I pazienti con interstiziopatia polmonare associata all’artrite reumatoide presentano un minor declino della funzione polmonare con pirfenidone
I pazienti con interstiziopatia polmonare associata all’artrite reumatoide (AR) presentano un minor declino della funzione polmonare quando sottoposti a trattamento con pirfenidone, un agente antifibrotico, rispetto a placebo, stando ai risultati di uno studio presentato nel corso del congresso della European Respiratory Society e contemporaneamente pubblicato sulla rivista Lancet Respiratory Medicine (1).
Lo studio però, condotto durante gli anni della pandemia Covid-19, risulta statisticamente sottodimensionato e necessiterà, pertanto di conferme su popolazione più ampie di pazienti.
Obiettivi e disegno dello studio
L’interstiziopatia polmonare (ILD) rappresenta la complicanza nota più severa dell’AR: insieme all’innalzamento del rischio di malattia CV, ILD rappresenta uno dei fattori principali causa di mortalità precoce nei pazienti con AR.
Il rischio, nel corso di malattia reumatologica, di sviluppare ILD si attesta, stando ad alcune stime, al 7,7%.
Fino alla pubblicazione del nuovo studio TRAIL1, presentato al Congresso, non esistevano trial randomizzati che avessero preso in esame l’impiego specifico dei farmaci antifibrotici in questa popolazione di pazienti.
Pirfenidone è, notoriamente, un farmaco impiegato con successo nel rallentare la progressione di malattia in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IPF). Tuttavia, esistono ancora oggi poche opzioni per il trattamento delle ILD fibrotiche progressive diverse dalla IPF.
L’obiettivo di questo studio è stato, pertanto, quello di valutare la safety, la tollerabilità e l’efficacia del pirfenidone in pazienti affetti da interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide (ILD-AR).
TRAIL1 è uno studio di fase II, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto in 34 centri accademici specializzati in malattie polmonari interstiziali, dislocati in quattro Paesi (Regno Unito, Stati Uniti, Australia e Canada).
Lo studio ha reclutato pazienti adulti, di età compresa tra i 18 e gli 85 anni , che soddisfacevano i criteri congiunti ACR-EULAR 2010 per la diagnosi di AR e che presentavano una interstiziopatia polmonare all’esame TAC a risoluzione elevata e, ove disponibile, alla biopsia polmonare.
Costituivano motivo di esclusione dallo studio una storia di tabagismo o di altre cause note di malattia polmonare interstiziale e la coesistenza di BPCO o asma clinicamente significativo.
I pazienti sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, al trattamento giornaliero con 2.403 mg di pirfenidone orale o con placebo.
L’endpoint primario dello studio era rappresentato dall’incidenza di un endpoint composito dato dal declino della percentuale predetta della FVC pari o superiore del 10% rispetto al basale o dall’evento letale nel corso delle 52 settimane di trattamento previste dal protocollo, valutato nella popolazione intention-to-treat.
Gli endpoint secondari chiave comprendevano la variazione della percentuale predetta della FVC assoluta e della percentuale predetta di FVC nel corso di 52 settimane, nonchè la percentuale di pazienti con un decremento della percentuale predetta della FVC pari o superiore al 10% e la frequenza della progressione di malattia definita dall’indice OMERACT (Outcome Measures in Rheumatoid Arthritis) nella popolazione intention-to-treat).
Risultati principali di efficacia
Dal 15 maggio 2017 al 31 marzo 2020, sono stati valutati per l’inclusione 231 pazienti, di cui 123 sono stati randomizzati a trattamento con pirfenidone (n=63; 51%) o placebo (n=60; 49%).
I pazienti avevano un’età media pari a 68 anni (leggermente superiore nel gruppo placebo), con una lieve preponderanza di individui di sesso maschile (60%). Il 90% della popolazione dello studio era di etnia Caucasica.
Lo studio è stato interrotto prematuramente al 31 marzo 2020 a causa della lentezza del reclutamento e della pandemia COVID-19.
