORIOLE. Il follow-up mediano per l’intero gruppo è stato di 52,5 mesi.
La PFS mediana è risultata più prolungata con il trattamento diretto alle metastasi rispetto all’osservazione ( hazard ratio raggruppato, HR, 0,44, p<0,001), con un maggior beneficio del trattamento nei pazienti con mutazione ad alto rischio (HR ad alto rischio 0,05, HR non ad alto rischio 0,42, p=0,12 per l’interazione).
All’interno della coorte di trattamento, la PFS era di 13,4 mesi nei soggetti senza una mutazione ad alto rischio, rispetto a 7,5 mesi in quelli con una mutazione ad alto rischio (HR 0,53, p=0,09), mentre l’osservazione nei partecipanti con una mutazione ad alto rischio ha fornito i risultati più scadenti (PFS mediana di 2,8 mesi).
Questo suggerisce che i pazienti senza una mutazione ad alto rischio potrebbero inizialmente essere gestiti con il solo trattamento diretto alla metastasi e sottolinea la necessità di nuovi paradigmi di trattamento nei soggetti con una mutazione ad alto rischio. Gli studi in corso che combinano trattamento sistemico (studio DART) o radiofarmaci (studio RAVENS) potrebbero aiutare a definire nuovi paradigmi e, si spera, a chiarire ulteriormente il ruolo dei biomarcatori all’interno di questa popolazione, hanno osservato i ricercatori.
«Il trattamento diretto alla metastasi sta rapidamente emergendo nel carcinoma prostatico oligometastatico sensibile alla castrazione» hanno aggiunto. «In uno studio con follow-up a lungo termine sui partecipanti di STOMP e ORIOLE, il trattamento diretto alle metastasi è rimasto associato a un miglioramento della PFS del 15-20% per oltre 4 anni, indipendentemente dallo stato di mutazione. Pertanto, una percentuale considerevole di pazienti sperimenterà una risposta duratura».
Anche se è necessario un ulteriore follow-up, i dati incoraggiante della PFS suggeriscono che, in pazienti opportunamente selezionati, il trattamento diretto alla metastasi senza terapia sistemica potrebbe essere un’opzione ragionevole da attuare precocemente nei soggetti che preferiscono evitare gli effetti collaterali della deprivazione androgenica, hanno aggiunto. Studi futuri, in programma o in corso, valuteranno in modo più rigoroso questa questione.
Tra i limiti dell’analisi, gli autori hanno fatto riferimento al fatto che l’analisi genomica non aveva un endpoint a priori ed era basata su una piccola dimensione del campione, necessitando quindi di una validazione prospettica. Sono state inoltre utilizzate diverse modalità di imaging e, con l’introduzione del PSMA (antigene di membrana della prostata), potrebbero cambiare in futuro.
Bibliografia
Deek MP et al. Long-Term Outcomes and Genetic Predictors of Response to Metastasis-Directed Therapy Versus Observation in Oligometastatic Prostate Cancer: Analysis of STOMP and ORIOLE Trials. J Clin Oncol. 2022 Aug 24;JCO2200644.