È Andrea Baratta, artista carrarese, l’autore di sei sculture di soggetto mitologico, provenienti dalla reggia dei Pico a Mirandola e oggi a Palazzo Ducale di Mantova
Nel 1716 un importante gruppo di dipinti, sculture e arredi fu trasferito da Mirandola a Mantova per volere degli Asburgo. L’intento era di arredare Palazzo Ducale, eletto a sede di rappresentanza dei nuovi regnanti. Il complesso era stato svuotato di molti degli arredi e delle opere d’arte dalla recente fuga a Venezia dell’ultimo esponente dei Gonzaga-Nevers, il duca Ferdinando Carlo, accusato di “fellonia” dall’imperatore Giuseppe I.
Giunsero così sulle sponde del Mincio innumerevoli opere, tra le quali immense tele di scuola veneta di Sante Peranda e di Jacopo Palma il Giovane attualmente esposte nell’Appartamento di Vincenzo in Corte Vecchia. Se in passato queste opere sono state ben studiate, non era ancora stato svelato il mistero delle sei statuette raffiguranti Divinità antiche. Si tratta di sculture in marmo di Carrara alte ciascuna circa 75 cm; due di esse sono firmate “Andre B”. A identificare questa sigla con la personalità di Andrea Baratta, artista carrarese, è stato lo studioso di scultura veneta sei e settecentesca Maichol Clemente, in procinto di ultimare un suo contributo scientifico sul tema.
«La ricerca – dichiara Clemente – ha preso avvio dallo studio di una statua attribuita in passato al veneto Francesco Bertos e che in verità è opera dello stesso Andrea Baratta. Trattandosi di una riduzione con varianti del grande gruppo documentato al carrarese conservato a Sassuolo, raffigurante Nettuno e Anfitrite, il linguaggio espresso mi ha portato successivamente a riconsiderare anche le statue del Palazzo Ducale di Mantova. Queste, infatti, presentano una serie di addentellati formali (dai panneggi alla complessione del corpo fino ad altri più minuti dettagli) che ben rispondono e corrispondono allo stile di Baratta. Un dato che ovviamente trova imprescindibile conferma anche nell’iscrizione “Andre B” leggibile su due opere della medesima serie. Grazie alla disponibilità del direttore L’Occaso, e del lavoro di riallestimento e valorizzazione delle collezioni avviato del Museo, sarà possibile avere delle nuove foto che mi consentiranno dunque di meglio concludere il mio approfondimento».
Le sculture si conservano attualmente nella Sala del Labirinto in Corte Vecchia. Per valorizzare tanto i pezzi oggetto della recente scoperta quanto due straordinari busti di Lorenzo Ottoni, anch’essi provenienti da Mirandola, l’allestimento della sala è in corso di aggiornamento e sarà prevista anche la revisione dell’impianto illuminotecnico. Ottoni fu allievo di Ercole Ferrata ed erede, quindi, del virtuosismo di Gian Lorenzo Bernini. Anche Baratta, in gioventù, operò a Roma e all’incirca tra il 1685 e il 1690 fu al servizio degli Este, duchi di Modena.
La valorizzazione del patrimonio scultoreo di Palazzo Ducale – alla quale si collega anche il progetto “Adotta una scultura” promosso dalla Società per il Palazzo Ducale – può dunque avvantaggiarsi anche di questa recente scoperta che troverà seguito in un nuovo progetto espositivo permanente.