Passando all’analisi dei risultati, è emerso il mancato raggiungimento della significatività statistica dell differenza nella proporzione di pazienti che hanno raggiunto l’endpoint primario composito tra i due gruppi [sette pazienti [11%] su 63 del gruppo pirfenidone vs nove [15%] su 60 pazienti del gruppo placebo (OR: 0,67; IC95%: 0,22 – 2,03); p=0,48].
Rispetto al gruppo placebo, però, i pazienti del gruppo pirfenidone si sono caratterizzati per un tasso di declino più lento della funzione polmonare, misurato dalla variazione annuale stimata della FVC assoluta (-66 vs -146; p=0,0082) e della percentuale predetta di FVC (-1,02 vs -3,21; p=0,0028).
I gruppi di trattamento a confronto sono risultati simili sia per quanto riguarda il declino della percentuale predetta pari o superiore del 10% della FVC [cinque [8%] partecipanti nel gruppo pirfenidone vs sette [12%] nel gruppo placebo; (OR: 0,52; IC95%: 0,14-1,9); p=0,32], sia per la frequenza della progressione definita da OMERACT (16 [25%] nel gruppo pirfenidone vs 19 [32%] nel gruppo placebo; OR 0-68 [0-30-1-54]; p=0-35).
Risultati di imaging
Tulle le scansioni TAC a risoluzione elevata, effettuate su tutti i pazienti dello studio al reclutamento, hanno mostrato una variazione considerevole delle tipologie specifiche di ILD.
Nel gruppo pirfenidone, il 54% dei pazienti era affetto da polmonite interstiziale comune (IP), il 14% era affetto da IP non specifica, nessuno era affetto da IP linfocitica, mentre nel 32% dei casi i risultati non consentivano una classificazione certa della IP.
Nel gruppo placebo, invece, si aveva il riscontro di IP comune nel 78% dei casi, di IP non specifica nel 7% e di quella linfocitica nel 5% dei casi. Solo nel 10% dei casi non era possibile fare una classificazione certa della IP.
Un’analisi per sottogruppi ha suggerito che queste diverse sottopopolazioni di pazienti identificate mediante TAC rispondevano in modo differente al trattamento: pirfenidone è sembrato essere più efficace nelle IP comuni. Non si può escludere che il fatto che i pazienti del gruppo placebo fossero affetti, in proporzione maggiori, da IP comune abbia avuto un impatto sul risultato finale.
A questo riguardo, un editoriale di accompagnamento alla pubblicazione del lavoro, focalizzandosi su questo punto, ha avanzato l’ipotesi che nel trial siano stati reclutati pazienti con malattia polmonare a progressione ridotta e…che i pazienti con malattia più severa e probabilmente a maggiore progressione siano stati assegnati in numero maggiore, per randomizzazione, al gruppo placebo.
Safety
Non è stata riscontrata alcuna differenza significativa relativamente al tasso di eventi avversi (AE) gravi emersi durante il trattamento tra i due gruppi, nè ci sono stati decessi correlati al trattamento.
Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ipotizzato che il mancato raggiungimento dell’endpoint primario sia stato causato dall’interruzione precoce del reclutamento pazienti a causa della pandemia (il protocollo dello studio, originariamente, prevedeva il reclutamento di ben 270 pazienti dei 123 effettivamente inclusi).
Ciò premesso, gli effetti benefici del pirfenidone sul declino di FVC chiaramente documentati suffragano l’evidenza dell’efficacia del farmaco anche nei pazienti con RA-ILD.
Sarebbe opportuno, inoltre che i nuovi trial messi a punto per confermare i risultati clinici del trial su popolazioni più ampie di pazienti, prendessero in considerazione anche il fenotipo di ILD mediante imaging, stratificando i partecipanti agli studi in base ai pattern di IP rilevati mediante TAC a risoluzione elevata.
Bibliografia
1) Solomon J, et al “Safety, tolerability, and efficacy of pirfenidone in patients with rheumatoid arthritis-associated interstitial lung disease: a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 2 study” Lancet Resp Med 2022; DOI: 10.1016/S2213-2600(22)00260-0
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2) Sebastiani M, et al “A new chance to treat rheumatoid arthritis lung fibrosis?” Lancet Resp Med 2022; DOI: 10.1016/S2213-2600(22)00295-8
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